Anais do Museu Paulista. São Paulo, v.28, 2020.

Museus

Publicado: 2020-12-14

História e epistemologia da Educação Profissional | História Revista | 2020

O presente dossiê reúne contribuições de abordagens teórico‐metodológicas históricas, historiográficas e/ou epistemológicas cujos objetos são os tempos, os espaços, as memórias e as experiências da Educação Profissional e Tecnológica, no Brasil e alhures.

Os artigos estão vinculados a dois eixos. No primeiro, dedicado a uma reflexão sobre a Epistemologia da Educação Profissional, os textos abordam os processos epistemológicos da constituição do campo, bem como o engendramento histórico das relações trabalho‐educação. No segundo eixo, voltado à História e Memória da Educação Profissional e Tecnológica, estão presentes contribuições acerca da história de instituições educativas  ‐ sobretudo na esfera do mundo do trabalho  ‐, dos agentes e dos sujeitos da Educação Profissional (gestores, docentes, técnico‐administrativos e discentes). Leia Mais

História Revista. Goiânia, v.25, n.2, 2020.

História e epistemologia da Educação Profissional

  • Apresentação
  • Avelino A. de Lima Neto, Olivia Morais de Medeiros Neta, Julie Thomas
  • PDF

Dossiê

Artigos

Publicado: 14-12-2020

Revista de História Regional. Ponta Grossa, v.25, n.2, 2020.

Ficha Técnica

Publicado: 2020-12-03

I sepolti vivi / Gianni Rodari e Silvia Rocchi

RODARI Giane nellURSS 1979 LaPresse www fanpage it sepolti vivi
Giane Rodari nell’ URSS, 1979. La Repubblica /

RODARI G I sepolti vivi sepolti vivi“Sotto terra va il minatore, /Dove è buio a tutte le ore “. Sono versi di Gianni Rodari inseriti in I luoghi dei mestieri, ( Torino, Einaudi, 1960), una filastrocca fatta per i bambini, per la scuola, per imparare e anche per divertire. Ma alle spalle di quei versi, come spesso gli accadeva, c’era una storia vera. Alcuni anni prima, nel 1952, nelle vesti di cronista del settimanale “Vie nuove”,  egli aveva raccontato lo sciopero dei minatori di Cabernardi, provincia di Ancona, la più grande miniera di zolfo d’Europa. Lì 300 persone si erano asserragliate a 500 metri di profondità per difendere il loro lavoro.  Con la diligenza del cronista il giovane Rodari indica i fatti, elenca i numeri,  traccia un quadro della politica industriale del colosso Montecatini nel contesto della nuova Europa: produttività, modernizzazione…

Ma a un certo punto del racconto abbandona il filo della cronaca e segue la storia di Ernesto e Maria, due giovani sposi, separati dallo sciopero. Lui chiuso nelle viscere della terra, lei tenuta lontana dalle cure per il loro bambino e per il vecchio padre, ma anche dalla pressione delle forze dell’ordine che impedivano contatti diretti, rendendo pesante perfino la consegna del cibo. Rodari concentra l’attenzione su come quei giovani stessero vivendo non un’avventura, né una disgrazia, ma l’impegno per fare del proprio lavoro il mezzo con cui costruire Il loro futuro. Ma anche il loro disperato bisogno di vedersi, solo per uno sguardo, per una parola e immagina Ernesto rischiare la lunga, faticosa e pericolosa risalita per una ’uscita di sicurezza’ dalla miniera, non controllata dalla polizia perché ritenuta impraticabile. Un cunicolo da percorrere a tratti strisciando, fatto di gradini appena accennati e addirittura di arrampicate con funi, lungo un percorso che sembrava non finire mai e sempre con un rischio incombente.  Scrive Rodari : “Cinque ore di strada per nulla fece Ernesto Donini, un giovane minatore di Pergola, domenica, ventidue giugno. Voleva rivedere la moglie, dopo ventiquattro giorni, almeno per un istante. Maria non c’era. Ernesto gridò a qualcuno che l’andasse a chiamare, forse stava attorno alla miniera. Ma  alla fine dovette rassegnarsi e ridiscendere”. Per trovarsi all’appuntamento convenuto, la giovane moglie aveva lasciato il bambino di un anno al vecchio padre dalla salute malferma e aveva percorro 12 km a piedi. Ma, al momento opportuno, la polizia impedì loro di incontrarsi e anche solo di parlarsi.

Così Rodari racconta ciò che non era visibile della lotta operaia: l’umiliazione, con cui chi ha il potere cerca di sfibrare la resistenza di chi potere non ne ha.Hanno fatto bene Ciro Saltarelli e Silvia Rocchi a riprendere e valorizzare questo vecchio reportage, costruendo un libro ( Gianni Rodari, Sepolti vivi, da un’idea di Ciro Saltarelli e illustrazioni di Silvia Rocchi, con un pensiero di Gad Lerner, Torino, Einaudi, 2020)  che grazie ai disegni di Silvia Rocchi permette di tornare a riflettere con più calma sul senso del lavoro di Rodari. Perché questo libro non parla del passato. L’umiliazione come strumento di oppressione, oggi più che mai, è all’ordine del giorno in tutte le latitudini della terra. Ma attuale è anche l’impegno per combatterla. E su questo versante l’opera di Rodari è preziosa.  Per comprendere l’importanza di quello che era pur sempre uno dei tantissimi episodi di conflittualità economico-sociale dei cruciali anni 50, occorre ricordare che erano passati solo pochi anni dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana con al primo articolo il suo fondamento nel lavoro.Se per difendere il salario era necessario ricorrere a forme di lotta che mettevano a rischio la salute e la vita; se la polizia interveniva rendendo più difficile la resistenza, parteggiando così per una delle parti in conflitto, allora cos’era cambiato rispetto al fascismo? Quale discontinuità aveva introdotto l’assetto repubblicano? Qual era il senso vero della Repubblica fondata sul lavoro?Era chiaro che le recenti conquiste politiche non erano la fine, ma solo l’inizio di un nuovo cammino. Di un lungo cammino, per il quale necessitavano forze nuove e nuovi strumenti. Era questo il fronte su cui Rodari impegnò tutta la sua forza creativa. Lo disse espressamente presentando La grammatica della fantasia (1972): insegnare “tutte le parole a tutti, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”.

Il senso politico del lavoro narrativo dedicato ai bambini di Rodari non sta nel denunciare ingiustizie dolore e umiliazione di chi lavora, né di dare voce a chi non l’ha mai avuta. Molto più radicalmente egli elabora strumenti di lotta, mezzi che servano a chi li usa per difendersi e contrastare chi fa della parola e della cultura uno strumento di dominio. E come campo di battaglia scelse, lui maestro elementare, la scuola e i bambini che la vivevano. A loro ha dedicato la vita, scrivendo cose la cui bellezza da sola testimonia amore e dedizione. Così come, in questo testo, le tavole di Silvia Rocchi.

Franco Martina

Link per acquisto del libro: https://www.edizioniel.com/prodotto/i-sepolti-vivi-9788866566243/


RODARI, Gianni. I sepolti vivi. Da un’idea di Ciro Saltarelli. Illustrazioni di Silvia Rocchi. Resenha de: MARTINA, Franco. L’attualità di Gianni Rodari: “Insegnare le parole a tutti, perché nessuno sia schiavo”. Clio’92, 13 dic. 2020. Acessar publicação original

Em Tempo de Histórias. Brasília, v.1, n.37, 2020.

Dossiê História & Cinema

Editorial

Artigos

Publicado: 2020-12-03

Crítica Histórica. Maceió, v.11, n. 22, 2020.

Masculinos & Masculinidades: performances, invenções e práticas

Editorial

Apresentação

Dossiê Temático

Fluxo Contínuo

Resenha

Publicado: 12/12/2020

História das crianças no Brasil meridional | CARDOZO José Carlos da Silva Cardozo, Jonathan Fachini da Silva, Tiago da Silva Cesar, Paulo Roberto Staudt Moreira e Ana Silva Volpi Scott

O livro História das crianças no Brasil meridional, organizado pelos historiadores José Carlos da Silva Cardozo, Jonathan Fachini da Silva, Tiago da Silva Cesar, Paulo Roberto Staudt Moreira e Ana Silva Volpi Scott, publicado há quatro anos pela Editora Oikos em parceria com a Editora da UNISINOS, teve destaque no Prêmio Açoriano de Literatura em 2016. Agora, as Editoras supracitadas brindam o público leitor no ano de 2020 com uma segunda edição do livro em formato e-book, possibilitando uma maior circulação do conhecimento. Frisa-se, ainda, que a obra em tela é indiscutivelmente um referencial bibliográfico fundamental e determinante no campo da história social.

A obra descortina as várias histórias de pequenos indivíduos, meninos e meninas que, até então, estavam escondidos e esquecidos em documentos produzidos por adultos de múltiplas temporalidades. Tais fontes encontram-se espalhadas em arquivos de muitas regiões do Brasil, com uma presença maior da região Sul. Assim, a coletânea apresenta textos que pavimentam e pavimentarão o processo de consolidação da história da criança na América Latina. Leia Mais

História & Ciências Sociais. Rio Grande, v.12, n.24, 2020.

História e Direitos da Criança e do Adolescente na América Latina (Jul-Dez/2020)

Expediente

Parecerista do Triênio

Apresentação

Apresentação ao Dossiê

Dossiê

Artigos Livres

Resenhas

Publicado: 2020-12-11

AI Narratives / Stephen Cave, Kanta Dihal e Sarah Dillon

DIHAL Kanta sepolti vivi
Kanta Dihal / Foto: Media & Press /

DIHAL K Al narratives sepolti viviArtificial intelligence (AI)’ is a loaded term, rife with connotative contradiction that inspires debate, disagreement, and disillusion. But what is AI, really? How have our expectations of computational capability, and even a robot Armageddon, come to be? Why does it matter how we talk about increasingly sophisticated technology, not just in expository prose, but also in fiction? How might visual and cinematic representations of AI technologies reflect and contribute to particular understandings and potentialities? AI Narratives: A History of Imaginative Thinking about Intelligent Machines is an ambitious effort to prompt widespread critical consideration not of AI itself, but of the stories—particularly fictional stories—surrounding this pervasive but still largely misunderstood technology. Comprising 16 chapters by scholars from various disciplines, AI Narratives offers a panoramic snapshot of a land still largely unexplored: AI humanities. Leia Mais

Boletim Cearense de Educação e História da Matemática. Fortaleza, v.7, n.21, 2020.

Boletim Cearense de Educação e História da Matemática

EDITORIAL

ARTIGOS

RELATO DE EXPERIÊNCIA

INICIAÇÃO À PESQUISA

PUBLICADO: 2020-12-10

Museologia & Interdisciplinaridade. Brasília, v.9, n.Especial, 2020.

