La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza | Gabriele Ranzato

Nel 1997, all’ingresso del ponte dell’industria, che collega i quartieri Ostiense e Marconi, il comune di Roma fece erigere una lapide in bronzo con l’iscrizione: «In ricordo delle dieci donne uccise dai nazifascisti il 7 aprile 1944». Questa lapide commemora il cosiddetto eccidio del ponte dell’industria, che è stato menzionato per la prima volta in un saggio di Cesare De Simone nel 1994 1. Secondo la sua ricostruzione SS e militari della Guardia Nazionale Repubblicana fucilarono sul ponte dieci donne che avevano assaltato un forno vicino. Lo storico Gabriele Ranzato nel suo recente libro La liberazione di Roma ha però messo in dubbio la veridicità dell’episodio2. Mentre la lapide c’è ancora oggi, i curatori dell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, in seguito alla pubblicazione del volume di Ranzato, hanno inserito l’eccidio nella sezione «Episodi dubbi o controversi» 3.

Questa è solo una delle tante novità storiografiche che il libro fornisce grazie a un’attenta analisi di una varietà di fonti, a cui appartengono documenti archivistici poco conosciuti. La liberazione di Roma non rappresenta il primo contributo che l’autore, professore emerito presso l’Università degli Studi di Pisa, noto particolarmente per i suoi studi sulla guerra civile spagnola4, dedica all’occupazione tedesca di Roma. Nel 1997 ha pubblicato una monografia sul linciaggio del direttore del carcere di Regina Coeli Donato Caretta, avvenuto il 18 settembre 1944 durante il processo al questore romano Pietro Caruso5. Inoltre ha curato nel 2000 la voce su Roma per il «Dizionario della Resistenza»6, con cui suscitò delle polemiche tra alcuni storici riguardo all’attentato di Via Rasella7.

Nel suo libro più recente Ranzato prende in esame la liberazione di Roma, collegando due vicende: la guerra degli Alleati per Roma e la Resistenza armata nella città. A prescindere dal saggio di Robert Katz del 2003, il quale però racconta la storia dell’occupazione tedesca in generale8, non è più stato intrapreso nessun vero tentativo di fornire un quadro complessivo della Resistenza romana dal 1965, anno di pubblicazione dell’ormai classica opera di Enzo Piscitelli9. Tuttavia Ranzato deve prendere in considerazione una mole di studi più recenti dedicati ad aspetti speciali o singoli avvenimenti della storia dei 271 giorni dell’occupazione tedesca. A parte qualche piccola eccezione10, Ranzato si rivela un esperto conoscitore della storiografia.

Per ragioni di spazio qui non è possibile né discutere tutti i giudizi espressi nel corposo volume né rivelare tutte le sue novità storiografiche. Mi limito quindi a trattare gli aspetti del libro che ritengo particolarmente importanti o innovativi. Per quanto concerne lo sbarco degli Alleati ad Anzio avvenuto il 22 gennaio 1944, Ranzato, contrariamente a tanti storici prima di lui, nega che il generale americano John Porter Lucas, sfruttando l’effetto sorpresa dello sbarco, avrebbe potuto raggiungere rapidamente i Colli Albani o addirittura conquistare Roma, anche se «per un eccesso di prudenza non si era impadronito subito di Campoleone e Cisterna»11 . Le tesi più innovative del libro riguardano però senza dubbio la Resistenza armata romana nonché l’attività degli agenti alleati nella città. Attraverso vari rapporti dell’Office of Strategic Services (OSS) conservati presso i National Archives Ranzato riesce a gettare nuova luce sul ruolo di agenti come Clemente Menicanti “Coniglio”, Peter Tompkins “Pietro”, Maurizio Ciglio “Cervo” e Paolo Poletti “Lepre”, sulla rivalità tra Menicanti e Tompkins, sull’ascesa e caduta di “Radio Vittoria” e sugli organizzatori e informatori della rete clandestina socialista, tra cui spicca la figura di Francesco Malfatti. Ranzato evidenzia che Tompkins, autore del libro di memoria Una spia a Roma, il quale rappresenta l’unica fonte edita sui servizi segreti a Roma, ha «enfatizzato oltre misura […] i suoi primi contatti con gli uomini della Resistenza e soprattutto la sua influenza su di essi» 12.

