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Haiti. Storia di una rivoluzione | Jeremy D. Popkin

Nel corso della sua lunga carriera Jeremy D. Popkin – professore di storia della University of Kentucky – si è a lungo occupato della storia intellettuale e delle rivoluzioni francese e haitiana1. Haiti, storia di una rivoluzione è la traduzione italiana di A Concise History of the Haitian Revolution2, che si è rapidamente imposto come un classico.

C’è una visione storiografica che sostiene che la rivoluzione haitiana – ossia l’insieme degli eventi occorsi nella colonia francese dal 1791 al 1804 – debba essere messa sullo stesso piano di quelle francese e americana, individuando un’unità fra le vicende di quegli anni e l’esito finale; quest’ultimo dovrebbe essere considerato come la realizzazione di un programma portato avanti sin dall’inizio. Non è questa la prospettiva di Popkin, che rigetta questa lettura distinguendo fra gli obiettivi profondamente differenti dei movimenti e dei gruppi rivoluzionari attivi sull’isola. Manca un manifesto politico (la rivolta venne portata avanti perlopiù da schiavi illetterati) e il principale leader, François-Dominique Touissant Louverture non può essere in alcun modo paragonato alla moderna figura di rivoluzionario: si oppose, ad esempio, al primo decreto di emancipazione del 1793. Popkin individua come caratteristica essenziale della Rivoluzione haitiana la presa di posizione contro la schiavitù e la discriminazione razziale: fu grazie a queste peculiarità che divenne la più radicale delle insurrezioni rivoluzionarie contro la dominazione europea. All’epoca in cui scattò la rivoluzione, Saint-Domingue era la colonia più fiorente al mondo e il maggiore fra i mercati di schiavi.

Un primo problema a cui bisogna fare fronte, rileva l’autore, è quello delle fonti, quasi tutte ostili perché scritte da bianchi contrari alla rivoluzione. Studiare la storia haitiana dell’epoca comporta inoltre la necessità di sollevare alcune «questioni scomode»: in particolare il ruolo di Napoleone Bonaparte e il mancato riconoscimento – per più di un sessantennio – dell’indipendenza haitiana da parte degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, tuttavia, il «silenziamento» intorno a queste questioni di cui parlava lo storico haitiano-americano MichelRolph Trouillot3 imposto alla Rivoluzione haitiana non è più tale.

Nel primo capitolo Popkin ricostruisce la vicenda di Haiti a partire dal suo popolamento. Fu il rapido sfruttamento dell’isola (alle iniziali coltivazioni di canna da zucchero si aggiunsero quelle di caffè, indaco e, infine, cotone) a determinare la composizione etnica haitiana: il numero di schiavi provenienti dall’Africa aumentò esponenzialmente nel corso del XVIII secolo. «La SaintDomingue del XVIII secolo era un classico esempio di quella che gli storici chiamano una “società schiavista”, ossia un tipo di società in cui l’istituzione della schiavitù è centrale in ogni aspetto della vita»4. Ma, giova ricordarlo, profondamente stratificata al suo interno: gli schiavi potevano essere creoles (neri nati e vissuti sempre ad Haiti) o bossales (neri provenienti dall’Africa); tra gli uomini liberi vi erano poi i ricchi possidenti terrieri bianchi, ma anche gli schiavi liberati. Tra questi vi era anche Touissant Louverture, entrato a far parte della «classe intermedia»5 della società coloniale isolana.

Proprio queste condizioni particolari, l’estrema varietà delle condizioni etniche e sociali crearono le premesse per l’insurrezioni che si succedettero tra il 1791 e il 1793 e di cui l’autore tratta nel secondo capitolo. Se l’isola, come sostiene Baldacchino, è una sineddoche la cui comprensione aiuta a «“fare i conti” con globalità più complesse»6 , l’analisi delle interazioni fra centro e periferia e fra i diversi gruppi sociali presenti sull’isola ci aiuta a fare luce su un contesto estremamente sfaccettato, molto spesso soggetto a semplificazioni di comodo. Haiti è uno specchio del mondo atlantico a cavallo fra XVIII e XIX secolo, ma costituisce al contempo un unicum per via di alcune caratteristiche che Popkin si perita di mettere in luce.