Museus, Museologia, Comunicação, Recepção

Scheiner, dezembro de 2020

Editorial

  • Editorial
  • Ana Lúcia de Abreu Gomes, Clovis Carvalho Britto, Monique Batista Magaldi0
  • PDF

Museus, Museologia, Comunicação, Recepção

Artigos

Resenhas

Publicado: 2020-12-09

Mare Nostrum – Estudos sobre o Mediterrâneo Antigo. São Paulo, v.11, n.2, 2020.

Dossiê “Religião, Religiosidade e Cultura Material no Mundo Antigo”

EDITORIAL

DOSSIÊ

ARTIGOS

RESENHAS

PUBLICADO: 2020-12-08

Andes – Antropología e Historia. Salta, v.31, n.2, 2020.

Artículos

Reseñas

  • Ana Teresa Martínez (Coordinadora), Discursos de identidad y geopolítica interior. Indios, gauchos, descamisados, intelectuales y brujos, Biblos, Buenos Aires, 2019, 274 páginas.
  • Carlos Hernán Sosa
  • PDF
  • María Soledad Gonzáles, Victoria Ocampo. Escritura, poder y representaciones, Prohistoria Ediciones, Rosario, 2018, 182 páginas.
  • Sofía Estrabis Guantay
  • PDF

Veredas da História. [Salvador], v.13, n.2, 2020.

EDITORIAL

APRESENTAçãO EDITORIAL

ARTIGOS DO DOSSIê

EDIçãO COMPLETA

 

O Vestir e o Despir na História | Veredas da História | 2020

Em 2020, o contexto pandêmico transformou radicalmente nossa forma de relacionamento com os outros e nos condicionou a utilizar cotidianamente acessórios corporais antes usados de modo esporádico, tais como luvas, máscaras faciais, álcool em gel, face shield, entre outros. O uso destes objetos, ainda que instituídos de forma obrigatória para acessar determinados locais, dada a conjuntura sanitária, nos fez (re)pensar sua função social no espaço global. É interessante indicar que há um século, por volta de 1918 a 1920, a gripe espanhola também condicionou grande parte da população mundial às novas formas de se relacionar com os demais, bem como impôs acessórios com a finalidade de proteção contra a doença que foram absorvidos pelos movimentos da Moda, tornando-se tendências momentâneas.

Para além destes objetos pandêmicos e de suas apropriações, também podemos refletir os movimentos da Moda neste e em outros séculos, e os usos de certas indumentárias e acessórios por parte de indivíduos que, em micro ou macro escala, provocaram manifestações das mais diversas. Leia Mais

The War of Words: The Language of British Elections / Luke Blaxill

BLAXILL Luke sepolti vivi
Luke Blaxill / Foto: University of Birmingham /

BLAXILL L The war of words sepolti viviLuke Blaxill’s book deserves to be seminal. Its unassuming title conceals a bracing methodological challenge: an argument for the application of specific digital techniques to the study of electoral politics. It deploys ‘corpus linguistics’—the computerised compilation and interrogation of massive databases of millions of words—to intervene in a series of debates about the language of the platform in late-Victorian and Edwardian Britain. And it does so with enormous conviction. The War of Words builds its case so patiently, carefully, and politely, that even the most hardened traditionalists may find themselves struggling to dig up objections. Certainly, the public language of parliamentary candidates is a genre peculiarly suited to the analytical tools Blaxill deploys, and work on other spheres of politics may not be able to benefit from the sustained application of ‘text-mining’ methods to the same extent. But the book offers an object lesson in how to present an argument about method.

The War of Words has been trailed in a series of journal articles and book chapters over the last decade, so some readers will already be familiar with the techniques involved, and a number of the more striking reinterpretations the book offers. But having everything presented together—and supported by an imposing array of statistical tables (36) and figures (44), a ‘technical glossary’, and 68 pages of methodological and statistical appendices—lends the research a powerful cumulative effect. As this suggests, the volume’s embrace of digital methods goes well beyond the searches for ‘hits’ on particular keywords, and the Google Ngrams, which are already part of the historian’s armoury. What does the book mean to do? Leia Mais

História e Cultura. Franca, v.9 n.2 2020.

As Múltiplas facetas da alimentação na história

Imagem: Adriaen van Utrecht, Banquet Still Life with a Parrot, Dog and Monkey, 1644 (disponível em: https://www.rijksmuseum.nl/en/collection/SK-C-301)

Design da capa: Andrea Ramon Ruocco

EDITORIAL

APRESENTAÇÃO

ARTIGOS – DOSSIÊ

ARTIGOS – LIVRES

RESENHAS

Publicado: 2020-12-04

1968: Eles só queriam mudar o mundo | Regina Zappa e Ernesto Soto

Em um mundo onde movimentos sociais ainda engatinham precariamente, posto que são sufocados por regimes autoritários, exclusão das minorias e opressão exercida pela classe dominante, os jornalistas Regina Zappa e Ernesto Soto, em sua obra “1968: Eles só queriam mudar o mundo”, discorrem sobre os elementos artísticos, culturais e sociais que marcaram o referido ano no Brasil e no mundo. Buscando resgatar experiências e relatos no período, os autores ressaltam memórias e fatos que influenciaram os desencadeamentos dos movimentos sociais no final da década de ‘60 e a busca pela liberdade coletiva.

Dividido em 12 capítulos nomeados seguidamente conforme os meses do ano, o livro busca, através de uma série de imagens, depoimentos, composições artísticas e relatos de pessoas que estiveram presentes em 1968, discutir as consequências (in)diretas de vários acontecimentos históricos, como a Guerra do Vietnã, os Panteras Negras, os desdobramentos dos AI-5 no Brasil, as agitações na França e as mortes de Martin Luther King e John Kennedy, problematizando, assim, tais eventos e recuperando as lutas travadas a partir das insatisfações populares, desprezos e preconceitos. Leia Mais

Sociabilidades e territorialidade: A construção de sociedades de afrodescendentes no sul de Santa Catarina (1903/1950) | Júlio César da Rosa

O passado de Santa Catarina, cunhado nos discursos oficiais e acadêmicos do século XX, foi atrelado a uma memória, pautada, exclusivamente no imigrante europeu. Memórias formuladas e manuseadas, através de coordenadas ideológicas hegemônicas da sociedade moderna ao longo do tempo, fixaram a imagem de uma Santa Catarina branca e civilizada, incipiente ou quase inexistente da presença outros sujeitos, experiências e culturas que enfrentavam o quotidiano das cidades e das zonas rurais, marcadamente por diversos modos de vida.

Ocorre que, apesar dos territórios da região sul do Brasil e em vários países da América, receberem um contingente significativo de africanos, suas memórias e dinâmicas sociais angariadas no mundo diaspórico, não foram levadas em conta nas narrativas das fundações e desenvolvimento de cidades catarinense, relegando-as uma invisibilidade histórica. Leia Mais

Sankofa. São Paulo, v.13 n. 24, 2020.

Sankofa 24

ARTIGOS

PUBLICADO: 2020-12-04

Revista Fontes Documentais. Aracaju, v.3, 2020.

Edição especial MEDINFOR VINTE VINTE |

Publicado: 2020-12-04

Expediente

Editorial

SESSÃO DE ABERTURA

SESSÃO TEMÁTICA I: Coronavírus – Covid-19: Informação e Saúde

COMUNICAÇÕES: A incumbência da informação na prestabilidade da saúde na pandemia

COMUNICAÇÕES: Informação e desinformação: Impactos na vida humana e ecos sociais

COMUNICAÇÕES: Comunicação, informação em rede e humanização: novas perspectivas

COMUNICAÇÕES: Práticas estruturadas de informação em redes e sistemas

SESSÃO TEMÁTICA V: Memória, Identidade e Cultura

COMUNICAÇÕES: Médicos-Cultural: Informação, Memória, Identidade e Patrimônio

WEBINAR

Memórias e Mortes de Imperadores romanos (I a.C. – VI d.C.) | História (Unesp) | 2020

Memórias e Mortes são dois temas que constantemente impulsionam questionamentos e pesquisas nos estudos das humanidades. A morte gera uma ausência e, certas vezes, o espaço vazio deixado pelo morto é parcialmente preenchido com discursos (escritos, esculpidos, proclamados…) sobre tal pessoa. A “busca pelo passado”, e uma idealização que vem com ela, pode explicar a frequência desses assuntos em nossas pesquisas. Nesta circunstância, observamos que os diversos documentos produzidos durante o Império Romano proporcionam diferentes pontos de vista para pensarmos nossa relação com a morte e com a memória que é elaborada sobre ela.

Conforme o estudioso das ideias, Paolo Rossi, “a memória (como bem sabia David Hume) sem dúvida tem algo a ver não só com o passado, mas também com a identidade e, assim (indiretamente), com a própria persistência no futuro” (ROSSI, 2010, p. 24). Na procura por identificação, por vezes, celebramos e lamentamos a morte através da construção de memórias que geram modelos positivos ou negativos de conduta. Portanto, memórias são discursos organizados por autores que desejam sistematizar o passado para a sua compreensão no presente. Neste ínterim, a memória é um dos suportes para o passado. Refere-se à elaboração de imagens sobre um passado, ou seja, é uma “memória manipulada” (RICOEUR, 2007, p. 93). Longe de serem elaborações neutras, as memórias respondem, sim, a objetivos determinados – normalmente por grupos que administram uma pequena região ou mesmo um país inteiro. Leia Mais

História & Ensino. Londrina, v.26, n.2, 2020.

A Batalha do Atlântico na costa do Brasil | Navigator | 2020

De que maneira a Segunda Guerra Mundial se descortinou no horizonte oceânico dos brasileiros? Com o intuito de responder a esta e outras problemáticas, a Diretoria do Patrimônio Histórico e Documentação da Marinha (DPHDM), por meio da revista Navigator, abriu a chamada de artigos para o dossiê temático “A Batalha do Atlântico na Costa do Brasil”. Os organizadores desta edição da Navigator estão vinculados ao Programa de Pós- -Graduação em História, da Universidade Federal da Bahia, onde desenvolvem pesquisas acadêmicas sobre a referida temática.

Convém assinalar que este trabalho começou a ganhar corpo, alma e sangue em meio ao sofrimento pandêmico de 2020 e diante das sequelas do confinamento impostas pelas medidas sanitárias do governo. Esta situação de anormalidade exigiu a prorrogação do prazo das submissões ao dossiê, visto que os pesquisadores tiveram o acesso interrompido aos arquivos, bibliotecas, memoriais, museus e universidades. Leia Mais

Navigator. Rio de Janeiro, v.16, n.32 2020.

Revista Navigator – Dossiê A Batalha do Atlântico na costa do Brasil

Apresentação

Dossiê

Artigos

Publicado: 2020-12-03

História, Ciências, Saúde-Manguinhos. Rio de Janeiro, v.27 Suplemento 1, 2020

 

Revista Brasileira de História. São Paulo, v.40, n.85, 2020.

