La terra dentro il capitale. Conflitti/crisi ecologica e sviluppo nel delta del Senegal | Maura Benegiamo
Il libro di Maura Benegiamo, La terra dentro il capitale. Conflitti, crisi ecologica e sviluppo nel delta del Senegal, edito da Orthotes per la collana «Ecologia Politica», ci invita a ripensare il modo in cui guardiamo alle nuove forme di estrattivismo agrario e ci offre degli strumenti per farlo.
Il volume racconta dell’acquisizione, da parte di un’impresa italiana, di un appezzamento di 20.000 ettari nel delta del fiume Senegal, terreno sul quale l’impresa intendeva coltivare girasoli e patate dolci destinati alla produzione di agrocarburanti. Analizzando il conflitto tra popolazioni locali e impresa, durato quattro anni e interrottosi con l’abbandono del progetto da parte degli investitori italiani, l’autrice inquadra il fenomeno del land grabbing combinando tre prospettive diverse. La prima esamina il fenomeno come processo complesso e di lunga durata, in cui si esprime la riconfigurazione del rapporto tra capitale e natura nel contesto della crisi ecologica. La seconda mostra come la logica dello sviluppo illimitato – con il suo portato coloniale e il suo presente neoliberale e green – orienti la nuova corsa alla terra e contribuisca a delineare il volto contemporaneo del “progresso” africano. Infine, La terra dentro il capitale indaga la realtà delle comunità pastorali che si oppongono alla cessione delle terre, restituendo così visibilità a una forma dell’abitare che coniuga cura del territorio e riproduzione sociale.
Maura Benegiamo è attualmente ricercatrice presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa e membro del collettivo di ricerca POE (Politics Ontologies, Ecologies1). Le tematiche principali che sostengono le argomentazioni del volume sono esemplificative del percorso di ricerca intrapreso dall’autrice, sin da principio impegnata nell’approfondimento di questioni relative a conflitti ambientali, estrattivismo e sviluppo rurale, come dimostrano le sue diverse pubblicazioni su volumi e riviste, sia nazionali che internazionali. In questi lavori Benegiamo sviluppa una prospettiva di ecologia politica che integra critica marxiana, ecofemminismo e studi post-coloniali per mettere in luce le attuali trasformazioni del capitalismo, i nuovi processi di mercificazione e sfruttamento della natura e le forme di resistenza che queste dinamiche innescano.
Con La terra dentro il capitale, l’autrice si inserisce nel dibattito sul legame strutturale tra natura e capitalismo: attraverso il concetto di «crisi del cibo a buon mercato»2, il testo mette in luce le articolazioni tra politiche alimentari globali e recenti programmi di sviluppo economico, inteso quest’ultimo quale aspetto politico dell’economia post-coloniale. Il volume partecipa inoltre al dibattito che individua nella critica alla categoria di sviluppo – e nei conflitti che i programmi di sviluppo generano – uno spazio di riflessione a partire dal quale emergono forme non coloniali di abitare il presente. L’autrice ha contribuito ad alimentare tale dibattito anche attraverso la partecipazione al lavoro collettivo di traduzione di Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo, edito nella sua versione originale da Ashish Khotari, Ariel Salleh, Arturo Escobar, Federico Demaria e Alberto Acosta3.
«Good political ecology cannot be other than historical», afferma Erik Swyngedouw in un’intervista4: in pieno accordo con questo assunto, il lavoro di Maura Benegiamo ci guida attraverso i molteplici processi di produzione storica degli assemblaggi socio-ecologici che popolano il suo terreno di ricerca. Proponendo una sintesi originale di storia ambientale e studi subalterni, questo testo analizza il caso studio del delta del Senegal dal XIX secolo sino al presente, collocando l’emergere di un mondo pastorale resistente alla mercificazione all’interno di una specifica storia, quella dei lunghi processi di produzione della natura e dello spazio.
