Posts com a Tag ‘Político’
Da Trieste all’Europa. Manlio Cecovini politico/massone/scrittore | Luca Manenti
Curato da Luca G. Manenti, direttore scientifico della rivista «Qualestoria», il volume raccoglie gli atti del convegno organizzato il 5 giugno 2021 dal “Centro Studi Scipio Slataper” di Trieste. Obiettivo dell’incontro è mettere a fuoco e ricondurre ad unità analitica la poliedrica figura di Manlio Cecovini (1914-2010), avvocato, reduce di guerra, massone, romanziere, rotariano, membro fondatore della Lista per Trieste (popolarmente detta Il Melone), sindaco della città giuliana (1978-1983) e parlamentare europeo. Leia Mais
Un letrado en busca de un Estado. Trayectoria jurídicopolítica de Pedro José Agrelo (1776-1846) | Ariel Eiris
En las últimas décadas el campo historiográfico vivenció un renovado interés por las biografías. Fruto de ello fueron, por ejemplo, la serie de publicaciones efectuadas por reconocidos historiadores e historiadoras sobre figuras de la talla de Mariquita Sánchez, Bernardino Rivadavia, José de San Martín, Juan Manuel de Rosas, etc. En dicha línea se incorpora Un letrado en busca de un Estado. Trayectoria jurídico-política de Pedro José Agrelo (1776-1846) de Ariel Eiris. Leia Mais
Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale | Maria Luisa di Felice (R)
Maria Luisa di Felice | Foto: FG |
Maria Luisa Di Felice, ricercatrice universitaria in Storia contemporanea presso la Facoltà di Studi umanistici dell’Università di Cagliari, oltre ad avere all’attivo una vastissima produzione scientifica e un percorso formativo e professionale in lettere e archivistica, dal 2009 è responsabile scientifico del progetto di ricerca su «Renzo Laconi, il politico e l’intellettuale. Studio e valorizzazione del pensiero e dell’opera». Un progetto di ricerca che ha realizzato l’obiettivo di recuperare, riordinare e inventariare l’archivio privato di Laconi, portando alla luce la rilevanza nazionale del suo contributo intellettuale e politico negli anni di attività all’Assemblea Costituente e alla Camera dei Deputati. Nel corso di tali ricerche, Di Felice ha pubblicato alcune prime monografie: Renzo Laconi. Per la Costituzione. Scritti e discorsi (2010) e Renzo Laconi, la formazione intellettuale e politica. Dagli anni giovanili alla nascita della Repubblica (2011) [1]. Il volume edito nel 2019 da Carocci – articolato in quindici capitoli e 685 pagine – «ha assorbito in sé anche i due precedenti» [2] e rappresenta l’ultima tappa di un lavoro biografico monumentale, corredato da fotografie e disegni realizzati dallo stesso Laconi, a coronamento di una esaustiva biografia intellettuale e politica sull’esponente comunista sardo. La messa a disposizione dell’archivio privato di Laconi e della sua biblioteca[3] ha contribuito in maniera determinante alla realizzazione dello studio. In particolare, il suo archivio personale – conservato presso la Fondazione Gramsci di Roma – rappresenta un’eredità politica e culturale ricchissima, con i suoi oltre cento Quaderni, definiti come un autentico «archivio nell’archivio». Laconi infatti aveva l’abitudine di annotare le proprie riflessioni, organizzandone in maniera sistematica la conservazione. Tra le fonti complementari si annoverano i fondi non ancora sufficientemente esplorati, come quelli del Gruppo parlamentare del Pci e del Consiglio regionale della Sardegna, accanto ad altri più noti (ad esempio: le carte della Direzione del Pci e dell’Archivio storico della Camera dei deputati). Il volume concretizza l’obiettivo di integrare le diverse opere parziali pubblicate nel corso degli anni [4], fornendo un quadro d’insieme, una visione organica di una biografia intellettuale e politica. I primi capitoli sono dedicati all’infanzia di Laconi a Sant’Antioco (CA), agli anni giovanili e universitari vissuti a Cagliari, dove si laurea in filosofia; al periodo in cui è insegnante a Firenze, all’adesione al Pci nel 1942 e all’esperienza come caporale nell’esercito dal 1943. Il libro si sofferma sul periodo di intenso impegno politico per la ricostruzione del Partito comunista nell’isola, all’indomani della caduta del fascismo: sul ruolo di segretario di federazione a Sassari e sulla partecipazione ai lavori della Consulta regionale sarda. L’opera sottolinea con precisione come il percorso di Laconi sia marcato al contempo dalla scelta di Gramsci come maestro, come guida