  • Novo Qualis: rumos e rumores Editorial
  • Araujo, Valdei
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • A Questão das Ilhas Åland: Irredentismo e Autonomismo no ‘Arquipélago Da Paz’ Articles
  • Paci, Deborah
  • Resumo: EN PT
  • Texto: EN
  • PDF: EN
  • Brokersen una red de venta de derechos de uso de tierra: Valle de Rengo, Chile, 1832-1860 Artigos
  • Brangier, VíctorMatheu, Alexis
  • Resumo: EN ES
  • Texto: ES
  • PDF: ES
  • Regulações centrais, práticas regionais: a provisão dos oficiais de correio na América Portuguesa Artigos
  • Guapindaia, Mayra
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • Fr. Timóteo do Sacramento: administração diocesana, reforma de costumes e conflitos na Amazônia Portuguesa (1697-1713) Artigos
  • Muniz, Pollyanna Gouveia Mendonça
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • O que “andam sussurrando em versos e trovas”? A militância popular contra D. Miguel e as relações entre Brasil e Portugal. Torres Vedras, 1828-1834 Artigos
  • Gonçalves, Andréa Lisly
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • A Escola Uspiana de História: panorama das contribuições da história da historiografia para um tema clássico Artigos
  • Costa, Aryana Lima
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • Negociando autoridades, construindo saberes: a historiografia digital e colaborativa no projeto Teoria da História na Wikipédia Artigos
  • Varella, Flávia FlorentinoBonaldo, Rodrigo Bragio
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • De Nova Orleans ao Brasil: o jazz no Mundo Atlântico Artigos
  • Domingues, Petrônio
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • A Pregação, A Cidade E Os Santos: Uma Análise Do Contexto Cívico-Litúrgico Dos Sermões Venit In Civitatem Suam (1304) De Giordano De Pisa (C. 1260-1311) Artigos
  • Alves, Aléssio Alonso
  • Resumo: EN PT
  • Texto: EN
  • PDF: EN
  • A “vida com saudades”: remédios religiosos para curar sentimentos, “mover afetos” e “mudar corações” no Reino de Portugal da primeira metade do século XVIII Artigos
  • Fleck, Eliane Cristina DeckmannDillmann, Mauro
  • Resumo: EN PT
  • Texto: PT
  • PDF: PT
  • História pública, espaço urbano e memorialização de elites: o Museu Campbell House em St. Louis (EUA) Resenhas
  • Voigt, Lucas
  • Texto: PT
  • PDF: PT

Fugas | Sonia Marques e Eliane Lordello

Caros leitores,

Ouso tomar emprestado aqui o título de um filme de Jean Luc-Godard, de 1967, ano em que nasci, para falar um pouco sobre como vim a ser a ilustradora destes dois livros de poemas de Sonia Marques: Fugas e Viagens.

A exitosa carreira da arquiteta pernambucana Sonia Marques na pesquisa e na docência, já é bastante conhecida, e reconhecida. Aqui no Espírito Santo, nos anos 1980, quando cursava Arquitetura na Ufes, eu já conhecia a produção acadêmica de Sonia, inclusive através de seus colegas na Faculdade de Arquitetura da Universidade Federal de Pernambuco, o casal Fernando e Ione Marroquim. Nesse tempo, eu era aluna de Ione e estagiária do escritório Marroquim Arquitetos. Leia Mais

Bexiga em três tempos. Patrimônio cultural e desenvolvimento sustentável | Nadia Somekh e José Geraldo Simões Júnior

O Bexiga, coração da Bela Vista, se acomoda em um pequeno vale que acolhe as águas de chuva que descem da encosta da avenida Paulista e do Morro dos Ingleses para desembocar na avenida 9 de Julho, lugar de direito do pequeno rio Saracura. Com platibandas, arcos, frontões, varandas diminutas, paredes desgastadas pelo tempo ou pintadas em cores vibrantes e alegres, o casario alinha-se rente às calçadas das ruas pacatas (1).

Homens consertam automóveis estacionados no meio-fio, mulheres cultivam flores plantadas em vasos dispostos na calçada. Em cômodo da casa aberto para a rua, muitos trabalham: mecânicos, manicures, barbeiros, cabelereiras, sapateiros, carpinteiros, serralheiros, costureiras, alfaiates, ofícios extintos em outros lugares da cidade. Atividades mais afamadas – bares, restaurantes, cantinas e padarias – disputam o endereço com depósitos de material de construção e ferro-velho, frequentados por carroças que trafegam com anacrônica lentidão pelas ruas estreitas da localidade. Leia Mais

Libertação animal, libertação humana: veganismo, política e conexões no Brasil | Ana Gabriea Mota e Kauan William dos Santos

Desde seu início, o veganismo adotou uma ideologia abolicionista, revolucionária e interseccional. Porém, a lógica do capitalismo fez com ele o que sempre fez com qualquer movimento social: se apropriou, retirou sua base revolucionária, elitizou através dos altos preços de produtos veganos industrializados (criados pela própria indústria de alimentos com origem animal), e o vendeu como uma dieta sofisticada que só pode ser comprada por uma classe social com alto poder aquisitivo, restando para as classes menos abastadas os resíduos de alimentos de origem animal danosos à saúde dos indivíduos e à do planeta.

Não há como falar de libertação animal sem falar também de libertação humana. Não há como falar em antiespecismo sem falar de feminismo, de lutas por direito a terra, de inacessibilidade às classes marginalizadas e do movimento negro. É isso que o livro organizado por Ana Gabriela Mota e Kauan William dos Santos se propõe a (re)colocar em discussão. Através de oito textos escritos por diversos autores, representantes das causas acima citadas, o livro faz as conexões entre especismo e feminismo, racismo e exclusão social e de terras, conexões essas que muitas vezes passam desapercebidas ao olhar menos atento de quem vê por fora o movimento vegano. Leia Mais

Arquitetura rural na Serra da Mantiqueira | Marcelo Carvalho Ferraz

“Difícil fotografar o silêncio. Entretanto tentei”.
Manoel de Barros, O fotógrafo

Gosto muito de bichos com um olho de cada lado da cara, como as galinhas e os peixes porque me apresentam um jeito indiscernível de ver o mundo, certamente mais alargado. Gosto também dos bichos com dois olhos frontais, como os macacos, que nos encaram de frente, apresentando escancaradamente nosso parentesco próximo – olhares como os humanos.

Aqui Marcelo Carvalho Ferraz nos entrega algo de seu. Apresentado em um livro que pode ser contemplado vagarosamente numa tarde chuvosa, em postura contemplativa, meditativa; mas principalmente podemos retornar a ele a vida inteira. Não se esgotarão as miradas destas páginas jamais. Leia Mais

Revolucionário e gay: a vida extraordinária de Herbert Daniel – pioneiro na luta pela democracia/ diversidade e inclusão | James N. Green

James N. Green nasceu no ano de 1951 em Baltimore nos EUA e é atualmente professor de História Latino-Americana na Brown University, além de ativista de causas políticas e LGBTQ+. Green é diretor de um dos mais importantes centros de estudos sobre o Brasil no exterior, e está à frente do Projeto Opening Archives, programa que tem milhares de documentos sobre o período da ditadura militar brasileira. Green é homossexual e um dos maiores brasilianistas dos EUA, características que se refletem em suas obras.

O livro “Revolucionário e Gay: A vida extraordinária de Herbert Daniel – Pioneiro na luta pela democracia, diversidade e inclusão”, lançado no ano de 2018, é uma obra biográfica sobre Herbert Eustáquio de Carvalho, mais conhecido como Herbert Daniel (Daniel era um de seus codinomes) – um complexo personagem da esquerda revolucionária no contexto político da década de 1960, falecido em 1992. Intelectual e guerrilheiro, Daniel fez parte de diversos grupos políticos, como Colina, VAR-Palmares, e VPR. Leia Mais

Masculinos & Masculinidades: performances, invenções e práticas / Crítica Histórica / 2020

Inicialmente, gostaríamos de registrar que este dossiê é publicado em um momento crítico da nossa história recente: a pandemia da covid-19, que alterou hábitos e práticas cotidianas, deslocou nossa maneira de ser e estar no mundo, inclusive no âmbito acadêmico, acelerando e forçando uma urgente adaptação a outros modos de vida – mais recluso e individualizado – e rotinas de escrita, de interação social e de trabalho mediadas pelas tecnologias digitais. Ao longo desse processo, no qual ainda estamos imersos, destacamos também que a chamada para este dossiê foi aprovada antes desse cenário de crise sanitária, mas em um momento em que já experimentávamos uma profunda crise política e social, acentuada pela desigualdade de gênero e as violências contra as populações mais vulneráveis.

Nossa proposta inicial foi acolher reflexões e análises diversas acerca das narrativas, das práticas, dos ritos e das produções discursivas contemporâneas sobre os modos de produção e subjetivação masculina, bem como os itinerários sobre ou em torno das experiências das masculinidades. Assim, reconhecemos a relevância e destaque que assume a intersecção dos estudos feministas, das relações de gênero e das sexualidades, como condição de possibilidades para a emergência dessas análises que ora serão apresentadas no dossiê.

Logo, não poderíamos deixar de agradecer a cada autor e autora que se empenhou em escrever e submeter seus manuscritos sob condições atípicas de existência, assim como o trabalho dos pareceristas e dos editores da Revista Crítica Histórica, persistindo e resistindo em tempos de insidiosos ataques ao conhecimento e à universidade pública brasileira.

No Brasil, desde os anos 1990 (MATOS, 2002; SOUZA, 2009; SILVA, 2015, 2018; OLIVEIRA, 2015), os estudos sobre as masculinidades têm se constituído num amplo e complexo campo de análise e investigação sobre os modos de construção dos homens, dos masculinos e das masculinidades. Desta forma, antropólogos / as, sociólogos / as e historiadores / as têm matizado o debate em torno de temas como: violências (CECCHETTO, 2004), sexualidades (SEFFNER, 2003), saúde masculina (GOMES, 2008), corporalidades e indumentária (SIMILI; BONADIO, 2017), “crise” das masculinidades (SIQUEIRA, 2006), transmasculinidades (ÁVILA, 2014), relações de amizade (NASCIMENTO, 2011; SANTOS, 2016), masculinidades e relações raciais (MISKOLCI, 2012; VIGOYA, 2007, 2018; RESTIER; SOUZA, 2019), entre tantos outros. A maioria desses estudos é produzida a partir de uma perspectiva relacional do gênero (MATOS, 2002; GROSSI, 2004; GIFFIN, 2005; PEDRO, 2011), mostrando que, se as mulheres não foram sempre as mesmas ao longo da história, os homens (AMBRA, 2015), muito menos.

De acordo com o historiador Durval Muniz Albuquerque Júnior, fazer uma história dos homens é pensá-los “não mais como indivíduos ou partícipes de feitos coletivos, mas como gênero, não a história de homens como agentes do processo histórico, mas como produtos deste mesmo processo” isto é, “a história de homens construindo-se como tal, a história da produção de subjetividades masculinas, em suas várias formas, a história da multiplicidade de ser homem” (2013, p. 23).