I primi due capitoli di La terra dentro il capitale si configurano allora come una mappa, che consente a chi legge di orientarsi nel tempo e nello spazio seguendo percorsi che collegano vicende locali a processi di scala globale. Pagina dopo pagina si delinea il Sahel, zona di contatto tra Sahara e steppa che si estende dall’Oceano Atlantico fino al Mar Rosso. Le piogge scarse e concentrate in estate, la presenza, a intervalli irregolari, di fiumi e zone umide definiscono la pastorizia estensiva e itinerante come forma dell’abitare particolarmente adatta a questo contesto ambientale. Prestando attenzione alla morfologia dei suoli, alla loro distribuzione spaziale, al ritmo delle piene e delle maree, e insieme alle modalità in cui la pastorizia estensiva contribuisce alla rigenerazione e alla preservazione dei pascoli, Benegiamo descrive la pratica pastorale come parte integrante dell’ecologia del delta del Senegal in una prospettiva di longue durée. A questa visione si oppone la lunga storia del mancato riconoscimento della razionalità della pastorizia da parte delle autorità sia coloniali che senegalesi. Come ci ricorda Diana Davis5, sin dalla fine dell’Ottocento il governo coloniale francese individua nello sfruttamento eccessivo dei pascoli una delle cause principali dell’avanzata del deserto e nella sedentarizzazione dei pastori una misura necessaria ad arrestarne l’espansione. Il lavoro storico di Benegiamo sulle zone umide fa da contrappunto a quello di Davis sulle terre aride, mostrando come, nel caso del delta del Senegal, la criminalizzazione esplicita della pastorizia estensiva lasci oggi il posto a una sistematica esclusione delle popolazioni locali dalla gestione delle risorse ambientali.
Il primo capitolo mostra inoltre come in questi luoghi, a partire dal XIX secolo, prenda forma un progetto: sviluppare nel delta un’agricoltura irrigua, trasformando una terra considerata priva di valore in una fonte di materie prime agricole. Con una scrittura chiara e concisa, l’autrice mette in luce le continuità tra logica dello sviluppo coloniale e nuovi estrattivismi, descrivendo i tempi lunghi del processo di trasformazione del territorio in «frontiera estrattiva»6 – un processo che, come dimostra l’arrivo dell’impresa italiana, non risulta ancora concluso. Nonostante la storia dell’agricoltura irrigua nel delta sia costellata di fallimenti, nessuno di questi ha determinato la fine del processo di accaparramento delle risorse, allora come oggi. Il carattere liminale di progetti come quello dell’impresa italiana – immaginati con precisione sulla carta, manifestatisi per nulla o solo in parte sul territorio – non impedisce loro di avere effetti concreti sulla vita sociale della terra e dei suoi abitanti. Alla dimensione talvolta aleatoria delle singole iniziative, si contrappone dunque la persistenza della «logica della piantagione»7 che, nel creare le condizioni per l’estrazione di risorse, introduce nuove divisioni sociali.
Cogliere il portato coloniale sotteso all’espansione delle frontiere estrattive non è tuttavia sufficiente a definire la specificità della recente ondata di acquisizioni fondiarie: se le crisi congiunte di economia ed ecologia mostrano i limiti del capitalismo, la corsa alla terra rappresenta una strategia volta a assicurarne la sopravvivenza. Per comprendere come essa funzioni, ci dice Benegiamo nel secondo capitolo, è necessario guardare alle sue articolazioni con le politiche di sviluppo rurale emanate a partire dal biennio 2007-2008, periodo in cui crisi alimentare e crisi finanziaria convergono su scala globale. Da queste premesse deriva la formulazione di una delle tesi principali esposte dall’autrice: il rinnovato interesse dell’industria agroalimentare per la produzione di materie prime e l’attenzione delle politiche di sviluppo globale per la produzione di agroenergia mirano a incorporare gli obiettivi di sicurezza alimentare, mitigazione del cambiamento climatico e transizione energetica dentro la logica di mercato, «reindirizzando la crescita sulla possibilità di rinegoziare i limiti socio-ecologici, negando ogni possibile atteggiamento veramente riflessivo sull’origine delle crisi»8 . Il fenomeno del land grabbing, nel suo articolarsi con la logica dello sviluppo, costituisce dunque una forma della riconfigurazione del capitalismo di fronte alla crisi ecologica – una riconfigurazione che si realizza nell’espansione delle frontiere estrattive, nella trasformazione della natura in impresa e nell’integrazione di forme di riproduzione sociale ed ecologica dentro nuovi circuiti di valorizzazione9.
