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I sommersi e i salvati – LEVI (Nv)
Primo Levi con la scrittrice Francesca Sanvitale in occasione di un’edizione del Premio Streg. Foto dii sconosciuto – http://www.corriere.it/
LEVI, Primo. I sommersi e i salvati. 2015. Resenha de: MENGONI, Martina. Isommersi e i salvati. Prima edizione scolastica commentata dell’opera di Primo Levi. Resenha de: MENGONI, Martina; MORI, Roberta. Novecento.org – Didattica dela storia in rete, 25 giu. 2019.
ANALISI LETTERARIA E MEDIAZIONE DIDATTICA
Obiettivo principale del lavoro di editing è stato la ricerca di risposte didatticamente soddisfacenti alle molte esigenze poste da una materia delicata e complessa come quella affrontata da Levi: come aiutare gli studenti a comprendere tutti i riferimenti presenti nel testo senza appesantire la pagina con note troppo estese? Come favorire una lettura attiva e partecipe? Come stimolare la riflessione sui concetti-chiave? Infine, e soprattutto: come far capire ai ragazzi che I sommersi e i salvati non è un testo “imbalsamato”, ma è capace di interrogare senza sosta il lettore, mettere in scena davanti ai suoi occhi contraddizioni insolubili, scandagliare con lucidità gli anfratti più dolorosi della storia del Novecento senza consegnare verità apodittiche?
Nel concepire la fisionomia generale del volume e il commento al testo, preziosi suggerimenti indiretti sono venuti dalle scelte compiute dall’autore in occasione dell’edizione scolastica del 1973 di Se questo è un uomo[1], curata dallo stesso Primo Levi e accolta nella collana einaudiana “Letture per la scuola media”. In quel frangente, lo scrittore aveva messo a punto, oltre alle note, una serie di strumenti allo scopo di rendere l’opera pienamente accessibile al pubblico degli studenti delle scuole medie: una Prefazione ai giovani; due carte geografiche che mostravano rispettivamente la disposizione dei campi di concentramento nei territori occupati dalla Germania e l’insieme dei sottocampi presenti nella regione di Auschwitz; una bibliografia essenziale nella quale erano consigliate opere di carattere generale sul nazionalsocialismo e sulla persecuzione degli ebrei, insieme a documenti e testimonianze. In un’Appendice ̶ aggiunta all’edizione scolastica nel 1976 ̶ Levi aveva raccolto le domande più frequenti che gli venivano rivolte dagli studenti durante gli incontri nelle scuole, formulando per ciascuna risposte che ancora oggi costituiscono una indicazione di metodo per quanti vogliano accostarsi alla didattica della Shoah.
L’ESEMPIO DI PRIMO LEVI: LE NOTE
Le note curate da Levi per l’edizione scolastica di Se questo è un uomo possono essere raggruppate in cinque diverse tipologie: note di traduzione delle espressioni in lingue straniere; note di spiegazione di termini tecnici desunti da lessici specialistici (medico, militare, scientifico, letterario, filosofico etc.) e dal gergo del campo; note storiche e geografiche; note che illustrano il funzionamento del Lager; note di auto-commento delle scelte lessicali e dei riferimenti intertestuali. Il programma di storia delle scuole medie degli anni Settanta si fermava alla prima guerra mondiale; l’apparato di note, la prefazione, la bibliografia dovevano quindi fornire ai giovani lettori sintetiche quanto indispensabili informazioni sulla geografia e sulla storia europee tra il 1918 e il 1945 aiutandoli nel contempo a comprendere le condizioni di vita all’interno di un Lager nazista.
L’EDIZIONE SCOLASTICA DE I SOMMERSI E I SALVATI
LE NOTE
Possono essere sussunte sotto sei diverse tipologie, alcune delle quali ricalcano quelle dell’edizione scolastica di Se questo è un uomo:
- note di traduzione dei termini stranieri;
- note di spiegazione di termini desunti da linguaggi specialistici e di vocaboli di derivazione colta e letteraria, oggi di uso raro (ad esempio “scherani”, “turpi”, “mendaci”, etc.);
- note storiche che coprono un arco cronologico che si estende dalla Prima Guerra Mondiale fino agli anni Ottanta del Novecento;
- note storico-biografiche che ricostruiscono nei tratti salienti la biografia dei tanti personaggi storici citati;
- note di spiegazione delle citazioni esplicite riconducibili alla cultura classica, ai testi biblici e alle fonti letterarie;
- note che chiariscono i diversi riferimenti culturali (libri, film, opere d’arte) cui l’autore ricorre per supportare alcuni passaggi argomentativi e per mettere in luce ulteriori sfaccettature del discorso.
Non sono state aggiunte al testo note di tipo critico-interpretativo per non sovrapporre la voce delle curatrici alla voce dello scrittore, e per non limitare le capacità interpretative degli studenti incanalandole in un’unica direzione.
L’INTRODUZIONE
Intende offrire agli studenti un resoconto accessibile delle ultime ricerche sulla genesi, la struttura, gli stili e l’impianto retorico de I sommersi e i salvati. L’ultimo libro di Levi è innanzitutto ricondotto alla sua prima gestazione, negli anni Sessanta, quando l’autore intratteneva uno rapporto vivo e diretto con i suoi lettori tedeschi. Al contempo, il libro non avrebbe visto la luce senza il dialogo ininterrotto con gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori: “Sono stato in più di centotrenta scuole” scrive Levi nel 1979. Gli studenti sono dunque il destinatario ideale de I sommersi e i salvati; l’ultimo e forse il più importante lascito analitico di Primo Levi è per loro, ed è questa la chiave per comprendere le scelte retoriche e argomentative del libro: un testo che fonde l’impianto saggistico con l’andamento narrativo, ricco di “figure” memorabili e insieme inesauribili, che rilanciano gli interrogativi filosofici, morali e storici posti dall’autore; un libro dal carattere socratico, concepito come un tentativo di ripristinare la complessità di una vicenda storica, sociale, culturale: “una segnaletica di problemi”, come lo ha definito la storica Anna Bravo.
