Stretta fra la fine della Prima guerra mondiale (1918) e l’avvento del nazismo (1933), la Repubblica di Weimar viene spesso associata nell’immaginario comune a un fallimento: violenza politica, crisi economica e inflazione galoppante, instabilità nella guida dei governi e debolezza del parlamento sono alcuni degli elementi che l’avrebbero condannata all’insuccesso. Un insuccesso talmente bruciante che avrebbe portato la nuova Repubblica federale tedesca, nata dopo la fine della seconda guerra mondiale, a smarcarsi il più possibile dall’esperienza di Weimar, sostenendo che il nuovo assetto istituzionale sarebbe stato di tutt’altra pasta. Soprattutto quando, come in questo caso, le convinzioni sono così consolidate, una rinnovata attenzione storiografica può essere opportuna. Il volume curato da Christoph Cornelissen e da Gabriele D’Ottavio nasce da un convegno tenutosi nel 2019 a Trento e si propone, nel centenario della fondazione della Repubblica di Weimar, di riprendere alcuni argomenti grazie a degli articoli firmati da studiosi e studiose di entrambe le aree culturali (i saggi scritti in origine in tedesco sono stati tradotti da Enzo Morandi). Più esattamente, vengono proposte delle coppie di temi (Costituzione e rivoluzione, società postbellica e cultura politica, crisi economica e crisi sociale, aspirazioni individuali e diritti collettivi, dimensione globale e prospettiva europea, eredità e attualità) che danno forma alla struttura del libro e separano per coppie i dodici saggi presenti.
Christoph Cornelissen insegna Storia contemporanea presso l’Università di Francoforte sul Meno e dal 2017 è il direttore dell’Istituto storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler di Trento, l’istituto che ha organizzato insieme ad altri e ha ospitato il convegno sul centenario di Weimar. Gabriele D’Ottavio lavora come ricercatore di storia contemporanea presso l’università di Trento, oltre a essere affiliated fellow presso lo stesso Istituto italo-germanico.
Dopo l’introduzione dei due curatori, il volume si apre con un articolo di Andreas Wirsching sulla Costituzione di Weimar. Secondo l’autore la Repubblica sarebbe nata con l’obiettivo di rappresentare una netta cesura rispetto al passato e questo sarebbe dovuto apparire anche nelle disposizioni della nuova Legge fondamentale1 . Questo però non significa che tutti fossero d’accordo sulla strada da prendere e quindi il dibattito sulla forma da affidare al nuovo Stato fu spesso vivace, soprattutto sui poteri da attribuire al Parlamento, al Governo e al Presidente della Repubblica dopo l’esperienza appena conclusa del Reich guglielmino. Nell’articolo seguente Alexander Gallus porta invece chi legge ai giorni fra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, in cui quella che viene considerata una vera e propria rivoluzione che portò alla nascita della Repubblica di Weimar. L’autore critica le interpretazioni tendenti ad appiattire gli eventi in base all’uso o meno della violenza e invita a considerare questi fatti come una correlazione complessa di diversi eventi. L’uso del termine rivoluzione potrebbe forse sorprendere qualcuno, ma ciò può essere spiegato dalla tendenza già di qualche contemporaneo a criticare la portata del cambiamento avvenuto in Germania o almeno a metterne in discussione il senso, bollandolo di volta in volta come contrario agli interessi dei lavoratori o della Nazione, con conseguenti tentativi di fare una nuova rivoluzione, questa volta nel senso auspicato 2 . Inoltre, Gallus fa notare come anche negli anni successivi all’interno della storiografia l’interesse per questi fatti sarebbe rimasto abbastanza tiepido, nonostante le discussioni sul ruolo dell’esponente della socialdemocrazia tedesca Friedrich Ebert e su un episodio cruciale come l’assassinio di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht, avvenuto nel gennaio del 1919.
Dirk Schumann si concentra invece sui processi di militarizzazione e di liberalizzazione, che a suo avviso hanno origine durante la prima guerra mondiale in seguito a una crisi dell’autorità e non si trovano per forza in contraddizione3. Questo avrebbe permesso, anche se non in modo uniforme in tutto il Paese, la diffusione di nuovi costumi e di nuove direzioni culturali, come attraverso lo sviluppo delle attività sportive4. La società di Weimar era però anche quella di più generazioni di maschi, giovani e meno giovani, che, dopo l’esperienza collettiva della Prima guerra mondiale, erano ormai abituati ad avere a che fare con le armi. Proprio le associazioni sportive in alcuni casi furono una delle basi per la costituzione di nuovi gruppi paramilitari che avrebbero avuto un ruolo non marginale durante gli anni di vita della Repubblica, soprattutto in occasione della messa in discussione del nuovo assetto statuale (per esempio durante i putsch effettuati nei primi anni Venti)5. L’autore sottolinea l’opportunità di distinguere fra i diversi attori presenti, visto che almeno alcuni di loro non avrebbero avuto intenzione di usare la violenza nel lungo periodo e non sarebbero stati animati da propositi controrivoluzionari, ma fa anche notare la diffusione del ricorso alla violenza fra appartenenti a partiti molto diversi6. L’attività dei gruppi paramilitari contribuì a destabilizzare la giovane repubblica che però poteva comunque contare su dei sostenitori. Nel suo saggio, Nadine Rossol analizza tramite le celebrazioni della Repubblica il modo in cui questa venne esaltata durante gli anni della sua esistenza, in particolare l’11 agosto di ogni anno, anniversario della fondazione. Rossol fa notare le diverse reazioni a seconda del luogo della Germania a cui si fa riferimento e non manca di menzionare l’importanza avuta dall’assassinio a Berlino di Walter Rathenau, ministro degli Esteri, proprio l’11 agosto 1922, in occasione di una delle celebrazioni e il ruolo del Reichsbanner, un’organizzazione che prese l’incarico di realizzare anno dopo anno le manifestazioni7. Si cerca anche di stabilire il coinvolgimento della popolazione valutando il numero dei partecipanti e si conclude che le iniziative a sostegno della Repubblica non furono deboli, ma mancò il tempo per ottenere dei risultati duraturi8.