Fu durante il periodo immediatamente successivo (1793-1798) – trattato nel terzo capitolo – che emerse Touissant Louverture, destinato a segnare con la sua presenza la storia di questo Stato insulare, tanto in termini pratici quanto attraverso la capacità di evocare un immaginario collettivo. Con la sua figura, come ha osservato Sabine Manigat, si affermarono le caratteristiche dello Stato louverturiano, che sono successivamente divenute la cifra distintiva di Haiti; tra queste una di quelle più rilevanti – individuata anche da Popkin – è di avere fatto dell’esercito un’istituzione predominante7.

Nel capitolo quarto l’autore si sofferma poi sulla lotta per l’indipendenza di Saint-Domingue, culminata nella rottura tra Touissant Louverture e la Francia. Le doti dell’haitiano e le sue capacità politiche, emerse nella capacità di stringere alleanze a seconda delle convenienze del momento, tanto in patria quanto con le autorità provenienti da Parigi. Se alcune osservazioni sulla Corsica, proposte sottoforma di paragone, appaiono non pienamente condivisibili – «[…] quest’isola del Mediterraneo, acquisita dalla Francia solo un anno prima della sua nascita [di Napoleone] (1769) […] veniva considerata praticamente come una colonia. Non di rado i francesi si facevano beffe dei corsi dicendo che erano mezzi africani […]» – risulta di grande interesse il confronto fra Touissant Louverture e Napoleone Bonaparte che viene operato nel capitolo quinto: due figure, comandanti militari isolani con grandi doti di governo, emerse nell’alveo della Repubblica, ma con idee radicalmente divergenti sul futuro di Saint-Domingue. Di particolare interesse è anche l’analisi della dichiarazione di indipendenza di Haiti – la cui stampa originale venne rinvenuta nel 2010 da Julia Gaffield8 – che ci propone Popkin: la carta fu firmata da JeanJacques Dessalines, il successore di Touissant Louverture, che nel frattempo era stato arrestato, deportato in Francia e che lì sarebbe morto in prigione. Dessalines diede vita a uno Stato militarizzato e «[…] pur non essendo propriamente un modello di democrazia, la Haiti di Dessalines operò una rottura radicale nella storia delle Americhe»9 , culminata nella creazione di uno Stato indipendente guidato da neri.

Il sesto capitolo è dedicato al consolidamento di Haiti nello spazio caraibico nel periodo immediatamente successivo all’epoca rivoluzionaria. Qui viene analizzato il processo di trasfigurazione di uomini ed eventi occorso nella storia haitiana: Dessalines pur essendo divenuto profondamente impopolare per la sua condotta dispotica (morì in un imboscata e il suo corpo venne fatto a pezzi) assurse a simbolo della «liberazione dei neri e dell’autodeterminazione nazionale»10 incarnando appieno lo spirito della rivoluzione. Uomini ed eventi furono impiegati per modellare un immaginario funzionale allo sviluppo successivo dello Stato caraibico. Come del resto sottolinea l’autore nelle pagine conclusive di questo capitolo, l’esperienza haitiana costituì un punto di riferimento – e al contempo uno spauracchio – per le società europea e statunitense11.

L’epilogo di questo volume traccia un quadro del significato storico della rivoluzione nell’Haiti attuale. Il fatto che l’unica rivoluzione di schiavi a essere coronata dal successo sia stata quella haitiana ha creato un vasto immaginario, ma, come ricorda Popkin,

è altresì un sobrio richiamo per quanti pensano che la civiltà europea e occidentale rappresenti l’unica fonte degli ideali moderni di libertà e uguaglianza. I leader rivoluzionari statunitensi e francesi che formularono in maniera così feconda tali ideali furono pronti a battersi fino alla morte per mantenere la schiavitù dei neri nel mondo atlantico12.

