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Moral Crisis in the Ottoman Empire: Society Politics/and Gender during WWI | Çiğdem Oğuz

Il volume qui presentato è il risultato di più di sette anni di ricerche ed è una versione rivista della tesi presentata dall’autrice per la conclusione del suo percorso di studi Turchi all’Istituto per gli Area Studies dell’università di Leiden in collaborazione con l’Istituto Atatürk per lo studio della storia Turca Moderna della Boğaziçi Universitesi.

Il tema, la crisi della morale nell’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale, si presenta sin da subito molto interessante, non solo per le fonti utilizzate dall’autrice – la stampa – , ma anche per il taglio con cui Oğuz presenta questo argomento.

La tematica della morale e della crisi della moralità durante la Grande Guerra, infatti, si inserisce in un panorama più ampio del complesso scenario ottomano: quello degli studi sulla Grande Guerra e sul fronte interno. Il tema della moralità, come ben evidenzia l’autrice nei capitoli centrali del suo saggio, è trattato analogamente da tutti gli stati coinvolti nella Grande Guerra – Regno Unito, Francia, Germania, Italia, ecc. – in quanto il fronte interno e la sua tenuta, con il protrarsi del conflitto, diventano fondamentali per tutti i belligeranti.

Come analizza Oğuz il tema della moralità presenta numerosi parallelismi tra nazioni Europee e Impero Ottomano, in cui il controllo del fronte interno si dimostra, fin dall’inizio del conflitto, una necessità impellente per il governo ottomano del CUP1. Un controllo che, sebbene ricalchi in diversi aspetti quanto avviene nel resto d’Europa, per gli ottomani riveste un ruolo oltremodo critico dal momento che in questa fase di alterità totale data dalla situazione di guerra, i governanti e gli intellettuali ottomani pongono le basi per la futura costruzione dell’identità turca rigenerando/ristrutturando, attraverso un intenso dibattito sulla morale, la famiglia e il ruolo della donna all’interno della società.

Il saggio di Oğuz, infatti, ha un protagonista secondario, se così si può dire, che risalta in tutte le pagine e a più riprese emerge come il vero fulcro della narrazione: la donna.

Il tema della moralità, declinato nei suoi aspetti di morale pubblica, percezione culturale, controllo della prostituzione e lotta alle malattie veneree, tutela delle donne e delle famiglie dei soldati impegnati al fronte, ha come fulcro proprio la donna e la sua condizione all’interno della società ottomano-turca. La condizione femminile, pertanto, diventa un tema centrale e decisivo sia per la tenuta del fronte interno e per mantenere alto il morale delle truppe al fronte, ma anche per costruire la nuova morale della nascente società turca che i principali intellettuali ottomanoturchi vorrebbero far partire proprio dall’educazione che le nuove generazioni dovrebbero ricevere all’interno della famiglia.

Attraverso l’analisi di giornali quali: «Islam Macmuası» che rappresenta una prospettiva teologica; «Sebilürreşad» che difende la morale religiosa; e «Yeni Mecmua» che propone una nuova idea di Moralità, Oğuz descrive, inserendolo, nel panorama e nei dibattiti culturali del primo Novencento come il tema della moralità si intrecci a dinamiche nazionaliste e socio politiche fondamentali per la definizione della successiva identità turca.

La morale e la sua difesa, infatti, diventano strumenti fondamentali della lotta politica interna alle diverse fazioni ottomane, ma soprattutto un modo nuovo per autodefinirsi sfruttando l’immagine del nemico bellico identificata come un “altro” da combattere con le armi ma anche da cui distinguersi e da cui elevarsi moralmente.

Gli stili di vita degli europei – fortemente radicati in metropoli come Istanbul o Bursa e favoriti dal sistema delle Capitolazioni – vengono additati come sintomo e causa della crisi morale che sta imperversando nell’Impero. Le libertà che gli europei e i levantini si prendono e che influenzano sempre più la società turca – gioco d’azzardo, prostituzione, abuso di alcool – diventano i principali obiettivi da colpire e debellare per creare una nuova moralità in grado di rafforzare gli ottomani. Le influenze europee, senza dubbio non si riducono a questi aspetti disdicevoli, nondimeno nelle pagine di Oğuz si nota come l’intellighenzia ottomana adotti in modo sistematico un discorso a sfondo nazionalistico adottato in tempi di guerra anche dagli omologhi europei, i quali in difesa dei propri connazionali e del proprio fronte interno non perdevano occasione di denigrare il nemico svilendone la condizione per elevare la propria.

Per questo la critica e la lotta alla prostituzione descritta nel secondo capitolo ricopre un ruolo fondamentale per la difesa della morale sotto più punti di vista.

Anzitutto, la lotta alla prostituzione permette di colpire gli europei e i loro stili di vita, contrari alla morale islamica; in secondo luogo, tutelando le donne ottomane, si ottiene il risultato di elevarle a livello morale e sociale come ultimo baluardo della difesa nazionale; in aggiunta ai precedenti, il governo riesce a colpire gli approfittatori di guerra cresciuti nel numero durante gli eventi bellici e simbolo del degrado morale dell’impero (capitolo 4°). Infine, la lotta alla prostituzione consente di controllare la società interna attraverso una forte campagna contro le malattie veneree che diventano sintomo e simbolo del degrado morale.

Come detto sopra, la donna si pone spesso al centro del tema morale descritto nel volume e così anche le nuove regole sull’abbigliamento e i comportamenti che le donne devono tenere in società diventano fondamentali per la ricostruzione morale dei turchi-ottomani limitando molte delle libertà sociali che il contatto con gli europei aveva sviluppato nelle città imperiali. Teatri, spettacoli danzanti e altre occasioni di socialità vengono additate come pervertitori della moralità e strettamente controllati dalle amministrazioni ottomane.