A partir dessa premissa, atenderam ao nosso convite mais de 20 pesquisadores e pesquisadoras que, individual ou coletivamente, colaboraram na reflexão, análise e compreensão das múltiplas maneiras de ser e de se fazer homem no Brasil e fora dele (KIMMEL, 1998, 2005, 2016; WELZER-LANG, 2001, 2004; CONNELL, MESSERSCHMIDT, 2013). Nos campos historiográfico, sociológico e antropológico, mas também na educação, na psicologia, entre outros, são muitas as contribuições que permitem mapearmos a produção das subjetividades masculinas e assim aguçar a reflexão que, ao tensionar esses campos disciplinares, evidenciam o potencial do gênero enquanto categoria de análise histórica (SCOTT, 1994).

Todavia, antes de situarmos cada texto, gostaríamos de destacar também a imagem que integra a capa deste Dossiê na Revista Crítica Histórica. Sob o olhar e foco atento das lentes do fotógrafo brasileiro Leonardo Barros Medeiros, temos a fotografia Guardarropa, protagonizada por um modelo espanhol e que faz parte da série ACasa|OCorpo. A partir de uma articulação entre as imagens, as palavras e as coisas, conforme sugere Didi-Huberman (2012), entendemos que a imagem produz um corte na realidade, mobiliza sentidos, expressa momentos e nos permite observá-la como um sintoma de possíveis mudanças e transformações no espectro das masculinidades. Além disso, a articulação / interposição entre imagem e a palavra, nos possibilita vislumbrar a dimensão poética imanente das narrativas históricas (HUSSAK, 2020). Sendo assim, apresentamos, a seguir, uma breve síntese dos treze textos selecionados para compor este Dossiê, Masculinos & Masculinidades: performances, invenções e práticas.

No artigo que abre o dossiê, Fernando Botton promove um encontro teórico refinado entre Raewyn Connell e Judith Butler. Em Considerações críticas acerca das teorias de Raewyn Connell e Judith Butler para o estudo das masculinidades, Botton apresenta um balanço crítico entre a sociologia connelliana das masculinidades e a teoria butleriana das relações de gênero, focalizando as tensões entre distintas teorizações e concepções de gênero a partir de uma relação assimétrica entre as epistemologias do Sul e do Norte Global. Mediador crítico desse encontro entre a socióloga australiana e a filósofa estadunidense, Botton destaca e evidencia apropriações, aproximações políticas entre a perspectiva queer, tal qual forjada por Judith Butler, e as masculinidades hegemônicas, signatárias dos escritos de Connell.

Kathleen Kate Dominguez Aguirre elabora uma profícua articulação das proposições de autores como María Lugones, Ochy Curiel e Raewyn Connell, em Masculinidades colonizadas e feminicídio na América Latina. Considerando essa abordagem interseccional das categorias gênero, masculinidades e raça, a autora engendra uma teorização sobre a permanência de um “continnum de violência patriarcal moderno-colonial”, denunciando a persistente e histórica violência contra as mulheres (cis e trans) na América Latina.

A partir das críticas feministas, em Intervenções com homens para a equidade de gênero: crítica às abordagens individualizantes, Vanessa do Nascimento Fonseca analisa o predomínio de práticas individualizantes nas políticas de intervenção entre homens, no Brasil, desde os anos 1970, em torno da equidade de gênero. Argumenta-se que os homens são importantes aliados no enfrentamento dos efeitos danosos das relações de gênero, todavia, a autora defende ser necessário que os homens se engajem no enfrentamento e na luta interseccional contra um sistema que articula múltiplos pontos de opressão, indo além de mudanças focalizadas apenas no aspecto da conduta dos indivíduos mas recorrendo ao âmbito coletivo.

Tendo como fonte de análise um artefato audiovisual, em “Não é uma fantasia, este sou eu”: Discussões sobre a representação e performance da masculinidade negra na série Sex Education (2019), Andrey da Cruz e João Paulo Baliscei apresentam Eric Effiong, um jovem negro gay que é o melhor amigo do protagonista da série britânica Sex Education (2019). A partir da desconstrução da personagem, os autores conseguem mapear a intersecção entre gênero e raça na constituição de uma masculinidade afeminada juvenil. Com destaque em três cenas da série, eles pontuam a desestabilização causada por Eric Effiong no sistema hegemônica da masculinidade, bem como a cobrança que o sistema faz sobre ele, com a concreta homofobia. A masculinidade negra e afeminada performada na série não é uma fantasia, há muitos Erics na sociedade britânica e também na brasileira.

Neste provocativo e instigante ensaio, O negro-lugar do homem preto brasileiro – episódios de racismo cotidiano em AmarElo (2019), Milton Ribeiro posiciona-se do lugar de homem negro paraense e dedica sua análise à obra de Emicida, AmarElo. O corpo é lido e percebido a partir do “negro-lugar” que ocupa na sociedade brasileira, enfrentando o racismo multifacetado. Em uma análise cuidadosa e problematizadora das letras das músicas que compõem o álbum, Ribeiro destaca as resistências e o ritmo da música também embala a leitura do texto. Ao final, ou mesmo antes disso, será impossível não buscar o álbum para ouvir cada música e atentar às palavras problematizadas no texto.

Salientando as dinâmicas específicas das relações de gênero no espaço escolar, no artigo Espaços de meninos: reflexões sobre a construção das masculinidades por adolescente de uma escola pública do município do Rio de Janeiro, Aline Carvalho apresenta uma importante iniciativa desenvolvida em uma escola pública no Rio de Janeiro, em que os meninos foram convidados a refletir e falar sobre si mesmos. Amparada na literatura sobre as masculinidades hegemônicas, Carvalho oferece aos leitores e leitoras uma instigante reflexão sobre como a educação escolar formal pode contribuir para a promoção da igualdade de gênero a partir da intervenção dialógica com meninos na fase da adolescência.

Ainda no campo educacional, mas agora focalizando outra personagem de destaque, em Professores homens nos anos iniciais: relações de gênero e formação docente, Thomaz Fonseca e Anderson Ferrari problematizam a, por vezes incômoda, presença de professores homens nos anos iniciais do Ensino Fundamental na rede pública municipal de Juiz de Fora, MG. A pesquisa demonstra o que comumente é percebido sem muita dificuldade: a rara presença de homens cisgêneros na docência dos anos iniciais; mas vai além disso, ao acompanhar os percursos trilhados por esses docentes, destacando suas estratégias e desafios enfrentados, particularmente ao terem que responder às interpelações de gênero que lhes foram colocadas ao longo de suas carreiras.

Tomando como ponto de partidas as mudanças históricas nas relações de trabalho e familiares, após os anos 1990, que possibilitaram o aumento de mulheres na condição de provedora do lar, em O declínio do homem provedor chefe de família: entre privilégios e ressentimentos, Caíque Diogo de Oliveira argumenta como as mudanças gestadas no capitalismo em sua dimensão neoliberal, tem feito com que muitos homens assumam uma posição ressentida diante das novas dinâmicas das relações de gênero e, por isso, acabam buscando num passado idílico um lugar de segurança e de mando masculino.

O que querem os homens pais? Qual o sentido da paternidade? Pode um filho ou filha fazer um homem gozar da paternidade? Há uma paternidade gestante? Essas são algumas das perguntas suscitadas pelo cuidadoso artigo de Camila Rebouças Fernandes Masculinidades e paternidades: novos olhares. Com um trabalho de campo realizado em um serviço de pré-natal na cidade do Rio de Janeiro, Fernandes aborda as expectativas de mudanças experienciadas por 10 homens-pais que acompanhavam as mulheres-gestantes e oferece algumas pistas valiosas para pensarmos sobre as paternidades na contemporaneidade.

Em “Contra as investidas leoninas de uma indomável fera humana”: masculinidades e família, Lucas Kosinski problematiza como determinada concepção de masculinidade hegemônica foi produzida e volatizada pelo discurso jurídico de Iraty, região interiorana do sudeste do Paraná, entre os anos de 1912 e 1920. Na ocasião, o autor argumenta como um ideal de branquitude da população brasileira também foi agenciado nos discursos e práticas jurídicas e políticas no intuito de normatizar as relações de gênero através de uma judicialização das condutas, dos corpos e dos desejos.

Atenta ao carnaval em Porto Alegre / RS no final do século 19, em Masculinidades e carnaval na Porto Alegre do último quartel do século XIX, Caroline Leal dedica sua análise à emergência de duas importantes sociedades carnavalescas: Esmeralda e Os venezianos. Para realizar esse estudo histórico, Leal recorre à imprensa do período e percebe como masculinos e masculinidades foram gestados na reconfiguração da festa de rua e nos bailes fechados. Nesse exercício analítico, a autora também percebe a constituição de hierarquias produzidas a partir da classe social e destaca como esse “novo carnaval” fez parte de um jogo político mais amplo, que pretendia refletir e representar a modernização do país.

Daniel Welzer-Lang (2001) escreve sobre alguns espaços esportivos que são historicamente constituídos como masculinos, como os estádios de futebol. Sendo assim, no artigo Reflexões sobre os abalos da masculinidade hegemônica no futebol: das torcidas gays na década de 1970 aos campeonatos homossexuais da atualidade, Leonardo Martinelli reconhece essa realidade, mas é desafiado por torcedores de futebol da década de 1970 que criam as primeiras “torcidas gays”. Martinelli percorre as publicações que noticiaram essa emergência no Sul e Sudeste do Brasil, problematiza os preconceitos sofridos por esses torcedores autodeclarados como homossexuais e chega até os dias atuais com a criação de campeonatos nacionais que congregam jogadores homossexuais. Da arquibancada ao campo de futebol, Martinelli encontra sujeitos que nessas últimas décadas provocaram a masculinidade hegemônica no futebol. Atento às estratégias mobilizadas por esses sujeitos, o autor também evidencia que a homofobia é como um zagueiro de marcação cerrada, mas que não impede os bons dribles e a invenção criativa de modos de ser homem no futebol.

A alimentação tem gênero? Ou melhor, os nossos hábitos de alimentação também podem ser generificados? A pergunta que mobiliza dois campos aparentemente distantes está presente na análise atenta produzida por Marina Pedersen no artigo Heteronormatividade e homofobia na propaganda de uma hamburgueria. No texto, a autora parte de uma propaganda de hambúrguer publicada no Facebook e desconstrói os símbolos e sentidos das masculinidades que são agenciados na tentativa de incentivar o consumo do hambúrguer; para tanto, demonstra como a carne é colocada como um alimento que além de masculino, serve para confirmar a heterossexualidade compulsória a ser assumida pelo “homem de verdade”. Assim, o prato perfeito da heteronormatividade é composto pelo o consumo de carne, a homofobia e a heterossexualidade masculina.

Por fim, e a partir dos textos citados, enfatizamos a potência que o olhar amplo e multifacetado sobre as masculinidades pode nos proporcionar, complexificando e interrogando as narrativas hegemônicas, e denunciando criticamente as hierarquias sociais pautadas na naturalização da condição do homem, dos masculinos e das masculinidades, apontando outros e novos (des)caminhos na produção histórica, social, política e subjetiva das masculinidades, inclusive nesse tempo pandêmico.