LA BIOGRAFIA E L’APPENDICE DI APPROFONDIMENTO
Abbiamo inoltre assunto l’idea, già presente nella curatela di Levi, che per aiutare il pubblico scolastico a orientarsi nella storia dello sterminio non sia sufficiente annotare tutti i termini che richiedono un supplemento di spiegazione, ma siano indispensabili supporti specifici: per questa ragione, oltre all’introduzione e all’apparato didattico, il volume comprende una sintetica biografia di Levi ed è completato da un’appendice di approfondimento sui campi di concentramento e di sterminio. Nell’appendice è stata inserita una delle due carte geografiche comparse nell’edizione scolastica del 1973 di Se questo è un uomo, nella quale appaiono evidenziati i Lager citati ne I sommersi e i salvati.
GLI ESERCIZI SUL TESTO
Agli esercizi presenti nel volume è affidata la funzione interpretativo-critica, non assolta da specifiche note al testo. Suddivisi per capitoli, sono pensati per mettere a fuoco i nodi fondamentali dell’argomentazione di ciascun tema, per proporre possibilità interpretative grazie alla giustapposizione con altri testi della tradizione letteraria e filosofica e per stimolare su di essi una riflessione attiva sotto forma di analisi lessicale e stilistica, di rielaborazione dei contenuti, di confronto intertestuale.
L’ANALISI LINGUISTICA
Gli esercizi di analisi testuale mirano ad ampliare il bagaglio linguistico degli studenti attraverso la riflessione sulle scelte dell’autore e l’approfondimento dei lessici specialistici; sul versante stilistico sono proposte soprattutto analisi di figure retoriche notevoli (similitudini, metafore, ossimori etc.) grazie alle quali è possibile pervenire a una comprensione piena delle stratificazioni semantiche presenti nel testo. Tra gli esercizi linguistici ne segnaliamo uno relativo al capitolo Comunicare, che promuove una riflessione sul fenomeno della “violenza fatta al linguaggio” nella Germania hitleriana e in particolare sul Lagerjargon, il gergo degradato parlato nei campi al quale il filologo ebreo Victor Klemperer dedicò pagine imprescindibili nel suo studio sulla lingua del Terzo Reich intitolato LTI (Lingua Tertii Imperi)[2]. Si richiede agli studenti di fare un piccolo “esperimento Klemperer” usando come libro-serbatoio I sommersi e i salvati e di costruire un glossario dei termini del Lagerjargon che potrà poi essere ampliato prendendo in esame anche altri testi, ad esempio Arcipelago Gulag[3] o lo stesso libro di Klemperer.
LA RICERCA STORICA
Alcuni esercizi comportano invece da parte degli studenti lo svolgimento di una vera e propria attività di ricerca storica. È questo il caso di un esercizio del capitolo La memoria dell’offesa in cui si propone di stilare una lista delle testimonianze scritte dai carnefici nazisti, distinguendo fra quelle pubblicate prima del 1986 e quelle pubblicate successivamente, e di due esercizi riferiti rispettivamente ai capitoli Intellettuale ad Auschwitz e Lettere di tedeschi. Il primo suggerisce di compiere una breve ricerca su tre intellettuali che, in misura diversa e con diversi gradi di colpa, si resero complici del Terzo Reich, quali Martin Heidegger, Johannes Stark e Micheal von Faulhaber; nel secondo si chiede di ricostruire la biografia di Albert Speer, “l’architetto di Hitler”. Quando possibile, negli esercizi si consiglia di far seguire all’attività di ricerca, individuale o di gruppo, un momento di restituzione condivisa e di discussione in classe, affinché il confronto fra pari consolidi e fissi le conoscenze acquisite e alleni alla discussione.
CONFRONTI E COLLEGAMENTI
La storia del Novecento non è l’unico ambito a cui approdano le consegne degli esercizi: infatti l’apertura interdisciplinare de I sommersi e i salvati permette di spaziare fra saperi diversi e di stabilire collegamenti per nulla scontati fra ambiti apparentemente lontani fra loro. Un gruppo di esercizi disseminati nei sette capitoli dell’opera mette in contatto I sommersi e i salvati con testi di altri autori o con opere diverse dello stesso Levi; gli accostamenti interessano generi ed epoche differenti: ad esempio la riflessione sull’uomo come animale gregario nel capitolo La zona grigia offre il pretesto per un confronto con le nozioni di animale sociale, gregario e monadico contenute nella Politica di Aristotele[4], mentre in un esercizio riferito al capitolo Stereotipi il fulcro dell’attenzione si sposta sul rapporto fra reduci e racconto del passato attraverso l’analisi delle figure di Ulisse nell’Odissea e di Francesca da Rimini nella Divina commedia.
LA RIFLESSIONE SUL PRESENTE
Nello stesso capitolo è presente una proposta di attività in classe il cui obiettivo è quello di avvicinare le questioni dibattute nel libro al presente degli studenti. Si richiede infatti di compilare un elenco di domande che si vorrebbero rivolgere a Levi oggi e poi di discuterne in classe. In seguito i ragazzi sono invitati a leggere l’Appendice all’edizione scolastica di Se questo è un uomo del 1976 e a confrontare le domande formulate da loro e quelle poste dagli studenti degli anni Sessanta e Settanta. L’esame comparato delle due liste di domande consente di mettere a fuoco i tratti salienti della diversa ricezione degli stessi contenuti da parte di generazioni di lettori differenti e al tempo stesso di studiare, per mezzo di un esempio concreto, l’evoluzione delle forme culturali che determinano sia le modalità di lettura e di rielaborazione individuale sia l’approccio didattico ai testi, trasmesso dai docenti.
