Il buon tedesco | Carlo Greppi
La storia non è tutta in bianco o in nero, ma è fatta di sfumature. E sono proprio queste sfumature ad interessare il lavoro degli storici. Il capitano della marina tedesca Rudolf Jacobs è stato una di queste sfumature; un uomo che ha deciso di prendere una posizione marcata e disertare il suo esercito per unirsi alla resistenza. Perché lo ha fatto? In questo libro Carlo Greppi svolge su di lui un’approfondita ricerca sfruttando al massimo i documenti, a volte solo brani, pezzi, brandelli, per narrare una parte della Storia poco conosciuta, magari non fatta pervenire a noi volutamente: quella di militari tedeschi e austriaci che hanno disertato il loro esercito per unirsi al partigianato. È un lavoro di pregio che racconta una storia, ma che svela anche, in modo sciolto e disinvolto, la metodologia di ricerca storica che ne è alla base. È un libro che invita alla riflessione sugli eventi, sulle scelte e, in definitiva, sulla natura stessa dell’uomo, posto a compiere scelte ardue in alcuni momenti cruciali della storia.
Carlo Greppi è uno storico e scrittore di origine piemontese, nato a Torino nel 1982. Dopo la maturità, ha frequentato il Master in Tecniche della narrazione presso la Scuola Holden di Torino, ha conseguito la laurea magistrale binazionale franco-italiana in Culture Moderne Comparate presso l’Università degli Studi di Torino e l’Université Savoie Mont-Blanc, e un dottorato in Studi Storici presso lo stesso ateneo torinese. Il primo saggio di Carlo Greppi, L’ultimo treno. Racconti del viaggio verso il lager1, risultato di una borsa di studio presso l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”, è uscito nel 2012 e ha vinto il premio Ettore Gallo dell’Istituto storico della Resistenza di Vicenza, dedicato agli storici esordienti. Successivamente ha scritto numerosi altri saggi storici2. Non solo autore di saggi storici, Greppi ha anche pubblicato un romanzo, Non restare indietro3, che affronta il tema della memoria della Shoah e del rapporto stretto che questo evento ha con il presente. Greppi si è ispirato alla sua esperienza di fondatore dell’Associazione Deina: affrontare le memorie del Novecento attraverso viaggi nei luoghi degli eventi per capirne le ragioni, per analizzare il contesto e per chiarire le condizioni che hanno portato uomini e donne a esserne parte, come vittime e come persecutori4.
È stato, inoltre, collaboratore RAI per il canale Rai Storia, in qualità di conduttore, inviato e ospite e ha partecipato a numerosi programmi su Rai Radio 3 con narrazioni su date importanti come il 25 aprile e l’8 settembre. Da menzionare la sua partecipazione come membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e il suo ruolo di curatore, per Laterza, della collana Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti, una serie di volumi volti a smontare le fake news di matrice storica che, sia in rete che nella vita reale, generano disinformazione, la quale spesse volte è all’origine di azioni di odio e violenza.
Il buon tedesco è un volume pensato non soltanto per un pubblico di studiosi del mondo contemporaneo – e in special modo del secondo conflitto mondiale con riguardo all’8 settembre e al fenomeno resistenziale – ma per un pubblico più vasto che voglia approfondire la propria conoscenza su un periodo storico fatto di apparenti contraddizioni, di difficoltà, di lotta per la vita propria e del proprio Paese sentito come estensione necessaria di sé.
Si è abituati a considerare il tedesco come feroce nazista; si tende a dare un’interpretazione stereotipata di un intero popolo5. Ma questo volume ci racconta che la realtà è molto più complessa, intricata, fatta di scelte non facili e di umanità; ci dice che non tutti i tedeschi sono stati SS macchiatesi di macabri atti e di crimini contro l’umanità, ma che ci sono stati, anzi, soldati, ufficiali dell’esercito, della marina, dell’aviazione, che hanno fatto la scelta di non seguire le direttive scellerate provenienti da Berlino inoltrate dai comandi locali, ma di opporsi ad esse unendosi alla popolazione locale soggetta all’occupazione, unendosi alla resistenza, perché mossi dalla compassione, dal rimorso, ma anche dalla volontà di aiutare un popolo, come quello italiano, a rimettersi in piedi e ricostruire un mondo democratico e più giusto per tutti.