Secondo Ranzato, per nessun periodo dell’intera occupazione tedesca «un’insurrezione appare più remota da ogni possibilità di realizzazione»13 di quanto non lo sia stata nel settembre 1943. L’autore mette in rilievo l’attentato del 17 dicembre 1943 contro il sergente Georg Schmidt, la cui identità riesce a individuare grazie a un mattinale della polizia; quest’azione, mai esaltata dalla Resistenza e assai trascurata dalla storiografia, rappresentò il «primo attentato compiuto con successo nel centro della città contro l’occupante»14. Ranzato considera i Gruppi d’Azione Patriottica (GAP), organizzati dal Partito Comunista Italiano (PCI), il «protagonista principale della lotta armata»15, se non addirittura il «protagonista esclusivo»16. Il Partito d’Azione, invece, riuscì a svolgere solo un numero limitato di azioni, soprattutto per «un’estrema vulnerabilità alla penetrazione al suo interno di delatori e spie fasciste che gli costarono molti arresti» 17. Anche se, come ammette lo stesso Ranzato, le azioni periferiche della Resistenza armata trovarono meno riscontro nelle carte di polizia, Ranzato fornisce argomenti convincenti per ridimensionare il ruolo di Bandiera Rossa (BR), come si chiamava l’ala militare dell’allora Movimento Comunista d’Italia, che commise innanzitutto delle azioni di sabotaggio nella periferia di Roma. Rivelando delle contraddizioni nei documenti contenuti nel fondo RICOMPART, Ranzato mette in dubbio la veridicità stessa di alcune azioni che tradizionalmente vengono attribuite ai combattenti di BR, come quella della banda “Tommaso Mori” nel dicembre 1943. Ma l’analisi di Ranzato evidenzia che anche le azioni compiute dai GAP spesso furono meno efficaci di quanto fanno supporre le dichiarazioni dei suoi membri nel dopoguerra. Per quanto concerne l’attentato del 18 novembre 1943 contro un’adunata fascista al teatro Adriano, fallito per la mancata esplosione della bomba, Ranzato rivela, attraverso un’attenta lettura del Messaggero che il maresciallo Graziani non partecipò neanche alla manifestazione18. Gli attentati del 20 dicembre 1943 contro due treni ebbero secondo Giuseppe Levi Cavaglione, che per diversi mesi fu comandante della Resistenza comunista nella zona dei Castelli Romani, 150 militari tedeschi come vittime. Nel rapporto di polizia rintracciato da Ranzato vi è invece scritto: «Si lamentano soltanto pochissimi feriti»19. Per quanto riguarda l’attentato in via Rasella, Ranzato respinge la tesi di Elisa e Alberto Benzoni secondo cui l’attentato mirava in primo luogo a combattere “l’attesismo”, perché, se così fosse stato, farebbe «molto dubitare dell’intelligenza politica […] di tutto il gruppo dirigente del PCI romano»20. Per Ranzato quel clamoroso attentato, che segnò il culmine e l’inizio della fine del gappismo romano, rientrò semplicemente nella «logica [di guerra] che presiede tutta la lotta armata comunista»21. La rete gappista romana cadde come conseguenza del “tradimento” del gappista Guglielmo Blasi, il quale, dopo esser stato arrestato il 23 aprile 1944, si mise al servizio di Koch e di Caruso.

Per concludere, vorrei soffermarmi sul giudizio che Ranzato esprime nell’ultimo sottocapitolo del libro sul comportamento della popolazione romana durante l’occupazione tedesca, definendo molti romani «semplici spettatori della guerra». Secondo l’autore essi parteggiarono

istintivamente per gli Alleati, in quanto apparivano essere i futuri vincitori e i liberatori non tanto dai tedeschi e dal regime fascista in quanto tali, ma dalle sofferenze e dai pericoli della guerra che questi avevano prodotto. Non sentivano però nessun dovere di contribuire concretamente, nemmeno in minima parte, a quella loro liberazione, e piuttosto anzi, si sentivano in diritto di deprecare duramente il fatto che si tardasse tanto a fargliela ottenere, poiché quella marcia trionfale alleata verso la capitale non si realizzava con la rapidità che si erano immaginati. Come il tifoso allo stadio, come il cliente di un caffè, impaziente di fronte al lento servizio del cameriere22.