IL FASCICOLO PER L’INSEGNANTE
Al volume annotato de I sommersi e i salvati si accompagna un fascicolo omaggio riservato agli insegnanti. Il fascicolo si compone di tre sezioni: 1) una serie di percorsi di apprendimento cooperativo, cinque in tutto, su alcuni temi chiave del libro; 2) undici percorsi di analisi guidata di testi di Primo Levi, sul modello delle prove di tipologia A e B dell’esame di stato; 3) una ricognizione bibliografica e sitografica sulla figura di Primo Levi, sulla storia della Resistenza e della deportazione e sulla didattica della Shoah.
L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO
Nella prima sezione sono proposti cinque percorsi di apprendimento cooperativo aventi ciascuno un tema che prende spunto da un capitolo de I sommersi e i salvati: tre sono incentrati sulla memoria, in tre differenti accezioni (memoria biologica, memoria collettiva, metafore della memoria); uno è dedicato alla zona grigia; l’altro allo stereotipo del prigioniero. Si è pensato a un lavoro a gruppi improntato su ricerca, azione e restituzione, da svolgersi direttamente sui testi, sulle immagini, sui video. I testi scelti spaziano dalla tradizione letteraria (Montale, Borges, Shakespeare, Dostoevskij), filosofica (Platone, Cicerone, Agostino, Bergson, Freud, Arendt), scientifica (Alexander Lurija) e storico-memorialistica (Massimo Mila, Luciana Nissim) con incursioni nel fumetto (Maus di Art Spiegelman, ma anche le vignette di prigionia di Ernesto Rossi) e nell’arte figurativa (il memoriale di Berlino, le Stolpensteine). Si propone anche la visione e la discussione di film e serie tv (Prison Break, Black Mirror[5]) per riflettere sull’uso, stereotipato o originale, di alcuni dei temi scelti. I cinque percorsi si propongono come altrettanti itinerari interpretativi, costruiti però dagli studenti attraverso un rapporto attivo con il materiale testuale e audiovisivo.
Ciascun percorso è scandito in tre fasi: nella prima, la classe fruisce di un testo o di un video collettivamente; nella seconda fase, gli studenti sono divisi in gruppi, e ad ognuno è affidato un testo o un’immagine (o serie di immagini) da analizzare e approfondire. Nella fase finale, ciascun gruppo restituisce alla classe il proprio approfondimento, per innescare una discussione complessiva sul tema.
L’obiettivo è quello di far reagire alcuni brani di Levi – tratti dai Sommersi, ma anche da altre sue opere meno battute – con alcuni dei testi e degli autori più importanti della tradizione, ma anche di ibridarli con nuovi linguaggi contemporanei.
I CAPITOLI, I TEMI, I CONFRONTI
Il percorso dedicato alla zona grigia, ad esempio, assegna a sei gruppi di studenti sei temi presenti nell’omonimo capitolo de I sommersi e i salvati (l’isolamento e la mancanza di solidarietà, il contagio del male, la vicenda di Chaim Rumkowski, il decano del ghetto di Łódź, il giudizio morale sulla condotta dell’individuo, il male burocratico, il potere vicario) e li sviluppa arricchendo il punto di vista su di essi attraverso il confronto con voci provenienti dalla filosofia, dalla storia, dalla tradizione letteraria, dal fumetto. Gli studenti che si occupano della riflessione sull’isolamento e la mancanza di solidarietà approfondiscono un brano de Le origini del totalitarismo[6] di Hannah Arendt; il gruppo che affronta il discorso sul privilegio in Lager basa il suo ragionamento sugli input provenienti da una vignetta tratta da Maus[7] di Art Spiegelman e da un brano di un’intervista a Vladek Spiegelman, padre di Art; un estratto dell’intervista fatta dal regista Claude Lanzman a Benjamin Murmelstein[8], ultimo Decano del Consiglio degli Ebrei di Theresienstad, aiuta il gruppo che si occupa della figura di Chaim Rumkowski a osservare la storia del decano di Łódź da un’angolazione diversa rispetto a quella adottata da Levi; per indagare il problema del giudizio morale sulla condotta dell’individuo alcuni studenti si confrontano con la favola della vecchia e della cipollina tratta da I fratelli Karamazov[9] di Fedor Dostoevskij, a cui Levi stesso fa riferimento nel suo libro; un brano de La banalità del male[10] di Hannah Arendt pone i ragazzi faccia a faccia con il concetto del male “burocratico”, quello perpetrato dai funzionari pronti a mettere la loro firma in calce a qualsiasi provvedimento emanato dallo Stato nazista; la forza di corruzione del potere, fenomeno presente in tutte le collettività umane, è esemplificata da alcuni versi dell’opera Misura per misura di William Shakespeare citati dallo stesso Levi.