Il volume si situa all’interno del filone di ricerca sul secondo conflitto mondiale e sul movimento partigiano italiano negli ultimi due anni e mezzo di guerra, dall’autunno 1943 alla primavera 1945. Greppi si basa su testi come quelli di Carlo Gentile6, Santo Peli7 e Claudio Pavone8.
La storia del capitano Rudolf Jacobs, e di tanti altri militari tedeschi che hanno disertato le loro forze armate, è già nota agli storici dagli anni Cinquanta. Già Nuto Revelli parlò nel suo Il disperso di Marburg9 di un “tedesco buono”, Rudolf Knaut, un uomo con poca voglia di fare il soldato, che come lui aveva combattuto in Russia, e che in Italia morì in modo imprevedibile; non innocente, ma forse poco propenso ad opporsi agli ordini e alla retorica bellica. E sul capitano Jacobs gli storici della Lunigiana – territorio in cui Rudolf operò sia come occupante che, successivamente, come partigiano – hanno ricercato e scritto tanto, ed ora egli è diventato parte integrante dell’identità resistenziale locale; inoltre, su di lui è stato realizzato anche un film, uscito nel 2011, Rudolf Jacobs, l’uomo che nacque morendo, di Luigi Faccini 10.
Il cammino nella storia è stato possibile grazie all’incontro con gli archivi del Dipartimento di informazioni sul personale della Prima e Seconda guerra mondiale del Bundesarchiv di Berlino e gli archivi austriaci; inoltre, di vitale importanza sono stati i contributi dei diversi Istituti di Storia della Resistenza e della Società Contemporanea sparsi su tutto il territorio italiano.
Carlo Greppi è riuscito a scrivere un saggio storico dal sapore di un romanzo. La lettura scorre leggera e gradevole lungo tutta la durata del libro, composto da dieci capitoli, che ancora più che un volume risulta un viaggio fra la Germania, l’Austria e l’Italia alla ricerca di una persona e del suo carattere. La narrazione si apre con la nascita del protagonista di questa storia che coincide con l’inizio della Prima guerra mondiale. Questo permette all’autore di sviluppare profonde riflessioni sull’evoluzione della storia della Germania durante la guerra dei trent’anni del Novecento, con il suo nazionalismo e la convinzione di un conflitto necessario e giustificato. Così, già dal primo capitolo vediamo emergere la questione della diserzione e del dissenso, legata all’orientamento tedesco nei confronti della propria nazione e del concetto di guerra. Si prosegue, poi, con un’altra riflessione importante: ci saranno stati dei tedeschi “buoni”? Era possibile una diversità, o si era completamente omologati? Queste domande si intrecciano inevitabilmente con la giovane età del protagonista, trent’anni, e il dover compiere scelte che coinvolgono la vita e la morte. E quindi si approfondisce la riflessione sul binomio onore-tradimento allorché un tedesco si unisce a una banda partigiana. Riusciamo a sentire la volontà di cambiamento da una parte, e la diffidenza iniziale dall’altra, quella italiana che poi accoglierà il disertore tedesco, che infine diventerà un compagno, un fratello. La scelta narrativa dell’autore, che coniuga gli eventistorici approfonditi da una nutrita base di fonti a situazioni di vita personale, pone enfasi sull’umanità senza tralasciare il rigore dell’investigazione scientifica. Attraverso la ricerca sulla vita di Rudolf Jacobs si apre davanti agli occhi dell’autore un mondo complesso e variegato fatto di altre centinaia di uomini, tedeschi e austriaci, che decisero di percorrere lo stesso cammino, una strada incerta, dura, tutta in salita per raggiungere i monti dei partigiani italiani così da unirsi a loro nel continuare con fermezza la resistenza all’occupante. Da una storia, in sintesi, riusciamo a capire tante altre storie, e vediamo che il fenomeno della diserzione dalle forze armate tedesche non è stato qualcosa che ha interessato un numero esiguo di soldati o ufficiali, bensì si un fenomeno per certi aspetti “di massa” che sul suolo italiano ha trovato terreno fertile in cui crescere e maturare. Greppi stesso definisce questi uomini come «un piccolo esercito senza patria e bandiera, una pagina unica nella storia d’Italia».11
E il tema della diserzione trova uno spazio preponderante all’interno del volume. Greppi parte dai pensieri dei protagonisti del suo saggio, che sono variegati e distinti, per cercare di dare una definizione di diserzione, per capire che cosa potesse significare per uomini che avevano deciso di servire la loro patria, e quale conflitto intimo potesse generare, oltre al conflitto con i propri commilitoni e con i superiori, molte volte finito con esecuzioni punitive per il reo di diserzione, ma anche come monito per gli altri a non seguire lo stesso esempio e di restare nei ranghi.