Referências

ALBUQUERQUE JÚNIOR, Durval Muniz. Nordestino: uma invenção do falo. Uma história do gênero masculino (Nordeste – 1920 / 1940). 2ªEdição. São Paulo: Intermeios, 2013.

AMBRA, Pedro. O que é um homem? Psicanálise e história da masculinidade no Ocidente. São Paulo, Annablume, 2015.

ÁVILA, Simone N. Transmasculinidades: A emergência de novas identidades políticas e sociais. RJ: Editora Multifoco, 2014.

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Rafael França Gonçalves dos Santos – Doutor em História pela Universidade Federal Rural do Rio de Janeiro (UFRRJ). Membro do LabQueer – Laboratório de estudos das relações de gênero, masculinidades e transgêneros / UFRRJ. E-mail: rafael.fgs@hotmail.com


Natanael de Freitas Silva – Doutorando pelo Programa de Pós-Graduação em História (PPHR / UFRRJ / CAPES). Membro do LabQueer – Laboratório de estudos das relações de gênero, masculinidades e transgêneros / UFRRJ e do Laboratório de Educação em Direitos Humanos, da UFABC. E-mail: natanaelfreitass@gmail.com


SANTOS, Rafael França Gonçalves dos; SILVA, Natanael de Freitas. Apresentação. Crítica Histórica, Maceió, v. 11, n. 22, dezembro, 2020. Acessar publicação original [DR]

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Ofícios de Clio. Pelotas, v.5, n. 9, 2020.

Ofícios de Clio

Expediente

Apresentações

Equipe Editorial

Dossiê: A descolonização africana e suas ideias políticas

Dossiê Educação

Resenhas

 

Estudos Ibero-Americanos. Porto Alegre, v.46, n.3, 2020.

 

Estudos Ibero-Americanos. Porto Alegre, v.46, n.2, 2020.

 

 

Direitos humanos, sensibilidades e resistências / Fronteiras – Revista Catarinense de História / 2020

A história como ciência, desde há muito tempo, é alvo de disputas políticas e intelectuais que colocam em xeque um discurso amplamente difundido, que sustentava a existência de uma suposta imparcialidade no ofício do historiador e da historiadora. No entanto, ao se aproximar de diversas áreas que compõem as Ciências Humanas e Sociais, com intuito de pluralizar seus sujeitos e objetos, a história, e, portanto, a própria historiografia, viram-se envoltas em problemáticas que as questionavam como campo discursivo neutro, impelindo-as à produção de um tipo de conhecimento marcado pelas posições políticas e ideológicas, que por sua vez, possuem uma forte ancoragem em processos socioculturais do presente que transbordam em subjetividades.

Desta intersecção entre história, novos sujeitos, objetos multifacetados e pluralização dos discursos sobre o passado, a temática dos direitos humanos, surge como um campo que convoca historiadores e historiadoras a pensar a produção de sujeitos, os processos de violação e as diversas formas de existência, em seu atravessamento por questões da interculturalidade, identidades, igualdade, equidade, justiça social e representatividade, entre outras, que constroem as concepções atuais de dignidade humana e respeito a diversidade.

Este Dossiê, n. 36, intitulado Direitos humanos, sensibilidades e resistências, que se apresenta com caráter multi, trans e interdisciplinar, é constituído por dez artigos, uma entrevista, um texto composto por relatos e duas resenhas. Os trabalhos aqui apresentados, versaram sobre as relações da história com os direitos humanos, as sensibilidades e os processos de resistência.

O historiador Reinaldo Lindolfo Lohn no artigo intitulado A utopia dos direitos humanos na cidade: o direito à cidade, reformas urbanas e projeções sociais em Florianópolis (SC) – entre a ditadura e a democracia (1964-2004) discutiu os conflitos gerados pela imposição de reformas urbanas em Florianópolis (SC), ao longo da ditadura militar, com desdobramentos no período democrático. Tomando o acesso à cidade como uma das dimensões dos direitos humanos, o autor discute a constituição do espaço urbano como um elemento de disputa entre as camadas médias e os grupos populares urbanos.

Ernani Soares Rocha e Sueli Siqueira no artigo, Percepção dos jovens sobre o novo território 10 anos depois da desterritorialização: o caso de Itueta, abordaram, por meio de entrevistas, a percepção dos jovens do município Itueta que vivenciaram, entre os anos de 2000 e 2006, o processo de realocação de sua sede em função da instalação da Usina Hidrelétrica Eliezer Batista. Ao centrar suas análises em entrevistas, as autoras buscaram compreender os efeitos dessa Territorialização, Desterritorialização e Reterritorialização, nas trajetórias de vida de jovens e adolescentes que habitavam até então a sede do referido munícipio

O artigo A educação no município de Xaxim: dimensões históricas e políticas da universalização da educação básica (1910-2020), de Paulo Roberto Da Silva e Joviles Vitório Trevisol, analisou a trajetória da educação no município de Xaxim (SC) no período entre 1920 e 2020. Enfatiza que o direito à educação para todas as crianças em idade escolar do Ensino Fundamental tornou-se realidade apenas no final do século XX, demonstrando a existência das desigualdades regionais que estruturam o Brasil no campo das políticas públicas.

Natalia Ferreira, com o artigo Os desafios do tempo presente e a colonialidade da natureza: intersecções para pensar novas sociabilidades, intenciona discutir sobre a colonialidade a partir de seus aspectos, demonstrando as sobreposições das opressões da Matriz Colonial do Poder a partir da análise de linguagens e hábitos recorrentes que são naturalizados por nossa sociedade.

No artigo Ilha da Magia seletiva: religiões de matrizes africanas e a intolerância religiosa em Florianópolis, Hilton Fernando da Silva Pinheiro evidencia os desafios que as comunidades religiosas de matrizes africanas enfrentam, no que se refere aos direitos de fruição ao espaço público. As reflexões partiram da análise de um ato de intolerância religiosa ocorrido em setembro de 2019, na cidade de Florianópolis – SC, que visibilizou os conflitos existentes em torno de símbolos, monumentos, sujeitos e manifestações religiosas de matriz africana.

Com o artigo intitulado Dignidade humana: o desaparecimento do preto velho Jeronymo – Palmas / PR, meados do século XX, os historiadores Renilda Vicenzi e Carlos Eduardo Cardoso, por meio de um inquérito e de um processo crime, do início do século XX, na Comarca de Palmas / PR, buscam compreender as estruturas de racialização e exclusão social, conferidos a população negra, que marcaram de forma profunda a organização sociojurídica do Estado brasileiro.

Susana Cesco, no artigo O que, como e por que censurar: o trabalho de censura da Polícia Federal na década de 1970, analisou o trabalho de censores, autoridades policiais e a própria reestruturação e atuação da Polícia Federal nas décadas de 1960 e 1970 que passou a atuar como órgão responsável pela censura no país. A autora descreve os caminhos percorridos pela política de controle estatal, especialmente no que diz respeito às normas e critérios adotados para proibir e cercear a livre circulação de ideias.

A historiadora Marlene de Fáveri no artigo Violência política em tempo de guerra: a Exposição de Material Nazista: a Exposição de Material Nazista tratou da Exposição de Material Nazista organizada pelo Departamento de Ordem Política e Social de Santa Catarina nos anos de 1942 e 1943, quando o Brasil declarava guerra aos países do Eixo, durante a Segunda Guerra Mundial. Ao se debruçar sobre tal processo histórico, a autora visa analisar o papel da Polícia Política na repressão e perseguição de populações originárias da Itália e Alemanha, destacando a atuação de tal instituição na construção de discursos políticos que fomentavam o medo e a repulsa pelo outro entre a população catarinense.

O artigo Marcelino Chiarello: um defensor dos direitos humanos, de Cesar Capitanio e de José Carlos Radin, evidenciou a formação e a militância do vereador Marcelino Chiarello, de Chapecó-SC, sobretudo, o seu envolvimento na defesa dos direitos humanos, relacionandoa com uma formação sociopolítica alicerçada na vertente religiosa da Teologia da Libertação e da influência do Bispo Dom José Gomes. Os autores destacam sua atuação junto aos movimentos sociais e sindicatos, em um projeto que visava radicalizar o campo da política formal.

Com o artigo Rezar, lutar, lavrar: missionários, militares e indígenas na composição das fronteiras da Província do Amazonas (1851 – 1852), Paulo de Oliveira Nascimento abordou o projeto de construção das fronteiras da / na Província do Amazonas, num momento em que as autoridades imperiais (1851 – 1852) buscavam nortear a ação política e administrativa para modernizar a região. Através da expansão da fronteira, pretendiam implementar o projeto geopolítico de “civilização” dos indígenas e modernização da economia naqueles rincões do Império do Brasil, na tentativa de integrá-los a um projeto modernizador da sociedade brasileira

A atual edição de Fronteiras conta ainda com uma entrevista realizada por Kelly Caroline Noll da Silva que dialogou com a professora Solange Ramos Andrade sobre a temática da religião e da religiosidade católica no Brasil Contemporâneo.

Este número da revista traz uma proposta inovadora, com publicação de um texto composto a partir dos relatos das professoras Andréa Vicente, Adriana Fraga Vieira, Adriana Signori, Elandia S. Thiago e Karla Andrezza Vieira. Os textos foram agrupados e denominado Vozes docentes: lugar de escuta em tempos de pandemia. As professoras participaram da mesa redonda “Lugares de escuta: ensinar História em tempos de pandemia” que compunha a programação do XVIII Encontro de História da ANPUH / SC. Além dos tocantes relatos, o texto é introduzido pelo historiador Rogério Rosa Rodrigues, idealizador da mesa e diretor da ANPUH-SC (2018-2020). Os relatos voltam as luzes às professoras da rede básica de ensino e são traduzidos por Rogério Rosa como narrativas contundentes, sensíveis e engajadas.

Finalizando o número, duas obras compõem a seção resenha. A primeira, realizada por José Antônio Fernandes, analisa as discussões presentes no livro Peronismo: como explicar lo inexplicable, obra organizada por Santiago Farrell, que apresenta uma pluralidade de interpretações sobre o Peronismo, observando que tal temática é ainda bastante controversa e pouco homogênea. A segunda, de Kauê Pisetta Garcia, trata-se do livro intitulado Como será o passado? História, historiadores e a Comissão Nacional da Verdade, de Caroline Silveira Bauer. A obra se constitui a partir do resultado de uma pesquisa realizada pela autora sobre os usos políticos do passado através dos debates em torno da Comissão Nacional da Verdade.

Neste ano conturbado, em meio a uma pandemia – que nos marcou por muitas perdas, a Fronteiras: Revista Catarinense de História reúne textos sensíveis a diversas causas. São artigos, entrevista e relatos envoltos de sensibilidades e que narraram processos de resistências.

Desejamos uma boa leitura!