intellettuale e umana [5], e dalla spiccata sintonia politica con la linea togliattiana. Eletto appena trentunenne all’Assemblea costituente (incarico per cui, nonostante la sua attenzione e sensibilità al movimento dei minatori del Sulcis-Iglesiente [6], lascia la fascia di Sindaco di Carbonia a Renato Mistroni), Laconi partecipa alla Commissione dei 75 nonché ai lavori del comitato di redazione, detto «dei 18», che materialmente ha il compito di tradurre le discussioni, svolte nell’Assemblea e nelle tre sottocommissioni, in puntuali enunciati normativi. Tale esperienza – sottolinea a giusto titolo Di Felice – rappresenta «la chiave di volta del suo percorso politico e intellettuale» [7]. Laconi contribuisce in maniera significativa e originale all’elaborazione della Costituzione italiana, facendosi portatore di idee innovative sul regionalismo e sulle tematiche autonomistiche, rivelatesi anticipatrici anche rispetto alla cultura politica del proprio partito. Dopo l’invito rivolto nell’aprile 1945 da Palmiro Togliatti ai «compagni sardi […] a comprendere che non devono avere nessuna paura di essere loro gli autonomisti, perché l’autonomia è una rivendicazione democratica rispondente agli interessi del popolo sardo» [8], Laconi è tra i pochi comunisti insulari a raccogliere l’esortazione del segretario nazionale, nonostante la posizione ferma e indifferente del Pci isolano. La linea autonomista del Pci diventa netta in seguito all’estromissione dei comunisti dalla coalizione di governo nazionale: nel 1947, sostiene Sircana, il partito diventa «paladino del decentramento regionale, considerandolo un fattore di equilibrio democratico perché avrebbe assicurato all’opposizione la possibilità di accesso alla direzione politica di ampie zone dell’Italia» [9]. La svolta in Sardegna è sancita dal II Convegno regionale dei quadri, tenutosi a Cagliari il 25 e 26 aprile 1947, in presenza del segretario Togliatti. È in questa fase che all’Assemblea costituente Laconi sostiene l’«apertura verso l’ordinamento regionale, purché non di tipo federale né omogeneo su tutto il territorio nazionale; differenziazioni tra le regioni; ostilità verso la frammentazione della potestà legislativa; ampia autonomia a Sardegna, Sicilia e regioni di confine con potestà legislativa primaria su alcune materie, escludendo in primo luogo quelle che avrebbero potuto essere oggetto di riforme strutturali; potestà legislativa più circoscritta alle altre regioni; assemblee regionali costituite nel rispetto della piena sovranità popolare […] contributo dello Stato allo sviluppo del Mezzogiorno attraverso la pianificazione economica» [1]0. Su quest’ultimo punto, a partire dal «Congresso del popolo sardo» nel maggio 1950, Laconi e i comunisti insulari si batteranno costantemente al fine di ottenere l’approvazione del «Piano di Rinascita economica e sociale della Sardegna», previsto dall’articolo 13 dello Statuto regionale, che avverrà soltanto nel 1962.
Per comprendere la rilevanza innovatrice del contributo di Togliatti e di Laconi al regionalismo e all’autonomismo sardo del Partito comunista – problematica alla quale l’opera di Maria Luisa Di Felice fornisce un contributo essenziale – può risultare utile la comparazione con la federazione còrsa del Partito comunista francese [11]. Nell’isola, situata a pochi chilometri a nord della Gallura, la distanza sul tema dell’autonomia è notevole (d’altronde, mentre lo statuto della Regione autonoma della Sardegna viene approvato nel 1948, bisognerà attendere il 1982 per il primo Statut particulier della Corsica). All’epoca della svolta autonomista del Pci sardo, la federazione comunista còrsa è manifestamente centralista e giacobina. L’organizzazione partitica ha raggiunto il suo apice, dopo essersi rafforzata esponenzialmente proprio negli anni della clandestinità e della resistenza, combattendo le pretese irredentiste e l’occupazione fascista dal novembre 1942 al settembre 1943. Tuttavia il Pcf còrso, rispetto alle federazioni del continente, presenta dei caratteri di originalità: l’isola viene definita una «piccola patria» all’interno della «grande patria» francese e, secondo la lettura storica dei comunisti insulari, il popolo còrso – mai sottomesso né all’invasione pisana, né a quella genovese e nemmeno alla Francia monarchica – con la rivoluzione del 1789 ha scelto di propria iniziativa di diventare repubblicano e francese.