Il capitano della Kriegsmarine Jacobs fu inviato, nell’autunno 1943, presso La Spezia, nel corpo di ingegneria della Marina da Guerra, dove gli era stato affidato il comando di una batteria d’artiglieria che, situata tra Punta Bianca e Bocca di Magra, era in grado di controllare la costa sino a Viareggio. Come racconta Greppi, Rudolf si adoperò per sequestrare alimenti al mercato nero per ridistribuirli gratuitamente alla popolazione civile. Nel 1943 un evento tragico lo sconvolse: la sua città in Germania venne bombardata, e perse ogni contatto con la sua famiglia, non sapendo più se sua moglie e i suoi figli fossero ancora in vita. Di sentimenti democratici e umanitari, Jacobs iniziò presto a riflettere sul cammino da intraprendere nel territorio occupato, così nel settembre 1944, con il suo attendente sulla cui identità ancora oggi si dibatte, abbandonò la sua base e si unì ai partigiani della Brigata Garibaldi “Ugo Muccini”, con la quale combatté per i due mesi successivi. In più occasioni si distinse per il suo coraggio e per le sue doti strategiche, ma l’azione per cui è più ricordato è quella che lo ha visto al comando di una pattuglia internazionale di partigiani italiani e stranieri, tra cui il suo attendente, che attaccò un hotel a Sarzana (il “Laurina”), usato come caserma dai fascisti delle Brigate Nere locali.
Il fenomeno della diserzione dei soldati tedeschi interessò tutta l’Europa. Si arriva a supporre che il suo numero oscilli intorno ai 100.000 uomini12. In Italia, il primo a parlare dei soldati tedeschi che hanno abbandonato i ranghi per unirsi alla Resistenza è stato Roberto Battaglia, che ha posto l’attenzione sulla partecipazione significativa di partigiani stranieri, singoli o in gruppo, all’interno del movimento resistenziale italiano:
il passaggio di tedeschi nelle file del movimento di resistenza italiano non si è limitato a singoli casi ma ha raggiunto dimensioni considerevoli […] ed è chiaramente dimostrata in tutte le zone del Nord Italia, senza eccezione, la presenza di tedeschi nelle principali bande partigiane e nei luoghi degli scontri più duri13.
Anche la memorialistica conferma la presenza di tedeschi in molte formazioni partigiane. Si trovano infatti testimonianze anche in Toscana, Umbria, Trentino, Friuli, Lombardia, ma molti di loro sono rimasti senza nome, caduti o passati per le armi nel corso dei combattimenti.