Ranzato illustra questi atteggiamenti con citazioni dai diari dell’impiegato Corrado di Pompeo, della pittrice Leonetta Cecchi Pieraccini e della direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna Palma Bucarelli. Tuttavia, quest’interpretazione, già accennata dall’autore in un articolo del 201523, può essere messa in discussione. Ranzato non si pone l’interrogativo se nel corso dell’occupazione tedesca sia stato possibile adottare una posizione da «semplice spettatore» o se quegli avvenimenti turbolenti abbiano polarizzato l’intera società. Valgono anche qui le obiezioni avanzate da vari storici alla tesi defeliciana della «grande zona grigia», secondo cui la maggioranza degli italiani subì passivamente gli avvenimenti del 1943-45 e si preoccupò innanzitutto della propria sopravvivenza. Ranzato non sembra condividere questa tesi di Renzo De Felice nella sua generalità, visto che scrive che la comprensione della posizione “attendista” come la più popolare «non può però implicare una rivalutazione di quel diffuso sentimento […] fino a farne un criterio di lettura di tutta la vicenda italiana del 1943-45»24. Ranzato fornisce buoni argomenti per la sua tesi secondo cui molti romani parteggiarono per gli Alleati, non perché condividevano la loro causa, la loro guerra «per la salvezza dell’umanità e dei suoi migliori valori, come libertà e democrazia»25, ma semplicemente per la loro forza superiore. L’autore sembra però sottovalutare l’ostilità diffusa tra i romani verso i tedeschi e i fascisti repubblicani, che viene attestata dai loro rapporti stessi26. Soprattutto lascia perplessi l’uso acritico del termine «spettatore». Secondo Amedeo Osti Guerrazzi la maggioranza dei romani fu, anche se probabilmente controvoglia, costretta a prendere una posizione politica almeno una volta durante i nove mesi dell’occupazione tedesca27. Se si considera la pressione da parte degli occupanti e dei fascisti – in specie le chiamate al servizio di lavoro e il tentato censimento della popolazione, a cui i romani risposero con un generale boicottaggio, le razzie, il terrore, i saccheggi – l’interpretazione secondo cui la maggior parte della popolazione fu coinvolta nella guerra appare convincente. Inoltre, anche se solo una minoranza prese attivamente parte alla lotta armata, non appare meno convincente definire la capitale durante l’occupazione tedesca una citta “non-collaboratrice”, come hanno sostenuto interpreti della Resistenza romana già a partire dagli anni Sessanta28.


Notas

1 Cfr. DE SIMONE, Cesare, Roma città prigioniera. I 271 giorni dell’occupazione nazista (8 settembre ’43-4 giugno ’44, Milano, Mursia, 1994, p. 130. Cfr. anche il “romanzo-inchiesta” ID., Donne senza nome, Milano, Mursia, 1998.

2 Innanzitutto «il documento riportato da De Simone, un mattinale di polizia privo di qualsiasi riferimento archivistico, è risultato assolutamente introvabile», cosicché le memorie di Carla Capponi rappresentano l’unica fonte scritta che menzioni l’episodio. Ranzato si chiede perché (visto che le donne di solito assaltavano i forni per sfamare i loro bambini) nessun parente nel dopoguerra «ne abbia denunciato con forza l’atto barbaro di cui erano restate vittime» e perché non fa nessun cenno all’episodio né la stampa antifascista né quella cattolica né la corrispondenza delle autorità fasciste o tedesche. Cfr. RANZATO, Gabriele, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza, Roma-Bari, Laterza, 2019, pp. 477-479.

3 Cfr. OSTI GUERRAZZI, Amedeo, «Ponte dell’Industria, Roma, 7 aprile 1944», in Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, URL: https://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=2174 [consultato il 7 ottobre 2022].

4 Per il suo libro – RANZATO, Gabriele, L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini. 1931- 1939, Torino, Bollati Boringhieri, 2004 – Ranzato ottenne nel 2005 il prestigioso Premio SISSCO.

5 Cfr. RANZATO, Gabriele, Il linciaggio di Carretta. Roma 1944. Violenza politica e ordinaria violenza, Milano, Il Saggiatore, 1997.

6 Cfr. ID., s.v. «Roma», in COLLOTTI, Enzo, SANDRI, Renato, SESSI, Frediano (a cura di), Dizionario della Resistenza, vol. 1, Storia e geografia della Liberazione, Torino, Einaudi, 2000, pp. 412-423.