Un altro esempio utile per comprendere lo sforzo di collocare il testo leviano al crocevia di linguaggi e discipline diverse è offerto dal percorso di apprendimento cooperativo sulla figura del prigioniero, che forse più di altri si fa portatore manifesto dell’intento ambizioso che percorre l’intera edizione scolastica: gli studenti, opportunamente guidati, possono imparare attraverso la lettura delle opere di Levi a interpretare e a interrogare il presente e non soltanto il passato. Il percorso si ricollega ai contenuti del capitolo Stereotipi, in cui l’autore riflette sul fatto che, con il passare del tempo, i giovani che incontra nelle scuole non riescono più a immaginare le condizioni fisiche e psicologiche dei deportati, l’annientamento del corpo che andava di pari passo con quello del pensiero; a questa immagine di tragica impotenza, con la quale le generazioni nate negli anni Sessanta e Settanta non sanno più rapportarsi, si contrappone il mito del prigioniero che “spezza le catene”, diffuso dalla letteratura e dal cinema. Per il percorso di apprendimento cooperativo è stato affiancato a un testo tratto da Oro – (Il sistema periodico[11]) in cui Levi racconta la sua prigionia in Valle d’Aosta – un brano tratto da Ricordi della casa dei morti[12] di Luciana Nissim Momigliano sulla “morte interiore” dei prigionieri; insieme ad essi, è proposto un estratto da Le loro prigioni[13] di Massimo Mila, in cui l’intellettuale antifascista racconta – con una certa disincantata ironia – il periodo di prigionia a Regina Coeli, la difficoltà nello scrivere lettere che eludessero la censura, la noia, la lettura, le conversazioni, l’avidità di notizie sul presente. Il testo è accompagnato da una vignetta di Ernesto Rossi, che con Mila condivideva la cella in quegli anni. A questi testi si aggiunge la proposta di analizzare e commentare un film che Levi cita nel capitolo, Io sono un evaso[14] (1932), accostandolo a un altro film sullo stesso filone, uscito negli anni settanta, Fuga da Alcatraz[15] (1979), e a una serie tv recente, Prison break[16] (2005-2017). In modo diverso tutti e tre alimentano lo stereotipo del prigioniero forte e padrone di sé, che riesce a liberarsi e a fuggire, spezzando i propri vincoli. La scelta di autori come Nissim e Mila, così come della vignetta di Rossi, ha come obiettivo quello di far incontrare gli studenti con autori che probabilmente non conoscono; la proposta di Prison break, serie tv piuttosto conosciuta dagli adolescenti nati negli anni Duemila, è dettata invece dall’esigenza di creare un ponte fra contenuti eterogenei per abituare gli studenti a riconoscere non solo gli stereotipi storici, ma anche le costruzioni simboliche e i miti letterari che popolano l’immaginario contemporaneo, e a compiere un esercizio di analisi e di lettura del presente.
I PERCORSI DI ANALISI TESTUALE
I brani scelti per i percorsi di analisi del testo sono tratti da Il sistema periodico (racconti Zinco, Potassio, Nichel, Fosforo, Oro, Vanadio), da La chiave a stella, da Racconti e saggi, dalla raccolta di poesie Ad ora incerta, dall’Appendice a Se questo è un uomo. Si è voluto infatti presentare agli studenti un ritratto a tutto tondo dello scrittore, che valorizzasse le molteplici sfaccettature della sua opera e mettesse in discussione la vulgata che considera Primo Levi esclusivamente un testimone – anzi, il testimone per eccellenza – passando sotto silenzio la straordinaria ricchezza di un percorso umano e intellettuale ramificato in molte direzioni e, proprio per questo, fuori dagli schemi.
I TESTI E LA PROSPETTIVA INTERDISCIPLINARE
La maggior parte dei testi tratti da Il sistema periodico ci mostra un Levi poco più che ventenne alle prese con le amicizie, con lo studio della chimica, con le prime esperienze lavorative, con le scelte che segnarono il suo destino e quello della sua generazione, sullo sfondo dell’Italia del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale. Per il pubblico scolastico questo è, per certi versi, un Primo Levi inedito con il quale è possibile stabilire un rapporto di maggiore vicinanza e forse anche di identificazione.
Se si prova a passare brevemente in rassegna alcuni esempi fra quelli contenuti nella sezione, ci si accorge che anche nei percorsi è adottata una prospettiva interdisciplinare che fonde letteratura, storia del Novecento e storia del costume, studio del pensiero scientifico e riflessione sull’attualità. La sezione si apre con un brano del racconto Zinco in cui Levi, studente di Chimica nell’anno accademico 1938-39, dall’osservazione del comportamento della materia che ha tra le mani in laboratorio, trae alcune considerazioni sui concetti di “purezza” e di “impurezza” ricollegandoli alla propaganda antisemita dell’Italia fascista. Dopo aver svolto un’analisi guidata del brano, lo studente è invitato a sviluppare i concetti di “impurezza” e “diversità” mettendoli in relazione con le conoscenze scientifiche attuali.
Due analisi testuali hanno come fulcro il tema del lavoro, declinato da due punti di vista differenti: la riflessione sui sentimenti individuali che legano l’uomo al suo lavoro quotidiano, sollecitata dalla lettura del brano di Nichel che racconta del primo vero impiego di chimico trovato da Levi; il confronto storico fra gli antichi mestieri artigianali, assai diffusi fino alla metà del secolo scorso, e il lavoro nella società contemporanea, condotto a partire dalla figura del padre di Tino Faussone, protagonista del capitolo “Battere la lastra” de La chiave a stella.
Un altro percorso propone l’analisi della poesia Partigia, nella quale lo scrittore nel tracciare un bilancio dell’esperienza resistenziale sua e della sua generazione allarga il discorso dalla sfera storico-politica a quella esistenziale e invita quanti hanno combattuto la lotta contro il nazifascismo a tener saldi i valori che li hanno ispirati in quella stagione ormai lontana.