Ismael Gonçalves Alves (UNESC)

João Henrique Zanelatto (UNESC)

Michele Gonçalves Cardoso (UNESC)

Organizadores do Dossiê Direitos Humanos, Sensibilidades e Resistências

Samira Peruchi Moretto (UFFS)

Editora da Fronteiras: Revista Catarinense de História


ALVES, Ismael Gonçalves; Cardoso, Michele Gonçalves; MORETTO, Samira Peruchi; ZANELATTO, João Henrique. Apresentação. Fronteiras: Revista catarinense de História. Florianópolis, n.36, 2020. Acessar publicação original [DR]

Acessar dossiê

Comunismo chileno: un área historiográfica en expansión | Cuadernos de Historia | 2020

Durante mucho tiempo, la historiografía del comunismo chileno se redujo casi exclusivamente a los aportes del profesor Hernán Ramírez Necochea sobre el Partido Comunista de Chile (PCCh)1 o a aquellos de otros exponentes referidos al destacado líder obrero Luis Emilio Recabarren, fundador en 1912 del Partido Obrero Socialista (POS) devenido en PCCh en 1922 2. Varios autores abordaron aspectos puntuales de la historia del comunismo criollo en libros o artículos sobre otros temas de historia social o historia política, pero no existía un corpus de obras que pudiera constituir un área de estudios específica con suficiente masa crítica. Como suele ocurrir, además de las obras de Ramírez Necochea, se disponía de manuales canónicos para los militantes que eran el contrapunto de las visiones características de la “leyenda negra” sobre el comunismo. No obstante, hacia fines de la década de 1970, el historiador británico Andrew Barnard marcó con su tesis doctoral un hito que, aunque en ese momento no tuvo mayores repercusiones, terminaría siendo reconocido como una inflexión fundamental3, abriendo paso dos décadas más tarde a una nutrida producción que ha logrado conformar un campo historiográfico pujante en Chile4. Leia Mais

Cuadernos de Historia. Santiago de Chile, n.53, dic. 2020.

Cuadernos de Historia. Santiago de Chile, n.53 (2020): Diciembre

EDITOR/A: Sergio Grez

Cuadernos de Historia. Santiago de Chile, n.53 (2020): Diciembre

IN MEMORIAM

ESTUDIOS FUERA DE DOSSIER

DOCUMENTOS

RESEÑAS

 

História, Ciências, Saúde-Manguinhos. Rio de Janeiro, v.27, n.4, 2020

Celso Furtado | Intellèctus | 2020

Este Dossiê, composto por nove artigos que abordam o pensamento furtadiano, insere-se no projeto Celso Furtado 100 Anos. Um projeto iniciado em 2019 pelo Núcleo de Identidade Brasileira e História Contemporânea (NIBRAHC) com a realização de uma série de seminários sobre Celso Furtado em razão do seu centenário de nascimento que viria a ser comemorado neste ano de 2020. Os seminários, chamados de “PréCelso”, foram realizados através da parceria do NIBRAHC com a Universidade do Estado do Rio de Janeiro (UERJ), com o Centro Internacional Celso Furtado (CICEF), com o Instituto de Filosofia e Ciências Humanas da UERJ (IFCH), com o Programa de Pós-graduação em História (PPGH) e com o Sindicato dos Trabalhadores das Universidades Públicas Estaduais do Estado do Rio de Janeiro (SINTUPERJ).

A publicação do Dossiê Celso Furtado pela Revista Intellèctus se apresenta como o coroamento do centenário deste pensador, cujas justas homenagens foram realizadas com o Congresso Internacional Celso Furtado 100 Anos, organizado pela Pró-Reitoria de Cultura e Extensão da UERJ (PR3), UERJ, NIBRAHC, IFCH, PPGH e SINTUPERJ. Foram cinco dias de conferências, abordando o pensamento furtadiano e proporcionando reflexões intelectuais sobre a atual situação econômica e social. Reflexões que prosseguirão através da leitura dos artigos deste Dossiê. Leia Mais

Saeculum. João Pessoa, v.25, n.43, 2020.

Dossiê A nova história (bio)política: sobre as capturas e as resistências

EXPEDIENTE

PUBLICADO: 2020-12-01

Canoa do Tempo. Manaus, v.12, n. 2, 2020.

O Complexo Madeira: diálogos interdisciplinares sobre região, fronteiras e diversidades

APRESENTAÇÃO

  • Luís Balkar Sá Peixoto Pinheiro | PDF

Dossiê

Artigos Livres

Caminhos da História. Montes Claros, v.25, n.2, 2020.

DossiêPoder e gênero nas relações políticas“, sob a coordenação e organização do Prof. Dr. Felipe Azevedo Cazetta

Editorial

  • Editorial
  • Ester Liberato Pereira, Rafael Dias de Castro | PDF

Dossiê

Artigos Livres

The Sovereign Consumer. A New Intellectual History of Neoliberalism | Kiklas Olsen

In the last two decades, there has been a great number of books on the history of neoliberalism. As most scholars in this debate recognize it, the literature is divided into three currents: the first understands neoliberalism as a “scheme” designed by the elites in a time that their profits declined, being the retreat of the State a remedy to that situation (exemplified by 2005 A Brief History of Neoliberalism of British Marxist professor David Harvey); the second is the Foucauldian strain that focuses on neoliberalism as governmentality, a new mode of subjectification that takes the individual as an enterprise and the third takes neoliberalism as an intellectual project, or a network of individuals with similar ideals united through a series of institutions that emerged in the twentieth century.

Niklas Olsen also recognizes these three trends in the introduction of his book but wants to steer us away from them. As a biographer and admirer of the German historian Reinhart Koselleck, Olsen puts in motion the method of Begriffsgeschichte (conceptual history), pioneered by Koselleck, to analyze the emergence of neoliberalism. As the author explains it, he “analyzes social-political concepts as reflecting phenomena that are shaped in historically concrete situations by historical actors who use concepts to make sense of and order the world, employing them as tools or weapons to meet their political visions”. (OLSEN, 2019, 7) Leia Mais

Las aguas de Santiago de Chile 1541-1999. Tomo I: Los primeros doscientos años 1541-1741 | Gonzalo Piwonka Figueroa

Desde hace mucho esperábamos un libro que, como el que se nos ofrece en esta oportunidad, nos permita hablar de un tema tan importante como lo es la evolución en los usos y abusos del agua. De la mano del experimentado historiador Gonzalo Piwonka disfrutamos ahora de una obra que nos introduce en el complicado tema de cómo se llevó a cabo el uso de este elemento referido a un servicio público tan elemental, enfocándolo, como debe estarlo todo análisis histórico, con fuerte imaginación, con talento, paciencia, laboriosidad y mucho trabajo.

Siendo el agua una entidad última como se pensó en la Antigüedad y en la Edad Media, Piwonka ha asumido una osada tarea, puesto que ha tomado valientemente como tema de su análisis histórico una de las partes constituyentes de la realidad material que nos rodea. No obstante, consciente de su osadía equilibrándose en esta amplísima realidad y buscando la manera de aterrizar lo más airosamente posible, ha escogido solo un aspecto de aquel elemento, el más humano y sencillo como lo es el que analiza el uso que puede hacerse de él, tomando el problema de la bebida de la población, en este caso, de la población de Santiago de Chile. Leia Mais

Antíteses. Londrina, v. 13, n. 26, 2020.

Dossiê – “Medievalismo(s), neomedievalismo e recepção da Idade Média em períodos pós-medievais”

Expediente

Traduções

Dossiê

Artigos

Primeiros Passos

Resenhas

  • LOEWEN, James. Patrañas que me contó mi profe. En qué se equivocan los libros de historia de los Estados Unidos. Madrid: Capitán Swing Libros, 2018. 647 páginas, ISBN: 978-84-948086- | José Antonio Abreu Colombri |

Boletim de História e Filosofia da Biologia. [?] v.14, n.4, 2020.

VOLUME 14, NÚMERO 4

DEZEMBRO DE 2020

Publicado pela Associação Brasileira de Filosofia e História da Biologia (ABFHiB)

O Patrimônio Cultural em Belo Horizonte | Revista Eletrônica do Arquivo Público da Cidade de Belo Horizonte | 2020

O Patrimônio Cultural em Belo Horizonte. Revista Eletrônica do Arquivo Público da Cidade de Belo Horizonte. Belo Horizonte, v7, dez. 2020. Acesso apenas pelo link original.

Campo de Poder dos grandes projetos urbanos da Região Metropolitana de Belo Horizonte | Daniel M. de Freitas


Resenhista

Leonardo Gonçalves Ferreira


Referências desta resenha

FREITAS, Daniel M. de. Campo de Poder dos grandes projetos urbanos da Região Metropolitana de Belo Horizonte. São Paulo: Annablume, 2017.  Resenha de: FERREIRA, Leonardo Gonçalves. Uma análise bourdiana sobre os grandes projetos urbanos da Região Metropolitana de Belo Horizonte. Revista Eletrônica do Arquivo Público da Cidade de Belo Horizonte. Belo Horizonte, v.7, p.358-362, 2020. Disponível apenas pelo link original.

Novas e velhas formas de regulação da gestão dos sistemas educacionais | Educar em Revista | 2020

A Rede de Estudos e Pesquisas em Planejamento e Gestão Educacional (REPLAG) vem apresentar uma proposta de dossiê como forma de compartilhar os resultados das pesquisas desenvolvidas pelo grupo no campo da educação. A Replag foi constituída no ano de 2013 com o objetivo de reunir pesquisadores de todo o país e da América Latina voltados aos estudos do planejamento e da gestão de sistemas educacionais em âmbito internacional, nacional e/ou local. Os estudos nesse campo científico se apresentam cada vez com maiores desafios tendo em vista os ajustes fiscais adotados pelos entes da federação brasileira, sobretudo, após a promulgação da legislação atual que estabelece um teto nos investimentos sociais que ameaça o caráter público e gratuito da educação escolar. Ademais, o projeto cultural conservador em curso no Brasil e em outros países vem disputar uma agenda política-pedagógica de regressão dos direitos humanos e do exercício do trabalho docente. O recrudescimento do projeto neoliberal de sociedade exige juntar esforços de pesquisadores e de trabalhadores docentes na defesa do direito à educação pública, laica, gratuita e emancipadora.

Por isso o debate sobre as novas e velhas formas de regulação da gestão dos sistemas educacionais se apresenta relevante nesse atual contexto de recrudescimento das forças conservadoras e ultraliberais. Desde a década de 1990, o campo da política educacional latino-americana e europeia vem problematizando as formas de regulação da educação pública que se apresentam de cariz gerencialista, tal como funciona o mercado. Leia Mais

Cultura digital e educação | Educar em Revista | 2020

A presente temática deste dossiê é resultado das nossas discussões, debates e pesquisas sobre os desafios atuais, tanto nas políticas públicas como nas práticas institucionais, que apontam a emergência do uso das tecnologias digitais na educação presencial e a distância, em todos os seus níveis. Emergência esta, aumentada e multiplicada a partir de 11 de março de 2020, quando a Organização Mundial da Saúde declarou o surto de uma pandemia provocada por um vírus. Os efeitos mundiais da pandemia foram muitos e continuam aumentando. Entre estes efeitos destaca-se o fechamento de escolas e universidades em pelo menos 115 países, que afetam bilhões de pessoas envolvidas nas comunidades educacionais: professores, estudantes, gestores, pais, etc.

