GINSBORG, Paul. Famiglia Novecento. Vita familiare, rivoluzione e dittature 1900-1950. Torino: Einaudi, 2013. 678p. Resenha de: PERILLO, Ernesto. Il Bollettino di Clio, n.13, p.120-123, lug., 2020.
La famiglia esiste? La ricerca storica (e non solo) aiuta a dare una risposta: si incarica di dirci se la famiglia sia sempre esistita, come si sia formata, come si sia trasformata nel tempo e nelle diverse società.
Nei libri di storia generale, e non parlo solo dei manuali scolastici, la famiglia non c’è. Un po’ come, se è lecito il paragone, le donne e il genere (con cui peraltro la famiglia condivide ampi legami). Solo qualche rapida descrizio ne in alcuni momenti e periodi, senza che sia possibile per studentesse e studenti comprendere la dimensione storica della famiglia, le connessioni e le interdipend enze con i contesti sociali, economici, culturali, le trasformazioni nel tempo, le cesure essenziali, le lunghe durate di ruoli, relazioni, funzioni. La famiglia è un presupposto, si dà per scontata.
Ma nulla è più importante, lo sappiamo, che mettere in discussione i presupposti implic iti che reggono le nostre idee e i nostri pensieri. Le nostre visioni del mondo e della sua storia. Il libro di Paul Ginsborg aiuta a colmare questo vuoto.
Il progetto originario era quello di analizzare il tema della famiglia lungo tutto il Novecento, con uno spartiacque collocato dopo la fine del secondo conflitto mondia le, quando la sconfitta delle dittature e dei fascismi inaugurò anche per la famiglia una nuova epoca. La quantità di materia le accumulato e la ricchezza dei temi hanno orientato l’autore a prendere un’altra decisione: la pubblicazione di un volume relativo alla prima metà del secolo scorso. Un secondo libro avrebbe poi raccontato il seguito della storia fino agli ultimi anni del Novecento.
Un progetto ambizioso, dunque, importante e innovativo: tematizzare la famiglia non solo come oggetto dell’indagine storica ma come soggetto di questo racconto, scritto assumendo quel punto di vista.
La scelta nasce da lontano. Nel 1993, facendo un bilancio della storia della famiglia in età contemporanea (cfr. Famiglia, società civile e stato nella storia contemporanea: alcune considerazioni metodologiche, in “Meridiana”, 1997, n.17, pp. 179-208), Ginsborg denunciava già il sostanziale silenzio della storiografia sulla connessione tra famiglia e politica.
«C’è il rischio, dunque, che la storia della famiglia venga rinchiusa in un ghetto metodologico, in parte per sua stessa colpa, che rimanga uno «studio di area» invece di una parte essenziale di ogni ragionamento storiografico che tenti di legare le istituzio ni sociali, tra le quali la famiglia deve essere considerata la più importante, alle istituzio ni dello stato. La marginalizzazione della dimensione politica nella storia della famiglia comporta la marginalizzazione della famiglia dalla grande storia.» (p.180).
E nel suo libro L’Italia del tempo presente (Einaudi, 1998) il sottotitolo Famiglia, società civile, Stato evidenzia la volontà di assicurare alla famiglia un’attenzione specifica. In questo volume la connessione tra famiglia e storia politica è al centro, occupa tutta la scena.
La necessità è quella di non separare la storia della famiglia dalla storia politica, o la storia sociale da entrambe, ma di cercare come priorità metodologica la relazione tra di esse. E di raccontare, dunque, la storia del Novecento attraverso la lente della vita familiare per rileggere quel periodo.
Da qui, l’attenzione non solo alla politica per la famiglia (le diverse iniziative degli Stati in questo ambito), ma soprattutto alla politica della famiglia, tramite le molteplici e variegate interconnessioni tra individui, famiglia, società civile, Stato. Un rovesciamento di prospettiva che non solo mette in evidenza l’istituzio ne famiglia, ma modifica, arricchendolo, il significato di storia politica.
Il tempo, lo abbiamo detto, è quello della prima metà del Novecento. Sullo sfondo la grande guerra, le rivoluzioni, il primo dopoguerra e l’affermazione dei regimi dittatoriali. Anni di profonde trasformazio ni che l’autore attraversa esaminando in chiave comparativa la storia della famiglia in vari Stati-Nazione: la Russia, prima e dopo la rivoluzione sovietica; la Turchia, dall’Impe ro Ottomano alla Repubblica kemalista; l’Italia fascista; la Spagna prima e durante il regime franchista; la Germania, dalla Repubblica di Weimar al nazionalsocialismo; l’Unio ne sovietica staliniana. A ciascuno di questi stati è dedicato un capitolo (un centinaio di pagine circa) del libro.
Tre sono gli elementi metodologicame nte interessanti del volume di Ginsborg. Il primo è dato dalla pluralità dei temi messi in campo, delle angolature e delle tessere utilizzate per ricostruire il mosaico della famiglia: l’uso originale delle biografie di personaggi esemplari (Alexandra Kollontaj per la Russia rivoluzionaria, la scrittrice nazionalista Halide Edib per la Turchia del primo Novecento, Il futurista Filippo Marinetti per l’Italia fascista, la femminista Margarita Nelken per la Spagna e per la Germania Joseph Goebbels come modello archetipico della famiglia nazista); la ricostruzione della vita delle famiglie comuni, con particolare attenzione a quelle contadine e operaie; la focalizzazione sulle diseguaglianze di genere e le lotte delle femministe; il controllo spesso violento e repressivo della grandi dittature verso le famiglie e allo stesso tempo i sogni e le proposte rivoluzionarie e utopiche maturate in quegli anni; la legislazione e i codici che ne hanno definito ruoli, regole, diritti e doveri e le teorie politic he che ne hanno tentato letture e interpretazio ni complessive.