I due percorsi di analisi sul modello della prova d’esame di tipologia B (analisi e produzione di un testo argomentativo) hanno come oggetto due brani dell’Appendice a Se questo è un uomo. I temi portati all’attenzione degli studenti sono le radici storiche dell’antisemitismo tedesco e i motivi per cui l’opinione pubblica tedesca non “volle sapere” quanto stava accadendo nei campi di prigionia e di sterminio.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA SULLA FIGURA DI PRIMO LEVI, SULLA STORIA DELLA RESISTENZA E DELLA DEPORTAZIONE E SULLA DIDATTICA DELLA SHOAH
Nella parte dedicata a Levi si è preferito suggerire, anziché contributi critici in senso stretto, testi che offrissero un punto di vista originale sulla biografia intellettuale dell’autore e che potessero essere proposti agli studenti, come ad esempio il graphic novel Una stella tranquilla: ritratto sentimentale di Primo Levi[17], di Pietro Scarnera, e l’Album Primo Levi[18], curato dal Centro Studi Primo Levi. Oltre ai testi, sono descritti siti nei quali si trovano materiali e approfondimenti su Primo Levi, come il “Laboratorio Levi”[19] (su Raiplay), una serie di interviste rilasciate dallo scrittore ai microfoni della Rai. La sezione sulla storia della Resistenza e della deportazione elenca e descrive le risorse on line messe a disposizione dagli istituti, dagli enti e dalle associazioni, italiani e internazionali, che si occupano di questi due temi e, più in generale, di storia del Novecento. L’ultima parte della bibliografia ricostruisce per grandi linee il dibattito sulla didattica della Shoah che si è sviluppato a partire dagli anni Novanta del Novecento. Mentre nelle altre due sezioni i contributi citati sono disposti in ordine alfabetico, nell’ultima parte si è optato per un elenco in ordine cronologico per permettere ai docenti di orientarsi fra le diverse fasi del dibattito. Una riflessione preliminare sulla didattica della Shoah da parte dei docenti di Lettere e di Storia appare oggi più che mai necessaria: la bibliografia vorrebbe quindi facilitare l’acquisizione di una formazione specifica in materia, la quale va di pari passo con un incremento della consapevolezza delle implicazioni educative, cognitive e metodologiche connesse all’adozione di un determinato approccio didattico. Avere l’opportunità di vagliare l’ampia gamma di posizioni assunte dagli studiosi e le tante proposte di attività didattiche sul tema significa già, per il docente, iniziare a compiere quelle scelte che sente più congeniali rispetto alla sua sensibilità, alle sue competenze e agli obiettivi formativi, al fine di trasmettere non un semplice insieme di nozioni, bensì un bagaglio di conoscenze complesse.
Note
[1] Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi 1973, collana “Letture per la scuola media”.
[2] Victor Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo [1946], Firenze, Giuntina, 1998.
[3] Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag, 1918-1956: saggio di inchiesta narrativa [1973], Milano, Mondadori, 2013.
[4] Cfr., in particolare, Aristotele, Historia Animalium, I, 488a e Politica, I, 1253a.
[5] Black Mirror, serie TV, di Charlie Brooker, Regno Unito, 2011- in produzione, cinque stagioni.
[6] Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo [1951], Torino, Einaudi, 2004.
[7] Art Spiegelman, Maus [1972-1991], Torino, Einaudi, 2010.
[8] Claude Lanzmann, L’ultimo degli ingiusti. Intervista con Benjamin Murmelstein, ultimo Decano del Consiglio degli Ebrei di Theresienstadt, Milano, Skira, 2014
[9] Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov [1878-1880], a cura di Igor Sibaldi, voll. I-II, Milano, Mondadori, 1994.
[10] Hannah Arendt, La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme [1963], Milano, Feltrinelli, 2008.
[11] Per tutte le opere di Primo Levi citate si rimanda alle Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, voll. I-III, Torino, Einaudi, 2016-2018.
[12] Luciana Nissim Momigliano, Ricordi della casa dei morti [1946] in Ricordi della casa dei morti e altri scritti, a cura di Alessandra Chiappano, Firenze, Giuntina, 2008.
[13] Massimo Mila, Le loro prigioni. Da Regina Coeli a Ventotene, «Il Ponte», V, 3, marzo 1949; ora in Scritti civili, a cura di Alberto Cavaglion, Milano, Il Saggiatore, 2011.
[14] Io sono un evaso, film, regia di Mervyn Le Roy, USA 1932.
[15] Fuga da Alcatraz, film, regia di Don Siegel, USA 1979.
[16] Prison Break, serie TV, di Paul Scheuring, USA 2005-2017,cinque stagioni.
[17] Pietro Scarnera, Una stella tranquilla: ritratto sentimentale di Primo Levi, Bologna, Comma22, 2013.
[18] Album Primo Levi, a cura di Roberta Mori e Domenico Scarpa, Torino, Einaudi, 2017.
[19] Cfr. https://www.raiplay.it/programmi/laboratoriolevi/ (URL consultato il 18/06/2019)
Martina Mengoni e Roberta Mori
[IF]Insegnare storia: Il laboratorio storico e altre pratiche ative – MONDUCCI (Nv)
MONDUCCI, Francesco (a cura di). Insegnare storia: Il laboratorio storico e altre pratiche ative. Guida alla didattica del laboratorio storico. Resenha de: PAGANO, Enrico. Dalla parte dela Didattica ativa. Uno sguardo dentro al volume “Insegnare Storia”. MASTRETTA, Elena. Hanna non chiude mai gli occhi. Un libro per appassionare i ragazzi. Novecento.org – Didattica dela storia in rete, 29, lug.. 2019.
DALLA PARTE DELLA DIDATTICA ATTIVA
A dodici anni dalla prima e sei dalla seconda, nel 2018 è stata pubblicata la terza edizione di Insegnare storia curata da Francesco Monducci, che già aveva collaborato alla precedente con Paolo Bernardi. La novità del lavoro è annunciata dal sottotitolo, “Il laboratorio storico e altre pratiche attive” al posto di “Guida alla didattica del laboratorio storico”. L’architettura dell’opera propone una parte teorica, in continuità con le precedenti pubblicazioni, e due parti ampiamente rinnovate dedicate l’una agli strumenti e l’altra ai metodi e alle applicazioni. Il testo, come afferma il curatore nella nota introduttiva, «entra senza ritrosie nella questione del come – e dunque inevitabilmente del cosa – insegnare e partecipa attivamente al dibattito in corso, stando dalla parte di chi esprime la necessità di una didattica attiva che guardi ai contenuti come oggetti da maneggiare».
