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Il Canale di Suez e l’Italia (1856- 1869) | Andrea Giuntini
Ha scritto Éric Dardel che: «[…] il paesaggio non è un cerchio chiuso, ma un dispiegarsi. È veramente geografico per i suoi prolungamenti, per lo sfondo reale o immaginario che lo spazio apre al di là dello sguardo […]. Il paesaggio è uno scorcio su tutta la Terra, una finestra aperta su possibilità illimitate: un orizzonte. Non una linea fissa, ma un movimento, uno slancio» 1. Il Canale di Suez è stato proprio questo: un orizzonte in movimento, una spinta impressa verso l’altrove che prometteva disvelamenti necessari quanto imprevedibili.
Nella copertina del bel libro di Andrea Giuntini, con la sua linea narrativa accattivante in cui il lessico delle decine di informazioni che si accumulano pagina dopo pagina alimenta una viva curiosità mai sazia, il quadro di Albert Rieger, un’immagine iconica, la chiamerei così, del Canale che sa prima di tutto di intensa veduta sintetizza bene l’idea di paesaggio con pennellate di luci e ombre in una geografia certo “orientaleggiante”, ma al tempo stesso incardinata sui paradigmi di quella modernità dirompente, a cominciare dalle navi a vapore che solcano il principio di quell’innervatura liquida punteggiata da bacini lacustri. L’inizio di una traversata che è anche attraversamento, “traduzione” nelle terre degli Altri che attendono appena al di là del ricongiungersi dei due mari, il Mediterraneo e il Mar Rosso. Se sulla destra della tela, tra spuntoni di rocce e palme tropicali, fa capolino un tipico edificio orientale con tanto di cupola dorata all’esterno della quale compaiono uomini a piedi o in groppa a cammelli con abiti e turbanti altrettanto tipici, è pur vero che spostando appena lo sguardo verso lo specchio d’acqua su cui campeggia un faro, Port Said, illuminato dal sole, ci appare in tutta la sua geometrica contemporaneità. Quasi a sancire la rappresentazione del paesaggio urbano occidentale, gli edifici rimandano a un taglio prospettico decisamente europeo dove non manca lo sbuffare delle ciminiere al centro di un perimetro di fabbrica che non può non ricordare gli insediamenti industriali del ricco Centro del Nord trasferiti alla periferia del mondo, ibridando civiltà e ambienti naturali così disomogenei. Leia Mais