Chiusa la breve parentesi comparativa, occorre ricordare che, in seguito all’approvazione della Costituzione italiana, Renzo Laconi si divide tra l’impegno di deputato (carica che ricopre senza interruzioni dalla I alla IV legislatura) e gli incarichi regionali. La sua attività politica è intensa e allo stesso tempo tormentata, segnata dall’aspra dialettica con Velio Spano, rivoluzionario di professione durante la clandestinità e segretario regionale del Pci nel decennio 1947-1957 [12]. Nel mese di dicembre del 1957 Laconi gli succede alla carica di segretario e resterà alla guida del Comitato regionale sardo fino al novembre 1963, periodo ampiamente documentato e descritto nei capitoli conclusivi della biografia. Laconi scompare prematuramente a Catania all’età di 51 anni, nel 1967.
Con un lavoro imponente, curato e approfondito, Maria Luisa Di Felice mette a disposizione degli studiosi quest’opera che rappresenta il «degno traguardo di numerosi anni di studio»13. La lettura non sempre è agevole, il testo a tratti risulta fin troppo scrupoloso, con dettagli e precisazioni talvolta evitabili. Ma complessivamente si tratta di un libro indispensabile non solo per la conoscenza biografica di Laconi, ma anche per approfondire la storia politica della Sardegna e del Pci sardo, nonché la questione del regionalismo e dell’autonomismo che ha profondamente marcato la storia insulare e nazionale.
Notas
1. LACONI, Renzo, Per la Costituzione. Scritti e discorsi, a cura di Maria Luisa DI FELICE, Roma, Carocci, 2010; DI FELICE, Maria Luisa, Renzo Laconi, la formazione intellettuale e politica. Dagli anni giovanili alla nascita della Repubblica, Roma, Carocci, 2011.
2. DI FELICE, Maria Luisa, Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale, Roma, Carocci, 2019, p. 17.
3. LAI, Gianna (a cura di), La biblioteca di Renzo Laconi, Cagliari, Cuec, 2020.
4. LACONI, Renzo, Parlamento e Costituzione, a cura di Enrico BERLINGUER, Gerardo CHIAROMONTE, Roma, Ed. Riuniti, 1969; LACONI, Renzo, La Sardegna di ieri e di oggi. Scritti e discorsi sulla Sardegna, 1945-1967, a cura e con introduzione di Umberto CARDIA, Cagliari, Edes, 1988; SCANO, Pier Sandro, PODDA, Giuseppe (a cura di), Renzo Laconi, Un’idea di Sardegna, Cagliari, Aipsa, 1998.
5. DI FELICE, Maria Luisa, «Il Gramsci di Renzo Laconi», in Studi e ricerche, I, 2008, pp. 213-228.
6. DI FELICE, Maria Luisa, «Fare politica: Renzo Laconi, i minatori e la lezione di Gramsci», in Le Carte e la Storia, 1/2015, pp. 99-116.
7. DI FELICE, Maria Luisa, Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale, cit., p. 15.
8. Ibidem, p. 97.
9. SIRCANA, Giuseppe, s.v. «Renzo Laconi», in Dizionario biografico degli italiani, vol. 63, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana 2004.
10. DI FELICE, Maria Luisa, Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale, cit., p. 159.
11. Sul tema: DI STEFANO, Lorenzo, Le Pcf en Corse et le Pci en Sardaigne, 1920-1991: implantation militante, histoire électorale, identité insulaire, tesi di dottorato (in corso di redazione dal settembre 2018), UMR CNRS 6240 LISA, Università di Corsica.