LA PARTE TEORICA
Introduzione all’insegnamento della storia e funzione del laboratorio
Fra i contributi della parte teorica troviamo il saggio di Scipione Guarracino su “Le questioni dell’insegnare storia”, che affronta temi generali (perché e come insegnare storia, le finalità politiche ed etiche, le regole del mestiere di storico, i manuali messi in discussione, la storia che vale la pena di insegnare), e quello di Aurora Delmonaco focalizzato sul “laboratorio di storia”. Le ragioni della scelta di questa pratica rimandano a istanze didattiche, pedagogiche e storiografiche di indubbia efficacia; tuttavia oggi la sua fortuna – o la sua disgrazia – dipende dall’essere posto o meno in stretta connessione con la nozione di competenza e, più nello specifico, con le competenze-chiave per la cittadinanza.
Rientra in questa sezione teorica, benché collocato all’inizio della parte dedicata a metodi e applicazioni, il saggio “La mente laboratoriale” di Ivo Mattozzi. L’autore distingue la didattica genericamente operativa, vale a dire la “suggestione del laboratorio”, dall’adozione di un progetto consapevole di didattica laboratoriale; infatti questa strategia operativa, oltre a rinnovare la formazione storica degli studenti e degli insegnanti, consente di attualizzare il principio della trasmissività del sapere, nella convinzione che si possa giungere al pensiero astratto e alla sua formalizzazione anche attraverso la pratica e il saper fare.
La didattica per competenze
Un’importante novità della parte teorica è il saggio di Mario Pinotti su “La didattica per competenze nell’insegnamento della storia”, che ricostruisce in forma essenziale la plurima stratificazione semantica del concetto di “competenze”. Pinotti propone un percorso storico che va dall’attivismo pedagogico delle origini all’influenza esercitata sulla scuola novecentesca, fino all’esame delle potenzialità che i principi educativi derivati da questa tradizione mantengono nella didattica del nuovo millennio. Secondo Pinotti, la didattica delle competenze può diventare una prassi condivisa nella scuola italiana a condizione che dimostri di garantire l’apprendimento dei saperi meglio della didattica tradizionale, non essendo sufficienti alla sua affermazione le ragioni della psicologia e della pedagogia, né i riconoscimenti istituzionali o le condizioni normative. Inoltre l’autore, riferendosi alle competenze metodologiche delle Indicazioni nazionali del 2010, presenta un’articolata scheda di valutazione delle competenze di storia, adattabile ai vari livelli di istruzione. Infine analizza le parti relative alle competenze chiave di cittadinanza, accolte nelle Indicazioni nazionali del 2012, che hanno un più stretto contatto con il sapere storiografico. Il saggio è apprezzabile anche perché fornisce, con stile e linguaggio improntati alla massima comunicatività, un quadro sintetico ma completo dei percorsi legislativi fino alla Legge 107 del 2015 e un valido contributo orientativo per la progettazione didattica.
GLI STRUMENTI
Il manuale
La sezione si apre con il saggio di Francesco Monducci intitolato “Il manuale, per una didattica attiva”, in cui si esamina l’evoluzione ipertestuale e la compatibilità del manuale di storia con le esigenze di un insegnamento innovativo e partecipato e si forniscono indicazioni generali sui criteri della scelta. Un altro paragrafo è dedicato al lavoro con il libro di testo e quello conclusivo approfondisce il tema delle estensioni digitali dei manuali e della loro effettiva utilità didattica.
Insegnare e apprendere con il web
Segue un saggio scritto a quattro mani da Chiara Massari e Igor Pizzirusso, “Insegnare storia con il web”, che si rivela particolarmente utile per la proposta di un quadro di sintesi dei più recenti sviluppi tecnologici e per un’analisi delle modalità attraverso cui il web può diventare strumento ed ambiente di apprendimento. Corroborato da una seria analisi in chiave pedagogica e didattica e da importanti indicazioni per la ricerca, la selezione critica delle informazioni e l’uso delle fonti disponibili in rete, il contributo offre inoltre al lettore un repertorio aggiornato di metodologie e strumenti disponibili per la didattica laboratoriale. Tra questi, particolare attenzione è rivolta ai webware, accessibili per realizzare linee del tempo, carte tematiche o grafici, video, giochi, mappe e presentazioni.
Le fonti, dalla storiografia alla didattica
Chiude la sezione il saggio di Ermanno Rosso, prematuramente scomparso, su “Le fonti, dalla storiografia al laboratorio di didattica”. Il contributo è riproposto integralmente dalla prima edizione, fatti salvi gli aggiornamenti bibliografici e sitografici. Al centro c’è l’idea di un insegnamento della storia che sappia tenere unite e coerenti l’informazione storica, la conoscenza e il rispetto per l’epistemologia disciplinare, senza mai prescindere dall’utilizzo delle fonti che trovano la massima valorizzazione nella pratica laboratoriale. Particolare attenzione è dedicata alla fonte storica, esaminata dal punto di vista della sua origine, del concetto e della polivalenza che la caratterizza. L’autore si concentrata sul delicato passaggio dalla storiografia alla didattica, segnalando però l’opportunità – nelle sue pratiche – di guardarsi da eccessi e ritrosie. Si sofferma quindi sulle motivazioni, la tempistica e le modalità di utilizzo delle fonti: procede illustrando modelli di uso e di analisi e proponendo schemi di classificazione, sequenze analitiche e operazioni inerenti alla ricostruzione documentata del passato. Rosso sostiene che a scuola è possibile fare anche ricerche originali e indica negli archivi scolastici una risorsa importante che può essere utile allo scopo.