Di quali narrazioni questo processo abbisogna per poter funzionare? Il terzo capitolo è dedicato a rispondere a questa domanda. Benegiamo individua, e decostruisce, tre «narrative dello sviluppo» che legittimano e orientano le recenti acquisizioni fondiarie. Promessa di modernizzazione e progresso, agrocarburanti come vettore di sviluppo per le aree marginali, maggiore competenza degli investitori privati (rispetto a governi e imprenditori locali) nell’approccio alla produzione di energia verde: ciascuna di queste narrazioni opera in due sensi. Da un lato, il modello agricolo industriale viene individuato come il solo in grado di coniugare sviluppo locale, sicurezza alimentare e transizione energetica: alle imprese vengono accordati credito e libertà d’azione, che nel caso in esame comprende la facoltà di non rispettare gli obiettivi di produzione e di non conformarsi alle normative vigenti. Dall’altro, le capacità locali di gestione del territorio vengono svalutate, le comunità locali sistematicamente escluse dai processi decisionali, la razionalità del loro operato invisibilizzata. Ciò consente di pensare le terre del delta del Senegal come «vuote», o meglio, «“svuotate” dalle loro valenze per le popolazioni locali e riassemblate quali territori funzionali all’accumulazione»10. La minaccia di inclusione di nuove terre e nuove forme di vita nella logica necropolitica del sacrificio non manca però di incontrare resistenza.
L’ultimo capitolo di La terra dentro il capitale adotta come unità di analisi delle narrazioni di ordine opposto e complementare, ovvero quelle elaborate dalle comunità in lotta contro la cessione delle terre all’impresa. Qui trovano spazio una prospettiva emica sul conflitto, assieme a una puntuale ricostruzione della vicenda, entrambe frutto del lavoro etnografico dell’autrice. Ogni ragionamento locale sulla presenza dell’impresa parte da un assunto di base: non c’è abbastanza spazio per tutti. Lavorando sulla nozione di marginalità e sull’idea di «fine dello spazio»11, Benegiamo chiarisce le dinamiche che determinano l’impossibilità fisica della convivenza tra impresa e pastorizia. La marginalità che caratterizza la pastorizia estensiva nel delta, afferma l’autrice, è una condizione dinamica: si articola e si definisce in relazione alle diverse configurazioni storiche del potere centrale. Con l’arrivo dell’impresa però, qualcosa cambia: lo spazio si restringe e il margine si irrigidisce. A essa coeva e insieme estranea, la pratica della pastorizia estensiva non si presta a essere sussunta nella logica capitalista della valorizzazione infinita: può soltanto esserne annullata. La lunga durata dell’opposizione delle comunità pastorali, alla logica coloniale di gestione del territorio prima, e ai processi di valorizzazione neoliberale poi, viene dunque letta come un tentativo di difesa della relativa autonomia di cui chi vive ai margini dispone. Un’autonomia che consiste nella capacità di organizzare le proprie interdipendenze, in particolare quelle sottese alla riproduzione comunitaria e alle relazioni di cura del territorio.