As instituições de ensino foram orientadas a aproveitarem em ampla escala as ferramentas de tecnologias educacionais e muitas destas encaminharam-se para a ação se colocando numa Educação Online. No entanto, as instituições não pararam para refletir sobre o que já existe de pesquisa sobre tecnologias na educação, sobre como seria um web-currículo, quais competências e habilidades professores e alunos devem ter em uma modalidade que pressupõe o uso das tecnologias na Educação Online Não houve tempo para reflexão, pela urgência imposta, e muito do improviso levou as escolas a utilizarem as metodologias da Educação a Distância (EaD) de forma apressada. Segundo Costa (2010, p. 18) isto reforça o preconceito em relação a EaD, na qual “o maior problema consiste no fato de que, historicamente, a EaD ser tratada como modalidade de ensino utilizada como panaceia para todos os males da educação brasileira”. Leia Mais

Processos de privatização da educação em países latino-americanos | Educar em Revista | 2020

O presente dossiê pretende trazer elementos para o debate acerca da relação entre o público e o privado na educação em países latino-americanos, entendendo que essa relação, caracterizada por tênues linhas divisórias, tem se apresentado de diferentes formas com importantes implicações para a recente democratização da educação na região.

As organizadoras do dossiê atuaram na fundação e integram a Rede Latino-Americana e Africana de Pesquisadores em Privatização da Educação (RELAAPPE)1 e participam de dois grupos de pesquisa: Grupo de Pesquisa Relações entre o Público e o Privado em Educação (GPRPPE)2 e Grupo de Estudos e Pesquisas em Políticas Educacionais (GREPPE)3. Os grupos desenvolvem estudos sobre a privatização da educação com pautas e métodos específicos, todavia em permanente diálogo. Leia Mais

Educação, democracia e diferença | Educar em Revista | 2020

O organismo vivo, na situação determinada pelos jogos da energia na superfície do globo, recebe, em princípio, mais energia do que é necessário para a manutenção da vida: a energia (a riqueza) excedente pode ser utilizada para o crescimento de um sistema (de um organismo, por exemplo); se o sistema não pode mais crescer, ou se o excedente não pode ser inteiramente absorvido em seu crescimento, é preciso necessariamente perdê-lo sem lucro, despendê-lo, de boa vontade ou não, gloriosamente ou de modo catastrófico. […] Ai de quem, até o fim, quisesse ordenar o movimento que o excede com o espírito limitado do mecânico que muda um pneu (BATAILLE, 2013, p. 22-23).

Este dossiê é um emaranhado, ao mesmo tempo, teórico, político e afetivo. Supõe, antes de mais da nada, uma inquietação. Deriva, sobretudo, de um desejo de intervir na relação entre democracia e educação, emergido de uma amizade nos diferentes tempos e espaços de nossas interlocuções. Das escolas quilombolas na Bahia às drag-queens em festas escolares no Rio de Janeiro, nossos campos de investigação estão conectados aos estudos de gênero, sexualidade e raça a fim de analisar como essas categorias fazem teia no pensamento curricular brasileiro. A tríade que lhe serve de título e os problemas que suscita emergiram de nossas histórias múltiplas de conversas e trocas; histórias que dão consistência às nossas trajetórias intelectuais e de pesquisa1 e que, se não explicam, ao menos localizam o convite que guia este dossiê, tão gentilmente acolhido pela Educar em Revista 2. Nosso ponto de escora, nesse contexto, é a conjunção entre educação, democracia e diferença, sugerindo que o sintagma em questão demonstra uma relação possível e não uma identidade dada. Nesta apresentação, portanto, condensamos, mesmo que brevemente, provocações dos estudos de gênero, sexualidade e raça aos pressupostos ontológicos do ordenamento jurídico-colonial da democracia liberal. Leia Mais

Historia de América Latina Contemporánea. Córdoba, núm. 13, 2020

Número completo

Artículos

Artículos de Dossier: Exilios y asilos en/desde América Latina y el Caribe

Reseñas

Publicado: 2020-12-01

Educação a Distância e Práticas Educativas Comunicacionais e Interculturais. São Cristóvão, v.20, n.3, 2020.

Expediente

Editorial

Artigos Gerais

Publicado: 2020-12-01

Flávio Koutzii: Biografia de um militante revolucionário. De 1943 a 1984 | Bento B. Schmidt

Com o estudo a respeito da trajetória do militante revolucionário gaúcho Flávio Koutzii, o historiador e professor da Universidade Federal do Rio Grande do Sul, Benito Schmidt consagra-se como uma referência importante na historiografia especializada no campo biográfico. Após 10 anos de pesquisas com consultas a sete arquivos, (além do acervo pessoal do biografado), a 20 periódicos e cerca de 60 entrevistas, Schmidt constrói a história de vida do seu personagem, até o seu quadragésimo primeiro ano de vida, quando Koutzii retornou definitivamente para o Brasil e reconstruiu sua vida pessoal e política na sua terra natal, Porto Alegre. Em 20 de março de 2020 Flávio Koutzii completou 77 anos e eventualmente opina sobre os grandes temas nacionais, a partir de um ponto de vista marxista que consolidou ao longo de sua vida.

O texto de Schmidt é dividido em cinco partes, contando ainda com uma introdução – onde faz uma discussão teórica sobre o gênero biográfico – uma conclusão e um posfácio escrito pelo próprio Koutzii. O livro traz, ainda, uma contribuição de Guilherme Cassel (ministro do Governo Lula e companheiro de partido de Koutzii) e uma lista das fontes consultadas e entrevistas realizadas, bem como a bibliografia. Todo o projeto de pesquisa foi financiado pela CNPQ-CAPES, FAPERGS e foi desenvolvido com apoio de bolsistas ligados à graduação e à pós-graduação do Departamento de história da UFRGS. Leia Mais

Corpos em Aliança: Diálogos Interdisciplinares sobre gênero, raça e sexualidade | Ana Claudia Martins e Elias Ferreira Veras

Nas últimas décadas, temos testemunhados constantes transformações sociais, históricas, políticas e culturais, que abalaram as estruturas cishetonormativas dos antigos padrões de gênero, raça e sexualidade. As lutas feministas, as conquistas LGBTQIA+, os movimentos trabalhistas e a descolonização dos países africanos, por exemplo, que perpassaram o século passado, desdobrando-se até os dias atuais, culminam em novas formas contemporâneas de fazer política e ciência.

A obra Corpos em Aliança: Diálogos Interdisciplinares sobre gênero, raça e sexualidade, organizada por Elias Ferreira Veras e Ana Claudia Aymoré Martins, professor/a da Universidade Federal de Alagoas (UFAL), aparece nesse contexto teórico-metodológico-político de transformações, sendo oriundo dos debates realizados durante o II Colóquio diálogos interdisciplinares sobre gênero, raça e sexualidade: corpos em aliança, organizado pelo Grupo de Estudos e Pesquisas em História, Gênero e Sexualidade (GEPHGS/CNPq), do Curso de História da UFAL – com apoio do CNPq -, em Maceió (AL), no mês de maio de 2019. Leia Mais

Educar em Revista. Curitiba, v.36, 2020.

 Editorial

Artigo

 Dossiê – Novas e velhas formas de regulação da gestão dos sistemas educacionais

 Documentos

 Entrevista

 Dossiê – Cultura digital e educação

Amado Luiz Cervo / Intelligere – Revista de História Intelectual / 2020

Exegi monumentum aere perennius

Horácio, Odes, L. III, 39, v .1

Amado Luiz Cervo completa 80 anos em 2021. Não é apenas a data jubilar que motiva a elaboração do dossiê em sua homenagem. Com efeito, sua vida e sua obra elevaram um monumento mais duradouro do que o bronze para a história das Relações Internacionais.

A atuação de Amado Cervo nesse campo é ímpar e deixou marca profunda e indelével, tanto na constituição da área, como em sua consolidação, inovação e ampla disseminação pelo país afora, com múltiplas conexões internacionais com o que há de melhor e mais avançado na pesquisa.

Ao longo de cerca cinquenta anos Amado Cervo tornou-se referência incontornável na pesquisa e no ensino de Relações Internacionais, emprestando seu brilho à historiografia da intrincada rede de relações entre os estados e as sociedades no mundo, desde o final do século 18 até nossos dias. Brasil, Argentina, Chile, França, Itália, Estados Unidos, Grã-Bretanha, Espanha, Portugal… tantos cenários de intenso intercâmbio e produtiva cooperação.

Alguns de seus amigos e colegas decidimos prestar-lhe homenagem na forma que reflita seu impacto no campo da História da Relações Internacionais. Aquilo que se refere a sua obra, a sua atividade formadora de profissionais na área, a seu magistério em espectro de largo alcance.

Amado Cervo iniciou sua carreira universitária na Universidade de Passo Fundo (Rio Grande do Sul) e foi professor na Universidade de Brasília de 1976 a 2003, quando se aposentou, mantendo ainda por vários anos estreita colaboração científica com o Instituto de Relações Internacionais, de que foi um dos iniciadores.

Renomado e respeitado especialista, emprestou seu saber e seu fazer também à formação de gerações de diplomatas, como professor no Instituto Rio Branco, do Ministério das Relações Exteriores (Itamaraty). Por décadas pesquisador do CNPq, chegou à categoria de pesquisador sênior.

O presente dossiê reúne quatorze contribuições, de amigos e colegas que decidiram exprimir, em nome de muitos outros e muitas outras – nem todos puderam – com textos de apreciação e análise, a admiração pessoal e o apreço profissional que têm pelo mestre e amigo, colocando em relevo aspectos de seu pensamento e de sua ascendência sobre área.

Dividido em quatro partes, o dossiê aborda a inserção profissional, a formação intelectual e a origem familiar de Amado Cervo (I); seu impacto e influência nos estudos de história das Relações Internacionais e de Política Externa Brasileira, incluída sua inovação teórica e a discussão das “escolas de pensamento” dominantes; sua exemplaridade na prática do ensino de história das Relações Internacionais (III) e alguns casos ilustrativos da temática histórica em Relações Internacionais (IV).

Na primeira parte, Paulo Roberto de Almeida (Itamaraty), Raúl Bernal-Meza (Buenos Aires) e Denis Rolland (Estrasburgo) descrevem, situam e analisam a formação pessoal, a produção intelectual e a influência de Amado Cervo entre Brasil, França e América Latina. O balanço é rico e coloca em relevo como a reflexão de Amado Cervo amadureceu e evoluiu ao longo de lento, gradual e seguro processo crítico de pesquisa e de elaboração teórica dos conceitos diretores da historiografia brasileira de Relações Internacionais.

Em seguida, Paulo Visentini (UFRGS), Eiiti Sato (UnB), Tullo Vigevani com André Campos (Unesp), Adilson Franceschini (USP), Alexandre Moreli (USP) com Carlo Patti (UFG) e Raquel Patrício (Lisboa), analisam e discutem a concepção de Relações Internacionais de Amado Cervo em perspectiva histórica e em diálogo com as escolas francesa, italiana e inglesa. Percebese o itinerário de originalidade e independência crítica de Amado Cervo com relação a suas fontes e a pertinência de suas análises, em particular com relação às políticas externas do Brasil e a sua inserção no contexto latino-americano.