I METODI E LE APPLICAZIONI
La terza e ultima parte, preceduta dal saggio di Mattozzi di cui si è già parlato, si articola in otto contributi, nell’ordine: Tre modi di fare storia nella scuola primaria (Gianluca Gabrielli); Geostoria. Studiare lo spazio e il tempo (Emanuela Garimberti); Le fonti letterarie (Eugenia Corbino); Luoghi della memoria (Maria Laura Marescalchi); Fare storia con il CLIL (Paolo Ceccoli); Fare storia con l’EsaBac e Lo studio di caso con documenti di varia tipologia (Francesco Monducci); L’Alternanza scuola-lavoro e il laboratorio storico: temi problemi, proposte (Agnese Portincasa e Filippo M. Ferrara). Nelle precedenti edizioni questa sezione era organizzata secondo criteri molto più didascalici, nel senso che venivano proposte le varie modalità laboratoriali distinte per tipologia di fonti: materiali documentari, iconografici, letterari, cinematografici, testimonianze orali e luoghi della memoria, web e nuove tecnologie, giochi didattici, ecc. L’attuale impostazione, come spiega Monducci nella nota introduttiva, è stata pensata
«per dare ragione delle nuove opportunità offerte da settori in continua evoluzione […], per fare spazio ad attività riguardanti ambiti precedentemente non coperti […], per conferire agli esempi proposti un taglio più immediatamente spendibile nella pratica scolastica quotidiana».
Diamo sinteticamente conto dei contributi di questa sezione, prendendoci la licenza di non seguire precisamente l’ordine di pubblicazione.
Fare storia nella scuola primaria
Il saggio di Gianluca Gabrielli è l’unico appositamente dedicato alle modalità di didattica della storia nella scuola elementare. L’autore propone di mettere in atto tre distinte pratiche: l’uso delle fonti per trarne indicazioni sul passato; la conoscenza storica di una tra le prime e più importanti civiltà umane (l’antico Egitto), con attenzione alle connessioni sociali dell’epoca e i loro mutamenti nel tempo; infine, un percorso di conoscenza contestualizzata storicamente su una ricorrenza del calendario civile.
Fare storia con il CLIL[1]
Nel suo articolo, dopo una disamina degli aspetti normativi, Paolo Ceccoli illustra le caratteristiche della metodologia CLIL, che prevede l’insegnamento di una materia non linguistica in lingua straniera e promuove la convergenza didattica delle due discipline, senza prevalenza dell’una sull’altra. Successivamente, dopo avere affermato che una didattica della storia CLIL non può che avere un’impostazione laboratoriale molto vicina alla didattica degli EAS, propone alcune riflessioni indispensabili per la progettazione di un modulo specifico, ossia: la scelta dei materiali, lo sviluppo di una lezione, la misurazione e la valutazione. Infine, offre due esempi dettagliati di programmazione: l’uso di fonti letterarie inglesi per lo studio della prima guerra mondiale e i processi di decolonizzazione.
Fare storia nei programmi EsaBac[2]
Il contributo di Francesco Monducci ha per oggetto il percorso triennale EsaBac che dal suo avvio, nel 2009, ad oggi ha evidenziato una crescita costante di adesioni e consensi. Tra le sue caratteristiche didattiche si distinguono il costante lavoro con le fonti, modulato dai programmi francesi, e la naturale predisposizione all’interdisciplinarità. A titolo esemplificativo, l’autore propone un dossier documentario di approfondimento dedicato al tema della religiosità e delle credenze popolari fra XI e XIV secolo, che prevede un lavoro molto simile alle attività didattiche connesse con gli studi di caso.
Lo studio di caso
In un altro articolo, lo stesso Monducci, riprendendo la codificazione proposta da Antonio Brusa, si sofferma sullo studio di caso, strumento didattico sperimentato in varie edizioni della Summer School organizzata dall’Istituto nazionale “Ferruccio Parri” e ampiamente diffuso grazie alla rivista novecento.org e al lavoro dei responsabili della didattica della rete nazionale degli istituti. Monducci propone un esempio di lavoro pensato per una classe terza di scuola secondaria di primo grado e incentrato sul tema dell’alimentazione in Italia durante la seconda guerra mondiale. L’esemplificazione didattica è arricchita dall’assegnazione agli studenti di un compito di realtà attraverso la metodologia del webquest. Una volta terminata l’attività dello studio di caso, agli studenti si dà la consegna di sviluppare una ricerca autonoma e di realizzare un prodotto, ad esempio una presentazione in power point, da illustrare in una determinata occasione. Riprendendo la formalizzazione di Dodge e March (Università di San Diego, California, 1995), l’autore esamina le varie fasi dell’attività: la motivazione, la descrizione del risultato atteso, le indicazioni di lavoro, le risorse da utilizzare, la valutazione e il bilancio conclusivo dell’esperienza.
La geostoria
Il più ponderoso capitolo della terza parte è scritto da Emanuela Garimberti ed è dedicato alla geostoria, termine che, prima della declinazione didattica, fu proprio di una nobile tradizione storiografica che ebbe inizio con gli studi di Fernand Braudel. Purtroppo, nella scuola italiana, la geostoria continua ad essere percepita come la mera conseguenza della contrazione delle ore dedicate alla storia e alla geografia. Anche per questo motivo non pare aver prodotto grandi risultati sul piano della complementarietà tra le due discipline e dell’unitarietà dell’insegnamento. Eppure, come afferma l’autrice,
«un percorso di geostoria ben costruito può riuscire a tenere insieme la contemporaneità dell’approccio geografico e la diacronia di quello storico [restituendo] la percezione dell’alterità del passato, così spesso perduta nell’appiattimento sul presente contemporaneo o, viceversa, proiettata all’indietro in un passato a-storico».