Il lavoro di Maura Benegiamo dimostra come la logica dello sviluppo releghi terre aride, zone umide e pastorizia estensiva a una comune condizione di subalternità e, al contempo, rivela come nello spazio del conflitto si ingenerino specifici processi di soggettivazione e vengano elaborate forme nuove di agire a partire dal margine. Le comunità locali si costituiscono nel Collettivo dei 37 villaggi dello Ndiaël, il quale traduce in termini politici l’esigenza di proteggere una forma di riproduzione che, attraversandolo, tiene in vita un territorio. La «narrativa di giustizia ambientale»12 elaborata dal collettivo trasforma le esperienze individuali dei pastori in una forma di conoscenza pubblica, un sapere che permette di decostruire le narrative attraverso le quali l’impresa si legittima e che svolge un ruolo importante nell’ostacolarne l’operato. L’economia pastorale si configura allora nel suo persistere come uno spazio conflittuale che, pur rimanendo interno alla società capitalista, veicola un’altra idea di sviluppo possibile.
Notas
1 Vedi il sito ufficiale: URL: ˂ http://www.poeweb.eu/˃ [consultato il 10 marzo 2022].
2 BENEGIAMO, Maura, La terra dentro il capitale. Conflitti, crisi ecologica e sviluppo nel delta del Senegal, NapoliSalerno, Orthotes, 2021, p. 21. Il riferimento è alla nozione di “cheap nature” introdotta da Jason Moore. Si veda a riguardo MOORE, Jason W., The End of Cheap Nature. Or How I Learned to Stop Worrying about “The” Environment and Love the Crisis of Capitalism, in SUTER, Christian, CHASE-DUNN, Christopher (eds.), Structures of the World Political Economy and the Future of Global Conflict and Cooperation, Berlin, LIT Verlag, 2014, pp. 285- 314. 3 ACOSTA, Alberto, DEMARIA, Federico, ESCOBAR, Arturo, KOTHARI, Ashish, SALLEH, Ariel (a cura di), Pluriverso. Dizionario del post-sviluppo, Napoli-Salerno, Orthotes, 2021 [ed. orig.: Pluriverse: A Post Development Dictionary, New Delhi, Tulika Books, 2019].
4 GOROSTIZA, Santiago, «”Liquid Power”: An interview with Erik Swyngedouw», in Undisciplined Environments, URL: ˂ https://undisciplinedenvironments.org/2015/07/02/liquid-power-an-interview-witherik-swyngedouw/˃ [consultato il 3 marzo 2022].
5 DAVIS, Diana K., The Arid Lands: History, Power, Knowledge, Cambridge, The MIT Press, 2016.
6 BENEGIAMO, Maura, La terra dentro il capitale, cit., p. 23.
7 WOLFORD, Wendy, «The Plantationocene: A Lusotropical Contribution to the Theory», in Annals of the American Association of Geographers, 111, 6/2021, pp. 1622-1639.
8 BENEGIAMO, Maura, La terra dentro il capitale, cit., p. 57.
9 ID., Exploring Accumulation in the New Green Revolution for Africa. Ecological Crisis, Agrarian Development and Biocapitalism, in BENQUET, Marlène, BOURGERON, Théo (eds.), Accumulating Capital Today, London, Routledge, 2021, pp. 61-74.
10 BENEGIAMO, Maura, La terra dentro il capitale, cit., p. 112.
11 Ibidem, p. 133.
12 Ibidem, p. 158.
Resenhista
Elena Stecca – Dottoranda in Antropologia ambientale presso l’Università degli Studi di Padova e Ca’ Foscari Università di Venezia. Si occupa di Marocco, di movimenti sociali per l’agroecologia e della progressiva istituzionalizzazione della transizione agroecologica nel contesto delle recenti politiche di sviluppo adottate dal paese. URL: http://www.studistorici.com/progett/autori/#Stecca >
Referências desta Resenha
BENEGIAMO, Maura. La terra dentro il capitale. Conflitti, crisi ecologica e sviluppo nel delta del Senegal. Napoli: Orthotes, 2021. Resenha de: STECCA, Elena. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.51, n.3, p.92-98, 2022. Acessar publicação original [DR/JF]