Novantadue. Storia e memoria/Diacronie. Studi di Storia Contemporanea/2022
Il 30 gennaio 1993 il settimanale «Il Sabato» allega al n. 5 la videocassetta «1992. Un anno di storia». «Un almanacco video dell’anno appena trascorso», realizzato da Angela Buttiglione. La giornalista, in qualità di anchor woman del TG Uno, racconta «I fatti, i personaggi di un anno che ha cambiato il volto del nostro paese e del mondo». Il risultato è un «nastro [che] ripercorre attraverso le notizie e le immagini migliori i fatti salienti, i personaggi chiave, le vittorie e le sconfitte del 1992»[1]. Nel gennaio del 1993 l’anno passato è già Storia. Le immagini televisive generano un cortocircuito tra aspetti cognitivi ed emozioni imprimendosi nella memoria individuale e collettiva come flashbulb memories, ovvero ricordi vividi che rendono l’evento persistente, saldandolo alla propria biografia: gli individui conservano dettagliatamente e a lungo, non solo il ricordo dell’evento in sé, ma anche la circostanza in cui hanno appreso la notizia, il luogo in cui si trovavano, il momento della giornata, l’attività in corso di svolgimento, la fonte della notizia, la reazione emotiva vissuta al momento, gli altri presenti e le loro reazione emotive, e le immediate conseguenze dell’evento[2]. Questo principio ha ispirato il testo di Aaron Pettinari, Quel terribile ’92. 25 voci per raccontare l’anno che cambiò la storia. Nella quarta di copertina l’autore scrive: «Di tutti gli anni della nostra storia recente, uno di quelli che resterà per sempre impresso nella mente degli italiani è sicuramente il 1992»[3]. Così i personaggi pubblici intervistati vengono incoraggiati non solo ricostruire il momento storico ma anche a raccontare dov’erano, cosa facevano e le reazioni avute alla notizia dell’arresto di Mario Chiesa, delle esplosioni di Capaci e via D’Amelio, della svalutazione della lira e dell’avviso di garanzia a Craxi. I ricordi vengono messi in fila come foto di un album di famiglia. In tal modo il racconto del ’92 si presenta come uno shock spazio-temporale che carica la sfera pubblica di tensione emotiva e di significati simbolici: i media fissano un immaginario plausibile che, come una fotografia istantanea, deposita ricordi individuali e memoria collettiva, grazie ai continui flashback delle successive commemorazioni.
Questo accade perché la storia del ’92 è ancora «calda»: interferisce con l’attualità di una società, di una nazione, di una mentalità, di una cultura. Insomma, è «calda» perché i protagonisti ancora in vita rammentano quanto il presente sia diretta conseguenza di quel passato non lontano, tramandato, sempre più, dall’immaginario dei media audiovisivi, poi digitali, che strutturano e ri-strutturano il senso comune della storia[4]. Come ha recentemente scritto Simona Colarizi tutto il quinquennio 1989-1994 è ascrivibile alla categoria del passatopresente perché «le cause che hanno portato alla caduta del vecchio sistema politico» condizionano ancora oggi «l’esistenza tormentata della seconda Repubblica quale si è andata definendo dopo il 1994»[5]. Una caduta che viene interpretata sia come crisi di transizione, sia come crisi di regime[6] ma che in ogni caso si presenta, dato il susseguirsi degli eventi tragici, come un passaggio traumatico. Le narrazioni prevalenti, infatti, immettono il «cambiamento» nel solco dell’esperienza di dolore collettivo che trova significato, o se vogliamo senso storico, nelle rappresentazioni simbolico-emozionali dei media[7]. Nel passatopresente «Storici, partiti e uomini politici, mezzi di comunicazione, Chiese e culti religiosi, massime istituzioni dello Stato, singoli cittadini, tutti sono coinvolti ad esprimersi sull’evento e a fronteggiarlo. Così l’evento costituisce una delle mediazioni nella costruzione del passato nei termini non di qualcosa che “ritorna” ma di quanto si riformula nel presente, anche a partire da punti di vista diversi»[8]. Il trauma svela la natura mediatica dell’evento 1992. Un monumento elettronico che vive nella memoria collettiva associato ai traumi, alle aspettative e alle gratificazioni vissute. Come tale è un marcatore temporale che segna l’inizio e la fine di un’era[9]; assume, quindi, il carattere di evento periodizzante. Si legge nel rapporto Ispes sul 1992, dato alle stampe alle fine di quello stesso anno:
Vivevamo l’angoscia in attesa dell’evento che stava sospeso sopra le nostre teste come la spada di Damocle e che intuivamo sarebbe stato eclatante, terribile, risolutivo, irrecuperabile: l’evento che segna la fine di un percorso e l’inizio di un altro. La biforcazione decisiva. Capaci e via D’Amelio segnano la fine di un’epoca ricordandoci come, per ironia della storia, ogni grande processo di cambiamento sia scandito da eventi luttuosi. La prima Repubblica muore con i funerali di Falcone e di Borsellino così come i funerali di Cesare segnarono la fine della Repubblica e la nascita dell’Impero[10]?