L’ambiziosa proposta didattica che correda il saggio è dedicata alla storia sociale del paesaggio storico e consiste in una serie di attività laboratoriali sui paesaggi rurali tra tarda Antichità e pieno Medioevo.
Le fonti letterarie
Eugenia Corbino pubblica un saggio dedicato all’utilizzo della narrativa come fonte storica. L’autrice ravvisa in essa “uno strumento per avvicinare gli studenti alla storia in quanto conoscenza razionale del passato, indagata secondo metodi e tecniche storiografiche”, ma a condizione di tenere separati eventi ed elementi passionali della narrazione. Gli aspetti relativi alla progettualità illustrati nel saggio sono desunti dall’offerta didattica dell’Istituto storico di Firenze e attengono a percorsi realizzati da Paolo Mencarelli e dalla stessa Corbino. Essi hanno per oggetto l’analisi del rapporto tra la Resistenza e una narrativa che scaturisce da ricostruzioni di autori che non ne sono stati protagonisti o testimoni e che, a loro volta, hanno dovuto misurarsi con la ricerca e l’interpretazione dei documenti. Tali percorsi prevedono anche un laboratorio di scrittura collettiva che parte proprio dalla lettura delle fonti.
I luoghi della memoria
Maria Laura Marescalchi, già autrice nelle due precedenti edizioni di un saggio sui luoghi della memoria e i testimoni scritto con Marzia Gigli, ritorna a riflettere con taglio innovativo su questo tema. Il saggio, sul piano del metodo, ribadisce la funzione essenziale della mediazione dell’insegnante che, sola, è in grado di evitare la sovrapposizione tra il piano storico e quello della memoria. Sul piano didattico la proposta – pensata per la scuola superiore ma, secondo l’autrice, adattabile anche alla scuola primaria – verte sulla progettazione di una visita a un luogo della memoria. Viene quindi esemplificata una visita guidata a Monte Sole, supportata dall’esplicitazione dei prerequisiti, delle finalità, degli obiettivi e delle competenze di carattere generale connessi con il noto e prolungato eccidio avvenuto tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944.
L’Alternanza scuola-lavoro e il laboratorio storico
L’ultimo saggio della terza parte, scritto da Agnese Portincasa e Filippo M. Ferrara, riguarda l’Alternanza scuola-lavoro. Il tema è controverso. Sin dalla sua introduzione ha generato difformi valutazioni sulla sua opportunità formativa, originate in buona parte dalla tradizionale difficoltà di comunicazione fra scuola e mondo del lavoro. Aldilà delle questioni divisive di fondo, gli autori si pongono la domanda se e in che modo il modello del laboratorio storico risponda efficacemente alle esigenze dell’Alternanza scuola-lavoro. Quindi, a partire da esperienze realizzate presso l’Istituto per la storia e le Memorie del Novecento Parri E-R di Bologna, propongono un dettagliato piano di lavoro, che può essere assunto come traccia applicabile anche a progetti provenienti da altri contesti ed arricchito da una pregevole scheda individuale di valutazione delle competenze.
CONCLUSIONI E VALUTAZIONI
Siamo di fronte a un prodotto molto interessante per l’equilibrata balance fra aspetti teorici, adeguatamente aggiornati, ed esemplificazioni utili e, in buona parte, riproducibili in ambiente didattico a diversi livelli di istruzione. Certo, un bilancio complessivo delle indicazioni operative contenute nel manuale con particolare riguardo ai potenziali destinatari e fruitori non può ignorare il ruolo preponderante assunto in fase esemplificativa dall’istruzione superiore. Del resto, è proprio a questo livello che la pratica laboratoriale incontra le principali resistenze. Tuttavia, lo sforzo di tenere insieme i vari livelli di istruzione è davvero apprezzabile. Inoltre, i docenti della scuola primaria e secondaria inferiore vi potranno trovare elementi utili e spendibili in svariati contesti didattici. Ma, sempre sul piano della formazione, potranno trovare altrettanti elementi significativi anche tutti coloro che sono motivati all’insegnamento della storia e desiderano affrontarla con consapevolezza, convinti che, in una moderna azione didattica, i metodi e le pratiche non possano prescindere dalle finalità. Tra i vari pregi del manuale occorre infine ricordare anche le generose bibliografie e sitografie che corredano ciascun saggio.
Insomma, si tratta di un libro che stimola riflessioni e interrogazioni sul senso dell’azione didattica e sulla coerenza tra il mestiere di insegnante di storia e le sue finalità formative implicite ed esplicite; nel contempo invita a sperimentare, o quantomeno a misurarsi con gli esempi e le proposte presentate. Il volume dunque se – per un verso – costituisce un punto di partenza per successive ricerche, nello stesso tempo, offre un repertorio completo, sia teorico sia sperimentale, per chi vuole dedicarsi alle pratiche didattiche attive.
Note
[1] L’acronimo CLIL, introdotto da D. March e A. Maljers nel 1994, sta per Content and Language Integrated Learning (apprendimento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera veicolare) ed è stato introdotto nell’ordinamento scolastico italiano dalla Legge di Riforma della Scuola Secondaria di secondo grado avviata nel 2010.
[2] EsaBac è il duplice diploma di istruzione secondaria superiore istituito il 24 febbraio 2009 grazie all’Accordo tra il Miur e il Ministero francese per l’istruzione. L’accordo prevede che l’Italia e la Francia nei loro sistemi scolastici promuovano un percorso bilingue triennale, attivo nel secondo ciclo di istruzione. Tale percorso permette di conseguire contemporaneamente il diploma di Esame di Stato italiano e il Baccalauréat francese.
Enrico Pagano
[IF]