7 Cfr. BELARDELLI, Giovanni, «Il dizionario delle idee a senso unico», in Corriere della Sera, 7 dicembre 2000, p. 1; RANZATO, Gabriele, «Le regole del gioco», in Corriere della Sera, 11 dicembre 2000, p. 33; BENZONI, Alberto, BENZONI, Elisa, «I fatti di via Rasella», in Corriere della Sera, 16 dicembre 2000, p. 41.

8 Cfr. KATZ, Robert, Roma città aperta. Settembre 1943 – Giugno 1944, Milano, Il Saggiatore, 2003.

9 Cfr. PISCITELLI, Enzo, Storia della Resistenza romana, Bari, Laterza, 1965.

10 Nel libro manca per es. un riferimento a OSTI GUERRAZZI, Amedeo, “La repubblica necessaria.” Il fascismo repubblicano a Roma 1943–44, Milano, Franco Angeli, 2004; MAJANLAHTY, Anthony, OSTI GUERRAZZI, Amedeo, Roma occupata 1943-44. Itinerari, storie, immagini, Milano, Il Saggiatore, 2010. Non condivido però la critica dello stesso Osti Guerrazzi secondo cui nel libro di Ranzato manca qualsiasi considerazione dei nemici della Liberazione, ossia dei nazisti e dei fascisti repubblicani. Cfr. OSTI GUERRAZZI, Amedeo, «[Recensione a RANZATO, Liberazione, cit.]», in Italia contemporanea, 292, 2020, pp. 252-253. In realtà Ranzato parla ampiamente soprattutto della Banda Koch e della reazione tedesca agli attacchi della Resistenza. Cfr. RANZATO, Gabriele, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza, cit., pp. 126-144, 228-259.

11 RANZATO, Gabriele, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza, cit., p. 11.

12 Ibidem, p. 317.

13 Ibidem, p. 77.

14 Ibidem, p. 115.

15 Ibidem, p. 183.

16 Ibidem, p. 183.

17 Ibidem, p. 126.

18 Cfr. ibidem, pp. 118-119.

19 Cit. da ibidem, p. 203.

20 Ibidem, p. 402.

21 Ibidem, p. 409.

22 Cfr. ibidem, cit., p. 624.

23 Cfr. RANZATO, Gabriele, «Roberto Battaglia partigiano, memorialista e storico», in DE LONGIS, Rosanna, GHILARDI, Massimiliano (a cura di), Arte, Resistenza, storia. Un ritratto di Roberto Battaglia, Roma, Biblioteca di storia moderna e contemporanea – Istituto Nazionale di Studi Romani, 2015, pp. 13-31.

24 RANZATO, Gabriele, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza, cit., p. 397.

25 Ibidem, p. 631.

26 Cfr. per es. BONOMINI, Luigi, FAGOTTO, Federico, MICHELETTI, Luigi et al. (a cura di), Riservato a Mussolini. Notiziari giornalieri della Guardia nazionale repubblicana novembre 1943 – giugno 1944. Documenti dell’Archivio Luigi Micheletti, Milano, Feltrinelli, 1974, pp. 29-30 (Notiziario del 31 marzo 1944); Bundesarchiv-Militärarchiv, Friburgo, RH 34/265, Der Deutsche Kommandant von Rom. Kriegstagebuch vom 10.9.1943 bis 31.12.1943, pp. 84-85 (11/10/1943).

27 Cfr. OSTI GUERRAZZI, Amedeo, “La repubblica necessaria.” Il fascismo repubblicano a Roma 1943–44, cit., p. 97.

28 Cfr. PERRONE CAPANO, Renato, La Resistenza in Roma, vol. 1, Napoli, Macchiaroli, 1963, p. 405; PISCITELLI, Enzo, op. cit., p. 163.


Resenhista

Pascal Oswald – Dottorando in storia contemporanea presso l’Università del Saarland (in co-tutela con l’Università degli Studi di Padova). Nel suo progetto di dottorato analizza i margini di manovra, le opinioni e i comportamenti dei civili nel territorio della Repubblica Sociale Italiana durante il biennio 1943-45. I suoi ambiti di ricerca sono la storia del fascismo italiano, del Risorgimento e della tarda antichità. URL: http://www.studistorici.com/progett/autori/#Oswald


Referências desta Resenha

RANZATO, Gabriele. La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza. Roma-Bari: Laterza, 2019. Resenha de: OSWALD, Pascal. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.52, n.4, p.262-268, 2022. Acessar publicação original [DR/JF]

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