Tuttavia, resta molto difficile stimare il numero di disertori tedeschi nelle fila dei partigiani italiani. Dal 1943 al 1945 l’esercito tedesco schierava in quel momento dai 10 ai 12 milioni di uomini in Europa. Assumendo quindi il dato ufficiale di 100.000 disertori tedeschi, si tratta grosso modo dell’1%. In Italia in quel momento erano schierate 26 divisioni14, circa 330.000 soldati, se vale la regola dell’1% parliamo di almeno 3.000 persone, di cui una parte si rese disponibile a combattere con i partigiani italiani. Si parla, quindi, di un numero significativo. Tra le maggiori unità combattenti si può ricordare il Freies Deutschland Bataillon – composto da disertori tedeschi, austriaci, cecoslovacchi – che operò assieme ai garibaldini delle divisioni Carnia e Val But a ridosso del confine con l’Austria, in Alto Adige e nel Bellunese. Un altro esempio di presenza di disertori tedeschi in Italia è fornito da un rapporto della polizia segreta tedesca che segnala, a Civitella, in provincia di Arezzo, nel luglio 1944, la diserzione di ben 721 soldati tedeschi. Probabilmente il motivo fu la strage degli abitanti del luogo di pochi giorni prima (244 vittime).
L’autore dimostra una perizia certosina nello svolgimento delle sue ricerche, e altresì ci mostra la sua apertura al dialogo, la sua disponibilità ad imparare dagli altri e a seguire le piste consigliate. La metodologia storica è messa così a disposizione di tutti. Riusciamo a vedere lo storico nel pieno del suo lavoro e lo riusciamo ad apprezzare proprio perché lo stile di scrittura dell’autore è romanzesco. Greppi espone i contenuti con il rigore della ricerca scientifica, ma allo stesso tempo in modo chiaro e semplice da poter essere accolto da un pubblico vasto, fatto non solo di esperti.
Non mancano colpi di scena e momenti di alto significato umano ed emotivo, che ci fanno apprezzare ancora di più la storia vista non solo come date e luoghi, ma come persone che vivono, amano, lottano, prima di tutto con sé stesse e poi anche con o contro gli altri. D’altronde, come sosteneva Marc Bloch, la storia è lo studio delle azioni degli uomini nel tempo15, e lo storico non è altro che un orco che ne segue l’odore, le tracce che lascia16.
Carlo Greppi è riuscito a seguire queste tracce, non semplici da trovare, grazie anche alla collaborazione con altri studiosi e centri di ricerca, cosa che ha permesso di aggiungere tasselli nuovi alla comprensione di una problematica studiata da tempo. Il contributo di questa ricerca alla storiografia sull’argomento viene riscontrato dall’analisi di maggiori testimonianze che il corso del tempo ha fatto riaffiorare. La vaghezza di molte fonti si può immaginare dovuta alla segretezza imposta dalle circostanze, al riserbo dei sopravvissuti tornati in Germania. La vicenda di Jacobs e del suo attendente diventa la storia su cui posare diversi problemi storiografici: il dissenso all’interno delle forze tedesche, la resistenza tedesca, ma anche la resistenza come concetto transnazionale.
La diserzione, che parte da un contesto quantitativo, non resta solamente una questione numerica, bensì viene inserita nel più ampio contesto della guerra dei trent’anni del Novecento. Il dissenso di soldati e ufficiali tedeschi viene fatto emergere da questa categoria, che unisce la Prima e la Seconda guerra mondiale, il totalitarismo e le sue facce razziste e violente. L’autore guarda alle esperienze umane, che in questo caso vengono prima dell’identità nazionale. Si tratta di un apporto interessante al filone di storia culturale, che permette di ripensare alcune categorie, di riformulare domande sul processo di costruzione di una memoria pubblica.
Il saggio di Carlo Greppi è altamente consigliato a chiunque voglia conoscere più in profondità la storia dell’Italia durante l’ultima guerra mondiale; a coloro che non si accontentano di una manichea distinzione tra bene e male; a tutti quelli che vogliono andare al di là di mere opinioni e che desiderano essere rassicurati da fonti certe analizzate da un ricercatore esperto che le ha sapute verificare e ce le ha trasmesse per diffondere e spezzare una catena di fake news e di approssimazioni.