Per certi versi, si tratta piuttosto di una suggestione storiografica, il cambiamento come evento epocale sembra avere le sembianze della Sattelzeit, l’epoca-sella o epoca-crinale di Reinhart Koselleck. Quello stato di transizione in cui alcuni significati si rinnovano senza mai stabilire una totale alterità con il passato: «strato dopo strato, il passato fluisce nel e attraverso il presente a diverse velocità», contribuendo proprio attraverso il ritmo del suo fluire a dare consistenza alla trasformazione, aprendo il varco cognitivo per la nozione di «mutamento epocale»[11]. Del resto, la presentazione del Rapporto Italia ’92 ha per titolo L’evento e l’attesa. Voluta o meno, l’etichetta richiama alla mente dello storico la duplicità dello spazio di esperienza e dell’orizzonte di aspettativa che attraverso la Sattelzeit costruisce la temporalità del futuro come novità assoluta rispetto al passato[12]. Insomma, il ’92, attraverso il suo doppio mediale, è stato costruito come la narrazione del mutamento epocale in cui le «condizioni» e gli «svolgimenti» della storia si sovrappongono al vissuto delle persone che hanno l’occasione di “assistere”, prima ancora di partecipare, a un’esperienza comune. Insistere, però, sulla temporalità dell’evento non significa scollegare il ’92 dal contesto storico in cui è inserito e di cui è frutto. L’evento, secondo William H. Sewell che riprende le ricerche di Marshal Sahlins, interagisce nel processo storico con tre modalità causali: le condizioni strutturali preesistenti, le condizioni congiunturali, le azioni strategiche degli attori[13]. L’evento è, quindi, path dependent, si inserisce, cioè, tra una rottura inziale e la successiva trasformazione estendendosi a ritroso, saldandosi al passato da cui discende, e in avanti occupando lo spazio dell’interpretazione dopo l’accaduto[14]. L’evento da questo punto di vista si pone come «punto critico» all’interno di un percorso; è il momento in cui si raggiunge la massa critica determinando una svolta rapida i cui effetti si propagano in maniera virale[15]. In fondo l’arresto di Mario Chiesa all’inizio era stato ritenuto l’errore di un «mariuolo che getta un’ombra sull’immagine di un partito che a Milano in cinquant’anni […] non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione»[16]. Non sempre si comprende la portata di un evento mentre sta accadendo, come dimostrano Tangentopoli e la reazione civile alle stragi. Immediata è, invece, l’azione pubblica dei media e degli attori pubblici che interpretano i fatti e concepiscono metafore per validare la propria interpretazione (basti pensare ai numerosi instant book in forma diaristica pubblicati in quell’anno), dando significato all’evento all’interno di una linea temporale che spesso si curva nel loop delle commemorazioni. Il ’92, grazie alla sua natura mediale, ha colonizzato la memoria collettiva apponendo il filtro della «nostalgia mediale»[17] che ascrive la Repubblica dei partiti alle retrotopie della contemporaneità[18]..
.Note
Organizador
Marcello Ravveduto – PhD, insegna Storia Contemporanea e Digital Public History all’Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia. È componente del Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana di Public History, del Comitato Scientifico del Master per “Esperto in comunicazione storica” dell’Università Roma Tre.
Referências desta apresentação
RAVVEDUTO, Marcello. Novantadue: l’evento e la storia. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.49, n.1, 2022. Acessar publicação original [DR]