Nel contributo successivo Elisa Poletto e Jan Otmar Hesse sostengono che, al contrario di quanto si è spesso affermato, gli anni fra le due guerre mondiali non avrebbero rappresentato per la Germania un momento di “deglobalizzazione”, ma che l’interconnessione si sarebbe rafforzata seguendo canali diversi rispetto al commercio estero9. L’articolo seguente, scritto da Gustavo Corni10, descrive invece la difficile situazione dell’agricoltura tedesca all’indomani della Prima guerra mondiale e in particolare la scarsezza di prodotti disponibili sul mercato11. Si generò così una crisi, mitigata solo in parte dagli interventi statali, che investì l’intero settore con tantissime imprese agrarie indebitate12 e contribuì alla nascita di movimenti di protesta i quali, in seguito, non di rado sarebbero stati assorbiti all’interno del partito nazionalsocialista, anche grazie al lavoro di un personaggio come Richard Walther Darré.
Nel saggio seguente Moritz Föllmer si concentra sui cambiamenti avvenuti all’interno della società tedesca (maggiore libertà nelle relazioni sociali, ma anche nuovi consumi) e li interpreta seguendo il concetto di aspirazione all’individualità introdotto dal sociologo Niklas Luhmann, secondo cui i singoli tendono ad aspettarsi di essere rispettati e trattati come individui13 . All’interno di questa cornice, però, l’aspirazione all’individualità poteva essere perseguita in modi anche molto diversi fra loro. Kirsten Heinsohn nel suo contributo parte dal “paradosso” contenuto all’interno della Costituzione della Repubblica di Weimar che da un lato avrebbe introdotto delle novità nella parità fra uomini e donne (come il riconoscimento del diritto di elettorato attivo e passivo), ma dall’altro avrebbe avuto pochi effetti sulla vita quotidiana, visto che buona parte della legislazione già vigente in ambito privatistico, lungi dall’essere equilibrata e paritaria, veniva confermata 14. All’interno della Costituzione (art. 109) si diceva che gli uomini e le donne avevano “fondamentalmente” gli stessi diritti e doveri civici e quindi si lasciava aperta la strada all’esistenza di limitazioni e discriminazioni15. L’autrice fa notare che questo stato fu possibile anche grazie all’incapacità delle parti più progressiste della società tedesca, comunque non maggioritarie, di portare avanti delle rivendicazioni concrete16.
In continuità con l’articolo di Poletto ed Hesse, Christoph Cornelissen e Dirk van Laak invitano ad andare oltre l’impressione che la Repubblica di Weimar fosse ripiegata su sé stessa, visto che proprio fra gli anni Venti e i primi anni Trenta la Germania ebbe modo di entrare in relazione con il resto del mondo sfruttando legami economici e istituzionali, ma anche le iniziative di singole persone che contribuirono ad affermare la possibilità di muoversi in autonomia17. Il saggio di Vanessa Conze sembra corroborare questa tesi, soffermandosi sulle riflessioni intorno all’idea dei Europa. Opportunamente, Conze ha orientato la sua ricerca verso diverse idee di Europa, senza limitarsi a cercare un antefatto del processo di integrazione europea avvenuto dopo la Seconda guerra mondiale18. Questo le ha permesso di avere a che fare con delle elaborazioni teoriche diverse da quelle liberali e democratiche, come quella “paneuropea” del conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, quelle di chi cercava innanzitutto un riavvicinamento alla Francia o, poi, quelle di chi proponeva la Mitteleuropa come nuovo spazio di azione per la Germania19. Sebbene si trattasse di progetti abbastanza diversi fra loro, l’autrice fa notare come tutti fossero elaborati in circoli elitari in cui la democrazia non era certo il punto di riferimento ideale più frequente20.