La donna, come fulcro della nuova identità, è la protagonista anche nei due capitoli finali in cui l’autrice analizza: da un lato le numerose petizioni che le donne o le famiglie ottomane inoltrano alle amministrazioni locali e militari al fine di tutelare i propri diritti; dall’altro, la legislazione ottomane e le sue innovazione relativamente alla protezione della famiglia.

Difendere le donne, mogli o figlie, dei soldati impegnati al fronte diventa, durante la guerra, una necessità fondamentale sia per gli alti comandi militari impegnati in ogni modo per mantenere alto il morale delle truppe ed evitare defezioni; sia per il governo ottomano, il quale identifica nella tutela della donna e della famiglia un caposaldo per la nuova identità. Un’identità che anche la legislazione del periodo bellico ha contribuito a creare e a connotare sempre più come turca e musulmana.

Come sottolinea l’autrice nelle conclusioni, infatti, sebbene il tema della famiglia sia centrale anche in altri stati europei durante il periodo bellico, il caso ottomano presenta delle peculiarità significative in quanto l’attenzione non è diretta alla famiglia in sé, ma a tutte le forme di incontro tra uomini e donne inserendo la famiglia in un più ampio panorama che interessa anche i temi di gender, sessualità e patriarcato. Temi, questi, che in un periodo di forti e radicali cambiamenti, necessitano tutti di nuove regole e norme più specifiche per andare incontro alle nuove realtà belliche e post belliche.

Il saggio, definito il contesto culturale in cui sono fioriti i dibattiti sulla morale all’interno della stampa ottomana e analizzati i principali temi di pervertimento e rigenerazione della morale e della società ottomano-turca durante il periodo della Grande Guerra, si conclude con un interessante tesi che porta il lettore dal passato recente al presente della contemporaneità.

Nel capitolo conclusivo, l’autrice analizza, anzitutto, un caso di studio eccentrico rispetto a quanto proposto nelle pagine del saggio ma fortemente legato e interconnesso alle evoluzioni socio-culturali esperite dalla società turca: il caso armeno. Anche qui le donne sono le protagoniste – involontarie – di un discorso sulla morale che tocca certamente e profondamente le note del nazionalismo e le brutalità della deportazione, ma che viene messo ai margini del discorso di rinnovamento socio-culturale ufficiale.

In secondo luogo, l’autrice instaura un parallelismo tra le politiche moralizzatrici adottate dall’AKP di Erdoğan e quelle descritte nelle pagine del suo saggio di inizio ‘900 sottolineando come la classe dirigente dell’AKP abbia riutilizzato, decontestualizzandole, molte delle tesi degli intellettuali ottomani di inizio Novecento, sfruttando in modo semplificato e fuori contesto anche molti degli articoli sulla morale pubblicati dai tre giornali analizzati nel presente volume: «Islam Macmuası», «Sebilürreşad» e «Yeni Mecmua».

Una dinamica politica e un discorso socio-culturale che testimonia come la moralità e il suo controllo rivestano ancora oggi un ruolo fondamentale nella società e nella politica turche.

Tracciando un bilancio dell’interessante e ricco saggio di Oğuz, emerge subito la qualità delle fonti utilizzate sia per quanto riguarda le fonti primarie sia quelle bibliografiche. La tematica, di certo ampiamente analizzata per quanto concerne le esperienze europee, risulta essere innovativa e intrigante se consideriamo le specificità ottomane e se prendiamo in considerazione quali ricadute ha avuto il discorso sulla morale all’interno della nascente società turca e sui successivi sviluppi politici.

La cultura islamica si intreccia, nelle pagine del libro, in modo molto profondo con molti degli aspetti morali analizzati e, al tempo stesso, si evolve in forme nuove che, pur richiamando capisaldi del mondo musulmano tradizionale come la Jihad, si pongono come base di una nuova idea di società in cui la famiglia diviene il caposaldo della nazione e dell’educazione delle nuove generazioni.

Nota

1 Il CUP, Comitato di Unione e Progresso (İttihat ve Terakki Fırkası) è l’organo direttivo dell’organizzazione rivoluzionaria dei giovani Turchi. In seguito alla rivoluzione del 1908 e al declino del Sultano Abdülhamid II, il partito politico dei Giovani Turchi salì definitivamente al potere guidando l’Impero Ottomano con alterne vicende sino alla fine della prima Guerra Mondiale.


Resenhista

Luca Zuccolo – Dopo aver conseguito la laurea in Storia Contemporanea e il titolo di dottore magistrale in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna (2005 e 2008), ha ottenuto il titolo di Dottore di ricerca in Storia Contemporanea presso il SUM – Istituto Italiano di Scienze Umane – Napoli. I suoi campi di ricerca sono; la modernizzazione dell’Impero Ottomano (XIX-XX secolo), il ruolo della stampa ottomana nel contesto imperiale ed europeo e i movimenti sociali che hanno preparato l’avvento della società turca contemporanea. URL:  http://www.studistorici.com/progett/autori/#Zuccolo


Referências desta Resenha

OĞUZ, Çiğdem. Moral Crisis in the Ottoman Empire: Society Politics, and Gender during WWI. London: I.B. TAURIS, 2021. Resenha de: ZUCCOLO, Luca. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.49, n.1, p.208-213, 2022. Acessar publicação original [DR]

 

Itamar Freitas

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