Un richiamo che segnala la necessità di insegnare nelle scuole la Rivoluzione haitiana – come ricordava Valentina Peguero13 – assieme a quelle americana e francese: ciascuna con caratteristiche proprie e ben distinte, ma ugualmente importanti per la comprensione del fenomeno nella sua globalità.

Notas

1 Tra i suoi libri: POPKIN, Jeremy D., From Herodotus to H-Net: The Story of Historiography, New York – Oxford, Oxford University Press, 2020; ID., La Presse de la Revolution, Paris, Odile Jacob, 2011; ID., You Are All Free: The Haitian Revolution and the Abolition of Slavery, New York, Cambridge University Press, 2010; ID., Facing Racial Revolution: Eyewitness Accounts of the Haitian Revolution, Chicago, University of Chicago Press, 2007; ID., History, Historians and Autobiography, Chicago, University of Chicago Press, 2005; ID., Press, Revolution, and Social Identities in France, 1830-1835, University Park (Pa.), Penn State University Press, 2002; ID., A Short History of the French Revolution, Hoboken (NJ), Prentice Hall, 1995; ID., Revolutionary News: The Press in France, 1789-1799, Durham, Duke University Press, 1990; ID., News and Politics in the Age of Revolution: Jean Luzac’s ‘Gazette de Leyde’, Ithaca (NY), Cornell University Press, 1989; ID., The Right-Wing Press in France, 1792-1800, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1980. È recentemente uscito nella versione italiana il suo: ID., Un nuovo mondo inizia. La storia della Rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 2021 [ed. orig.: A New World Begins: The History of the French Revolution, New York, Basic Books, 2019].

2 ID., A Concise History of the Haitian Revolution, Hoboken (NJ), John Wiley & Sons, 2012.

3 TROUILLOT, Michel-Rolph, Silencing the Past: Power and Production of History, Boston, Beacon Press, 1995.

4 POPKIN, Jeremy D., Haiti. Storia di una rivoluzione, Torino, Einaudi, 2020, p. 19.

5 Ibidem, p. 94.

6 BALDACCHINO, Godfrey, Studiando il nostro mondo di isole. Fondamenti, storie, prospettive, in SEDDA, Franciscu (a cura di), Isole. Un arcipelago semiotico, Roma, Meltemi, 2019, pp. 223-255, p. 233.

7 POPKIN, Jeremy D., Haiti. Storia di una rivoluzione, cit., p. 133.

8 Sul tema, cfr.: GAFFIELD, Julia (ed.), The Haitian Declaration of Independence: Creation, Context, and Legacy, Charlottesville, University of Virginia Press, 2016.

9 Ibidem, p. 183.

10 Ibidem, p. 192.

11 Ibidem, p. 212-214.

12 Ibidem, p. 223.

13 PEGUERO, Valentina, «Teaching the Haitian Revolution: Its Place in Western and Modern World History», in The History Teacher, 32, 1/1998, pp. 33-41.


Resenhista

Deborah Paci – Docente a contratto presso le università di Modena e Reggio Emilia e dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. È autrice di Corsica fatal, Malta baluardo di romanità. L’irredentismo fascista nel Mare nostrum (1922- 1942) (Firenze, Le Monnier, 2015) e L’arcipelago della pace (Milano, Unicopli, 2017). Recentemente ha curato il volume La storia in digitale. Teorie e metodologie (Milano, Unicopli, 2019).


Referências desta Resenha

POPKIN, Jeremy D. Haiti. Storia di una rivoluzione. Torino: Einaudi, 2020. Resenha de: PACI, Deborah. Diacronie- Studi di Storia Contemporanea, v.48, n. 4, p. 70-75, dic. 2021. Acessar publicação original [DR]

 

Itamar Freitas

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