Nel penultimo contributo del volume Alessandro Cavalli si sofferma sulla nascita della sociologia tedesca e sulle difficoltà che ebbero gli studiosi nell’analizzare la fase storica in cui vivevano. L’autore cerca anche di interpretare i percorsi di vita di alcuni fra i più importanti sociologi tedeschi alla luce del loro atteggiamento vero il regime nazista21. La conclusione è affidata a Martin Sabrow che analizza i motivi per cui a lungo la Repubblica di Weimar è stata relegata in secondo piano o, al massimo, è stata usata come termine di paragone per qualcosa di nuovo, come abbiamo già accennato all’inizio22.
Nel complesso il volume propone una buona panoramica sugli studi più recenti riguardanti la Repubblica di Weimar e offre anche alcuni spunti per delle nuove ricerche. In particolare, sembra apprezzabile il taglio dato dai saggi che hanno cercato di analizzare la storia della Repubblica di Weimar non in chiave teleologica, evitando quindi di analizzare questi quattordici anni come un fallimento o come un breve intermezzo fra il II e il III Reich. Così facendo si è riusciti a proporre delle ricostruzioni equilibrate che possono aiutare a collocare l’esperienza della Repubblica di Weimar in un contesto più ampio.
Notas
1 WIRSCHING, Andreas, La Costituzione di Weimar tra svolta democratica e cultura del ricordo, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità, Bologna, Il Mulino, 2021, p. 33. Wirsching ha da poco pubblicato in Italia un libro proprio in occasione del centenario della fondazione della Repubblica di Weimar: WIRSCHING, Andreas, Weimar, cent’anni dopo, Roma, Donzelli, 2019. Sui diritti sociali nella Costituzione si Weimar si può consultare RITTER, Gerhard A., Storia dello stato sociale, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 111-127.
2 GALLUS, Alexander, Rivoluzione senza consenso. La storia della rivoluzione di novembre e delle sue interpretazioni controverse, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 56-57.
3 Ibidem, p. 72. Sul tema del rapporto verso l’autorità si possono trovare degli spunti nel classico MITSCHERLICH, Alexander, Verso una società senza padre. Idee per una psicologia sociale, Milano, Feltrinelli, 1970.
4 SCHUMANN, Dirk, Liberalizzazione e militarizzazione: la società postbellica della Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., p. 78.
5 Ibidem, p. 80.
6 Ibidem, pp. 83-85.
7 ROSSOL, Nadine, Le celebrazioni della giornata della Costituzione nella Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., p. 93.
8 Ibidem, pp. 114-115.
9 HESSE, Jan-Otmar, POLETTO, Elisa, L’interconnessione globale dell’economia di Weimar. De-globalizzazione o mutamento della globalizzazione economica?, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 120-121.
10 Autore anche di un recente libro in italiano sulla Repubblica di Weimar: CORNI, Gustavo, Weimar. La Germania dal 1918 al 1933, Roma, Carocci, 2020.
11 CORNI, Gustavo, La politica agraria nella Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 145-146.
12 Ibidem, pp. 154-155.
13 FÖLLMER, Moritz, Le aspirazioni all’autonomia individuale, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 176-177.
14 HEINSOHN, Kirsten, Il dibattito sulla parità di diritti delle donne nella Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 192-193.
15 Ibidem, pp. 198-199.
16 Ibidem, pp. 201-203.
17 CORNELISSEN, Christoph, VAN LAAK, Dirk, Considerazioni sulla dimensione globale della Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 215-217. I due autori del saggio hanno di recente proposto, come curatori, un volume collettivo in tedesco sullo stesso tema: CORNELISSEN, Christoph, VAN LAAK, Dirk, Weimar und die Welt: Globale Verflechtungen der ersten deutschen Republik, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2020.
18 CONZE, Vanessa, Per l’Europa e per la repubblica? Idee e movimenti europeistici nella Repubblica di Weimar, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 222-223.
19 Ibidem, pp. 225-230.
20 Ibidem, pp. 231-236.
21 CAVALLI, Alessandro, L’eredità problematica della sociologia weimariana, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 252-256.
22 SABROW, Martin, Il freddo vento di Weimar. Considerazioni sulla nuova attualità del confronto con la prima democrazia tedesca, in CORNELISSEN, Christoph, D’OTTAVIO, Gabriele (a cura di), op. cit., pp. 260-261.
Resenhista
Alessandro Stoppoloni – Roma, 1989 è un archivista libero professionista. Si è laureato in scienze storiche nel 2015 nell’ambito del corso integrato italo-tedesco organizzato dall’Università di Bologna e da quella di Bielefeld con una tesi dal titolo Fra teoria e pratica: la psicologia politica di Peter Brückner (1966-1978). Per «Diacronie» scrive recensioni e cura saltuariamente le traduzioni dal tedesco. URL: http://www.studistorici.com/progett/autori/#Stoppoloni
Referências desta Resenha
CORNELISSEN, Christoph; D’OTTAVIO, Gabriele (Eds.). La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità. Bologna: Il Mulino, 2021. Resenha de: STOPPOLONI, Alessandro. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.49, n.1, p.194-200, 2022. Acessar publicação original [DR]
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