Notas
1 GREPPI, Carlo, L’ultimo treno. Racconti del viaggio verso il lager, Roma, Donzelli, 2012.
2 GREPPI, Carlo, La nostra Shoah. Italiani, stermino, memoria, Milano, Feltrinelli, 2015; ID., Uomini in grigio. Storia di gente comune nell’Italia della guerra civile, Milano, Feltrinelli, 2016; ID., 25 aprile 1945, Roma-Bari, Laterza 2018; ID., La storia ci salverà. Una dichiarazione d’amore, Torino, Utet, 2020; ID., L’antifascismo non serve più a niente, Roma-Roma, Laterza, 2020.
3 GREPPI, Carlo, Non restare indietro, Milano, Feltrinelli, 2016.
4 URL: ˂ https://www.deina.it/˃ [consultato il 2 maggio 2022].
5 Di cattivi tedeschi e di bravi italiani in un’ottica stereotipica ne parla accuratamente Filippo Focardi, Cfr. FOCARDI, Filippo, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, RomaBari, Laterza, 2016.
6 GENTILE, Carlo, I crimini di guerra tedeschi in Italia 1943-1945, Torino, Einaudi, 2015.
7 PELI, Santo, Storia della Resistenza in Italia, Torino, Einaudi, 2015; ID., La resistenza in Italia: storia e critica, Torino, Einaudi, 2004.
8 PAVONE, Claudio, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1991.
9 REVELLI, Nuto, Il disperso di Marburg, Torino, Einaudi, 1994.
10 FACCINI, Luigi, Rudolf Jacobs, l’uomo che nacque morendo, Ippogrifo Liguria, Italia, 2011, 96’.
11 GREPPI, Carlo, Il buon tedesco, Roma-Bari, Laterza, 2021, quarta di copertina.
12 WETTE, Wolfram, VOGEL, Detlef, Das letzte tabu, Bonn, Aufbau, 2007.
13 BATTAGLIA, Roberto, «Deutsche partisanen in der italienischen Widerstandsbewegung», in Internationale Hefte der Widerstandsbewegung (IHW), 2/1960, pp. 73-82.
14 CHIODO, Marco Picone, In nome della resa. L’Italia nella seconda guerra mondiale (1940-1945), Milano, Mursia, 1990.
15 BLOCH, Marc, Apologia della storia o mestiere di storico, Torino, Einaudi, 2009.
16 Ibidem.
Resenhista
Gabriele Tedeschini – Nel 2020 ha conseguito la laurea magistrale in Storia dal Medioevo all’Età Contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le sue ricerche vertono sulla storia contemporanea dell’America Latina, in particolare dell’Argentina, durante il periodo del cosiddetto Proceso de Reorganización Nacional. È autore del saggio La dittatura militare argentina dal 1975 al 1983 (Guardiagrele, Eurografica, 2014). Nel febbraio 2020 ha partecipato alla Student Conference “Di cosa parliamo quando parliamo di storia. Riflessioni e prospettive storiografiche”, tenutasi a Pavia, in cui ha presentato il suo lavoro di tesi magistrale sull’influenza dell’azione psicologica della dittatura argentina (1976-83) sugli operai ferroviari dello stabilimento di Remedios de Escalada. Nell’agosto 2021 è stato relatore, presso il 1° GNC di Münster, con una presentazione sul quadro generale europeo e del Medio oriente negli anni Ottanta e sulla strategia NATO durante Guerra Fredda. Dal 15 febbraio 2021 al 21 ottobre dello stesso anno è stato consulente storico presso il Quartier Generale delle Potenze Alleate in Europa. URL: http://www.studistorici.com/progett/autori/#Tedeschini
Referências desta Resenha
GREPPI, Carlo. Il buon tedesco. Roma-Bari: Laterza, 2021. Resenha de: TEDESCHINI, Gabriele. Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, v.50, n.2, p.72-79, 2022. Acessar publicação original [DR]