Con questa tavolozza l’autore disegna il suo racconto che procede ricostruendo ampi quadri descrittivi degli Stati esaminati, all’interno dei quali si possono cogliere la ricchezza e la complessità dell’universo familiare e il ruolo della famiglia come istituzione politica e civile, non riducibile alla sola dimensio ne privata.
La chiave comparativa è l’altra importante ossatura del libro: la prima metà del Novecento è un’epoca di grandi e radicali trasformazio ni che sconvolgono l’assetto geopolitico dell’Europa, le strutture economiche, le società e anche le mentalità collettive. Rivoluzioni e dittature sono messe a confronto con la vita familiare.
Si scoprono analogie: ad esempio il predominio della struttura patriarcale, tratto largamente dominante e trasversale ai differenti contesti; il sostegno, la difesa e la regolamentazione della famiglia riconosciuta dai diversi regimi assieme alla repressione di massa di determinate categorie di famiglie, su base etnica, razziale, nazionale, di classe, religiosa o politica, al là dei contenuti ideologici differenti che li caratterizzano; il ruolo della società civile che fu sostanzialmente soffocata dall’oppressione dei diversi regimi che eliminarono qualsiasi forma di pluralismo, dall’Impero ottomano, alla Russia rivoluzionaria, alla stessa esperienza degli anarchici spagnoli.
E anche significative differenze: per esempio comparando l’effettivo potere sulle famiglie è possibile allineare i diversi regimi lungo un continuum che va dal relativo lassismo di Mussolini in Italia al più alto controllo del nazisti che adottano una politica eugenetica contro i membri più deboli della loro stessa comunità nazionale. O relativamente ai rapporti di genere e al ripensamento stesso della vita familia re, particolarmente significativa è stata l’esperienza rivoluzionaria russa che si distingue per la lotta al patriarcato e i diversi tentativi di emancipazione femminile. Le proposte di Alexandra Kollontaj, unica donna a far parte del Consiglio dei commissari del popolo guidato da Lenin, di una grande società famiglia nella quale si superasse definitivamente il modello della famiglia, fallirono ma decisive e importanti furono le ricadute di quella riflessione sui codici di famiglia che ne derivarono così come fu essenziale l’aver affermato il ruolo centrale dei rapporti sessuali e sentimentali nella lotta per la liberazione.
Ma, mentre in Russia dopo la rivoluzione la famiglia borghese era da superare e abbattere, nella Turchia di Mustafa Kemal rappresentava una prospettiva rivoluzionaria: “applicare nel 1926 il Codice civile svizzero a una società prevalentemente rurale e musulmana fu un atto straordinario di rivoluzione dall’alto” (p. 614) Un ruolo particolare fu quello della Chiesa cattolica che di fronte alle dittature “non difese la vita familiare in sé, ma piuttosto la civiltà cattolica” (p.620). L’integralismo di Pio XI e Pio XII era più preoccupato di affermare il primato dell’ ecclesia che i valori del pluralismo, della libertà e della democrazia.
C’è inoltre un altro aspetto che qualifica questo libro di storia: i documenti iconogra fic i e la rappresentazione visuale della famiglia. Le complessive 135 illustrazioni ne sono parte integrante, fornendo ulteriori chiavi di lettura del tema assieme ai dipinti di alcuni grandi artisti della prima metà del Novecento – Archile Gorky, Pablo Picasso, Mario Sironi, Max Beckman, Kazimir Malevic e altri ancora – le cui opere sono presentate in 18 tavole fuori testo.
L’appendice statistica sugli aspetti demografici della storia della famiglia in chiave comparativa, curata dall’autore insieme a Giambattista Salinari, tematizza tre aspetti: la transizione demografica, le catastrofi demografiche e le politiche eugenetiche.
Nelle considerazioni finali, P. Ginsborg tirando le fila del suo lungo percorso di analisi mette in discussione la categoria di totalitarismo con cui tradizionalmente si legge la prima metà del secolo scorso: la storia delle famiglie mostra anche zone di antagonismo, certamente minoritarie e marginali, che però sono tracce di un ruolo che l’istituzio ne famiglia seppe agire pur di fronte a un potere dittatoriale e “totalitario”. Lo spazio privato della casa è stato anche il luogo di reti di solidarietà, di comportamenti e codici di opposizione e di resistenza. È la storia di Victor Klemperer, uno dei 198 ebrei rimasti a Dresda nel febbraio del 1945 (erano 1265 alla fine del 1941), il quale, grazie all’aiuto della moglie Eva Schlemmer, sopravvisse anche ai bombardamenti alleati della città: si strappa la stella gialla di David dal cappotto e con documenti falsi fugge verso la Baviera e la salvezza. O di Pepa López « madre cattolica e borghese che riuscì a salvare la sua famiglia dalle “orde rosse” a Malaga nel luglio 1936, travestendosi da venditrice di frutta e verdura (…)». (p. 612).
Non c’è solo una relazione diretta tra individui atomizzati e stato totalitario, in grado di controllare comportamenti, pensieri e azioni: se prendiamo in considerazione anche la famiglia e le storie delle famiglie il quadro si modifica e obbliga a valutazioni più articolate e complesse.
Il ruolo interpretato dalle famiglie nel nuovo contesto democratico che si affermerà dopo il 1945 sarà poi del tutto diverso. Ma questa, come si dice, è un’altra storia. Ancora da raccontare.
Ernesto Perillo Acessar publicação original
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