12. Sul confronto fra Spano e Laconi: MATTEI, Sebastian, «Autonomia e rinascita. Velio Spano e Renzo Laconi nella Sardegna del secondo dopoguerra», in Studi storici, LIX, 2/2018, pp. 493-523. Su Spano: MATTONE, Antonello, Velio Spano. Vita di un rivoluzionario di professione, Cagliari, Della Torre, 1978; HÖBEL, Alexander, «Velio Spano», in Dizionario biografico degli italiani, Vol. 93, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2018; nonché il libro di memorie: GALLICO SPANO, Nadia, Mabrùk: ricordi di un’inguaribile ottimista, Cagliari, AM&D, 2005.
13. MINNUCCI, Virginia, «Recensione a DI FELICE, Maria Luisa, Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale», in Archivio storico italiano, 2020, pp. 666-667.
Lorenzo DI STEFANO (1989) È dottorando in Storia contemporanea presso l’Università di Corsica “Pasquale Paoli” con una tesi intitolata Le Pcf en Corse et le Pci en Sardaigne, 1920-1991: implantation militante, histoire électorale, identité insulaire. È stato operatore di servizio civile presso la Fondazione Gramsci di Roma, dove si è occupato della catalogazione del fondo librario di Paolo Spriano. Nel 2016 ha conseguito con lode la laurea magistrale in Scienze politiche presso l’Università degli studi di Teramo.
DI FELICE, Maria Luisa. Renzo Laconi. Una biografia politica e intellettuale. Roma: Carocci, 2019, 685p. Resenha de: DI STEFANO, Lorenzo. Diacronie – Studi di Storia Contemporanea, v.45, n.1, mar. 2021. Acessar publicação original [IF].
A Trajetória Política de Francisco Heráclito do Rego | Márcio Ananias Ferreira Vilela
Fruto da pesquisa para alcançar o grau de mestre em História pela Universidade Federal de Pernambuco, orientado pelo professor Dr. Antônio Torres Montenegro, Márcio Vilela nos apresenta um interessante trabalho, em escrita leve, sem o pedantismo que quase caracteriza as produções acadêmicas, a respeito de um dos últimos coronéis que atuaram e marcaram, durante bastante tempo, a vida social e política do Brasil e, com maior longevidade no Nordeste. O livro nos entregue dividido em seis partes, sendo as duas últimas dedicadas à bibliografia e aos anexos. A primeira parte, formada por dois capítulos encarregados de nos atualizar sobre as bases teóricas utilizadas na análise dos documentos e depoimentos recolhidos, mas, principalmente para nos oferecer uma recensão crítica dos estudos clássicos sobre o coronelismo no Brasil como os de Victor Nunes Leal [1] , Raymundo Faoro [2] , Maria Isaura de Queiroz [3] , mas detendo-se com maior cuidado nos casos de Pernambuco, Sergipe e Ceará, estudos por Marcos Venicios Vilaça/ Roberto Cavalcanti [4] , Iberê Dantas [5] , Maria Auxiliadora Lamenhe [6] , além de um estudo mais acurado sobre o Mandonismo, seguindo as trilhas abertas por José Murilo Carvalho.[7]
A segunda parte, composta de cinco capítulos dedica-se a desvelar o Mecanismo de construção de um líder político. Mas, quando lemos o escrito, vemos que nosso autor nos leva também ao processo de manutenção dessa liderança, que veio a esbarrar no processo modernizador da modernidade da qual ela é parte.
Francisco Heráclito do Rego, referendado popularmente como Chico Heráclito, foi uma força política que se firmou após os anos de 1930 na região Agreste de Pernambuco, na senda do Partido Social Democrático, fundado após a ditadura do Estado Novo, encabeçada por Getúlio Vargas e, em Pernambuco, capitaneada pelo sertanejo Agamenon Magalhães. Analfabeto, Francisco Heráclito soube usar as nuances da literatura, manejando a mão de Antônio Vilaça, pai de Marcos Venicios Vilaça [8], para comunicar-se com os alfabetizados e os analfabetos que viviam nas cidades e povoados que cresceram sob a sua proteção e cuidado.
Cinco capítulos formam a segunda parte deste estudo e eles estão voltados para nos auxiliar a entender como se forjou e se construiu uma liderança política, ora apelando para o encontro direto e pessoal com os agentes social, ora usando indisfarçadamente a produção literária, nos jornais, em boletins, em cordéis lidos e proclamados nas feiras livres da região e nas praças do Recife, onde também tinha eleitores que voltavam a cada eleição para sufragar aqueles indicados pelo Senhor das Varjadas. Márcio Vilela nos apresenta aspectos interessantes como a utilização do patriarca, João Heráclito do Rego, morto em 1934, que evitou uma participação politica ostensiva, cabendo essa atividade ao seu filho, que teria sido ungido, ainda no seio materno, (p 109ss) para liderar a família e a região. Aqui uma observação. Márcio Vilela, que nos recorda que a escolha do nome, Francisco, homenagem ao Santo de Assis, celebrado um dia antes do nascimento, a cinco de outubro – que há uma indicação de que ele nasceu para servir aos pobres.
Mas ainda há outro estranhamento, de que nos dias seguintes ao nascimento de Francisco Heráclito, seu pai já está a postos, no roçado e não obedecendo ao ritual de dedicar os dias seguintes ao nascimento do herdeiro em comemorações, o que, na região denomina-se „cachimbo‟. …quebrava uma tradição muito comum e de algumas regiões do Brasil serem os primeiros cinco dias após o nascimento de uma criança reservado às comemorações do ao acontecido. Na nota 32, nosso autor lembra que o cachimbo é uma bebida composta de cachaça, água e mel. Lembra ainda que esta bebida é apreciada após o nascimento. Aqui, creio que uma visita à tradição europeia que enaltece São Francisco de Assis e o esforço para colocar esse coronel na sua tradição, uma tradição de civilização, educação e própria da formação tradicional e culturalmente dominante, há outra preocupação: a de afastar o nascituro, futuro líder político da organização e modernização da cidade do Limoeiro das tradições indígenas.
Sabemos da prática da couvade entre nossos antepassados indígenas e, nela o repouso pós-parto era próprio para o pai da criança que, dessa forma, anunciava socialmente a paternidade social da criança. A bebida com mel é ofertada, ainda hoje nos cultos da Jurema Sagrada, religião de cunho e raízes profundamente brasileiras, mas que à época era praticada por poucos, e nas matas, distante dos olhares dos civilizados. Esses acontecimentos – o pai trabalhando no dia seguinte ao nascimento do filho e não utilização do cachimbo, é o esforço de afastar aquela família dos “caboclos do mato”, dos índios que naquele período eram conceituados bem negativamente. Assim São muitos os cuidados no processo de criação de um mito ou liderança.
A terceira parte do livro nos remete às práticas deste e de outros coronéis que atuaram no período da chamada Democracia Liberal, entre os anos de 1945 e 1964. São cinco capítulos, dois deles dedicados a analisar a situação econômica, social e política de Limoeiro e o lugar que o líder ocupa naquele momento da vida local e nacional e dois capítulos dedicados a compreender como agia este líder para manter seu prestígio e respeito social, as suas práticas diárias, o seu comportamento no período eleitoral e sua reação àqueles que não seguiram as suas ordenações e ordenamentos. E essa era uma situação nova, a prática democrática começava a por em dívida o poder de mando. É um período de ruptura com outros agentes da cúpula do PSD, e por isso é o início de um novo tempo, que não está na preocupação de Márcio Vilela, mas que ele tangencia, sem chamar a atenção necessária, que o processo de formação de novos coronéis, novos senhores dos votos que assimilam algumas práticas e introduzirão novas.
Nas eleições de 1954, pensando em sentar-se na cadeira presidencial, Etelvino Lins faz emergir a candidatura do General Cordeiro de Farias, em uma aliança que envolve o PSD, o PL, PRT, PSP e dissidentes udenistas. Dizia Etelvino que era uma chapa para unir Pernambuco, como lembrado por Cordeiro de Farias, em depoimento ao CPDOC, e provocou a divisão do PSD que apoio Neto Campelo, com outros partidos, entre eles o PST. Neste partido estava Miguel Arraes de Alencar que, mais tarde veio a ser eleito governador de Pernambuco apoiado por essa dissidência do PSD, uma aliança com os coronéis. Embora não fosse esse o objetivo da dissertação de Marcio Vilela, teria sido interessante uma nota de pé de página no sentido de apontar como as relações políticas e pessoais orientam os caminhos dos homens na história.
Notas
1. LEAL, Victor Nunes. Coronelismo, Enxada e Voto: o município e o regime representativo no Brasil. Riod e Janeiro Nova Fronteira, 1997.
2. FAORO, Raymundo. Os donos do Poder. São Paulo: Globo, 2001.
3. QUEIROZ, Maria Isaura Pereira de. O Mandonismo local na vida política brasileira e outros ensaios. São Paulo: Alfa-Omega, 1976.
4. VILAÇA, Marcos Venicios; ALBUQUERQUE, Roberto Cavalcanti de.
5. DANTAS, Iberê. Coronelismo e dominação. Aracaju: Universidade Federal de Sergipe, PROEX/CECAC/ PROGRAMA EDITORAL,1987.
6. LEMENHE, Maria Auxiliadora. Família Tradição e Poder: o (caso) dos coronéis. São Paulo, ANNALUBE/Edições, 1995. Coronel, coronéis: apogeu e declínio dos coronéis no Nordeste. Riod e Janeiro: Bertrand Brasil, 2003.
7. CARVALHO, José Murilo de. Pontos e Bordados: escritos de história e política. Belo Horizonte: Editora da UFMG, 1998.
8. O poeta é hoje membro da Academia Brasileira de Letras.
Severino Vicente da Silva – Doutor em História pela Universidade Federal de Pernambuco. Atualmente é professor associado do Departamento de História da Universidade Federal de Pernambuco. E-mail: severino.vicente@gmail.com
VILELA, Márcio Ananias Ferreira. A Trajetória Política de Francisco Heráclito do Rego. Recife: Editora Universitária da UFPE, 2014. Resenha de: SILVA, Severino Vicente da. Um Coronel em revista. CLIO – Revista de pesquisa histórica. Recife, v.35, n.1, p.302-305, jan./jun. 2017. Acessar publicação original [DR]
A transfiguração do político: a tribalização do mundo | Michel Maffesoli
Na obra A transfiguração do político: a tribalização do mundo, Michel Maffesoli se propõe a demonstrar que passou o tempo da política, a qual por não estar mais capacitada para enfrentar os desafios do momento, tornou-se objeto de desconfiança geral. A política perdeu a força de atração porque as pessoas não querem mais adiar o gozo, numa espera messiânica do paraíso celeste ou da ação urdida para um amanhã que canta, ou outras formas de sociedades futuras reformadas, revolucionadas ou mudadas. Somente o presente vivido aqui e agora com outros importa.
O autor nos diz que, ao longo da História humana, sempre existiu uma força imaterial, imaginal que deu sustentação ao político. Há sempre na origem de qualquer coletividade uma idéia fundadora: mito, história racional, fato legendário, pouco importa, tal idéia serve de substrato à dominação legítima do Estado. O político é uma instância, que, na sua acepção mais forte, determina a vida social, limita-a, constrange-a e permite-lhe existir. Se referindo à servidão voluntária, o autor afirma que existe uma curiosa pulsão que força a submissão a outro, a aceitar chefes, um efeito de estrutura ou lei natural inexorável que incita a dobrar a espinha e a aceitar de alguém ou alguns a lei: o bem, o verdadeiro, o desejável e o contrário disso tudo. Quando reina absoluto (o que nem sempre acontece), a coerção é a marca do político. Qualquer que seja o nome com o qual se condecora, o detentor do poder cristaliza a energia interna da comunidade, mobiliza a força imaginal que a constitui como tal e assegura o bom equilíbrio entre esta e o meio circundante, tanto social quanto natural. Portanto, todo poder, que tem sua origem legitimada por uma espécie de contrato, de consentimento, pode até mesmo impor a coerção, mas se trata aí, paradoxalmente, de coerção consentida. Para que a coerção política possa funcionar, deve-se aceitar a evidência de sua autoridade moral, deve-se, de certa maneira, ter fé nela. Ou seja, qualquer imposição repousa sobre uma forma de aceitação. Um regime político sobreviverá enquanto corresponder às aspirações da base. Leia Mais