Na terceira parte, Thiago Galvão (UnB) e Günther Mros (UFSM) apresentam reflexões sobre como se deu a constituição do campo de ensino de História das Relações Internacionais no Brasil, o papel de Amado Cervo ao longo de décadas e os desafios que tal mister hoje põe.

Por fim, três estudos especializados de temas relevantes de filosofia da História (Nelson Gomes, UnB) e de história das Relações Internacionais (Wolfgang Döpcke e Estevão Martins, UnB) apresentam tópicos especializados que frequentam os debates contemporâneos.


MARTINS, Estevão de Rezende. Apresentação. Intelligere – Revista de História Intelectual. São Paulo, n. 10, 2020. Acessar publicação original [DR]

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Pergaminho. Patos de Minas, n.11, dez. 2020.

Pergaminho, n.11, dez. 2020

ARTIGOS

  • Costumes, lei e direito: a construção da Experiência Social e do Habitus em Edward Palmer Thompson…………………………………………………………………………………………….10
  • João Alfredo Costa de Campos Melo Júnior
  • “Só existe uma coisa pior que a meningite, não saber nada sobre a meningite”: analisando publicações acerca da epidemia de meningite no jornal Voz Diocesana (Campanha – MG, 1974 – 1975)…………………………………………………………………………….27
  • Edivaldo Rafael de Souza
  • Currículo formal e currículo oculto: breves reflexões acerca de seus efeitos no âmbito educacional…………………………………………………………………………………………..41
  • Géssika Mendes Vieira
  • Nínive Yuara
  • Gustavo Rezende dos Santos
  • “O pop não poupa ninguém”: a música pop e sua participação no cenário da vida noturna…………………………………………………………………………………………………………..49
  • Heitor Chagas e Silva
  • Adriane Silvério Neto
  • Reflexões sobre as vivências de professoras/es LGBTQIA+ na educação……………….64
  • Thales Amaral dos Santos
  • Wesley Frank da Silva Oliveira
  • Paulo Henrique de Queiroz Nogueira
  • Estudantes LGBTQIA+ na escola: o arco-íris nem sempre colorido………………………..79
  • Wesley Frank da Silva Oliveira
  • Thales Amaral dos Santos
  • Paulo Henrique de Queiroz Nogueira
  • Poesia, memória e produção de texto na educação básica…………………………………..89
  • Mara de Deus Patrício
  • Ambiente escolar como método de aprendizagem na Educação Infantil……………..100
  • Cássia Alves Soares
  • Edite da Glória Amorim Guimarães
  • Desvelando o Transtorno do Espectro Autista: o autismo…………………………………..114
  • Vitória Viana Caixeta
  • Edite da Glória Amorim Guimarães Pergaminho, n. 11, dez. 2020

DOCUMENTOS

  • Generosa com os recém-nascidos enjeitados: o pequeno testamento de Dona Custódia do Sacramento, Capitania do Rio Grande do Norte, 1788……………………….129
  • Thiago do Nascimento Torres de Paula

RESENHA

  • Libertação animal, libertação humana: veganismo, política e conexões no Brasil…135
  • Vitor Hugo de Araujo Rosa

Artes, história das ciências e técnicas: interações / Khronos – Revista de História da Ciência / 2020

Ciência e arte são duas faces da mesma efígie que representa a criatividade humana, expressões da imaginação que levam à busca pelo conhecimento e entendimento do mundo em que vivemos. É com esta convicção que foi preparado o dossiê deste número 10 de Khronos, que começa com o texto do artista plástico Walter Miranda. Embora não se costume apontar a presença feminina na produção artística, o ponto de partida deste artigo foi a procura de pintoras que, desde a Antiguidade (e talvez mesmo antes) deram contribuições notáveis a essa arte. Essa participação se intensificou bastante durante a longa Idade Média europeia, constituindo uma parte importante e pouco lembrada da história das técnicas, como ressaltado pelo autor.

Em seguida, Flávia Fassis e Lilian Martins introduzem a obra de Charles Le Brun, renomado pintor francês do século XVII, em sua relação com a fisiognomia. Acreditava-se então haver uma relação direta entre aspectos faciais e o caráter, as emoções e o temperamento humano. O filósofo e cientista René Descartes influenciou o trabalho de artistas contemporâneos como Le Brun com suas ideias sobre a alma– e a fisiognomia se tornou um auxiliar nas análises de fundo psicológico até recentemente, lembrando ainda que Charles Darwin utilizou elementos dessas teorias em seus estudos sobre a expressão das emoções em homens e animais.

Já a vida e obra de duas artesãs do Rio de Janeiro são examinadas por Desirée de Almeida, Davison Coutinho e Nilton Gamba Jr. Numa perspectiva etnográfica, conhecemos assim pessoas situadas em dois polos culturais, uma produtora de artigos de consumo popular e uma outra sendo especialista em perucas teatrais. O contraste sociológico entre ambas permite também uma reflexão sobre o lugar da artesania na história das técnicas, a partir dos seus simbolismos particulares transplantados para objetos de cultura material, assim como sua difusão em diferentes camadas sociais.

Uma singular e magnífica coleção de obras de arte do século XVII referentes à alquimia está abrigada em Filadélfia (EUA), no Centro de História da Ciência (antiga Fundação para o Patrimônio da Química), instituição mundialmente consagrada. Maria Rita Guercio fez pesquisas neste local e no presente texto introduz a história da alquimia e de suas transformações que levaram à química moderna, ilustrando o texto com obras de pintores flamengos que estão no acervo mencionado. Por vezes com ironia e tecendo comentários sobre os que se dedicavam à alquimia, essas obras permitem muitas possibilidades de leitura ao lado da história da ciência.

Os antigos papiros egípcios têm sido uma rica fonte de informações sobre a história das técnicas e Rosângela Pertile discorre sobre a história da medicina a partir de dois documentos desse tipo, sugerindo que a abordagem dessas fontes seja mais interdisciplinar. Um dos papiros descreve tratamento de fraturas e o outro trata de plantas medicinais recomendadas para várias doenças. O uso de imagens que ilustram os papiros elucida e complementa de forma decisiva aspectos dessa história que deve ter influenciado decisivamente tratados médicos posteriores como os gregos.

Para encerrar o dossiê, uma fotografia enigmática do celebrado Man Ray é analisada por Diego Rezende. Para isto, recorre à formulação clássica da teoria quântica, empreendida a partir de Niels Bohr (“interpretação de Copenhague”), tendo em vista sua aplicação à natureza da luz. A dualidade onda-partícula no caso luminoso e o princípio da incerteza se tornaram paradigmáticos com as experiências do tipo de dupla fenda, levando aos dogmas da quebra da causalidade e do princípio da não-contradição. Os paradoxos daí advindos são muito conhecidos e estabeleceram um cisma na física quântica, ainda não superado, apesar de propostas alternativas, como as da atual Escola de Lisboa. No texto, as ideias do movimento artístico do surrealismo na década de 1930 se concatenam com a visão citada da teoria quântica para propor uma possibilidade de explicação para a fotografia de Ray.

Os artigos de fluxo desta edição se iniciam com a análise sobre as formigas de Daniele do Carmo e André Frazão Helene. Intercalando um amplo arco da história dos estudos etológicos desses insetos que vivem em sociedade, tantas vezes considerada exemplar de virtudes morais, o texto mostra a influência de tais observações comportamentais sobre a cultura humana, presentes tanto na literatura quanto em fábulas e tradições de vários povos. Naturalistas, etnólogos e outros vislumbraram na coletividade das formigas aspectos que podem ser considerados metaforicamente justificativas para o próprio comportamento dos homens, tirando conclusões conforme a lição que se pretendia enfatizar.

Numa história da geometria algébrica, Renato Leme e Giorgio Venturi perpassam por um desenvolvimento milenar de noções cujas origens estão na geometria euclidiana e nas ideias platônicas. Ao longo dos séculos e passando por problemas na história das ideias como a caracterização teórica da perspectiva matemática no Renascimento, chega-se à contribuição fundamental da escola italiana do final do século XIX e posteriormente àquela do grupo francês Bourbaki, dando impulso à conceituação de “ponto genérico”, que se tem mostrado bastante fértil nos refinamentos resultantes da pesquisa matemática hodierna.

A Comissão Científica de 1859 se formou a partir de uma iniciativa da Corte imperial de Pedro II e foi integrada por naturalistas e estudiosos brasileiros, ainda que o país não tivesse uma tradição propriamente institucional de ciências, como analisado por Paulo Cesar dos Santos. Precursora das atividades da Comissão Geológica do Império e posteriormente das Comissões Geológicas e Geográficas que adentraram o período republicano, a Comissão Científica de 1859 se dedicou à província do Ceará, recolhendo observações e materiais usados para a exposição regional de 1861, que repercutiu e serviu de modelo para as futuras exposições nacionais.

A transposição do romance campeão de vendas de Umberto Eco para o filme O nome da rosa é objeto de estudo por Cecília Hulshof. Discutindo temas como veracidade e ficção, é introduzida a problemática das concepções entranhadas, mas inexatas, de obscurantismo da Idade Média, chamando a atenção para como isto influiu na própria História da Ciência. O papel dessas narrativas como auxiliar da prática didática do ensino de História é questionado, mas ao mesmo tempo se reconhece que as limitações encontradas não excluem o possível uso deste recurso.

Raiany de Oliveira reflete sobre as proposições do filósofo Jürgen Habermas em torno da ideia de progresso técnico e sua importância para a vida em sociedade. Dialogando com a proposição popularizada por Charles Snow sobre a barreira entre as ciências humanas e as exatas e naturais, o texto de Habermas é apresentado como uma tentativa de resgatar para nossos dias a noção de valor da modernidade, de que faz parte a tradição do progresso. Num viés latouriano, a autora comenta as possibilidades dessa valorização através dos estudos de Ciência, Tecnologia e Sociedade.

Duas tradicionais instituições da Universidade de São Paulo, a Faculdade de Medicina e a Faculdade de Medicina Veterinária estão entrelaçadas na vida do médico italiano Alfonso Bovero, como demonstram José Guilherme Closs, Maria Angelica Miglino e Edson Liberti em texto solidamente documentado. Bovero veio ao Brasil para ser o responsável pela cátedra de anatomia da recém-inaugurada Faculdade de Medicina e, com sua atuação, deixou discípulos importantes nessa especialidade, tanto na Universidade de São Paulo quanto na Escola Paulista de Medicina. A especialização crescente das ciências levou a anatomia para o Instituto de Ciências Biomédicas da USP a partir da década de 1970 e este fato se insere na problemática de dispersão de fundos arquivísticos, como ocorreu com o legado de Bovero. É de se notar que na USP não existe a formação em Arquivologia (apesar de ter contado com profissionais excelentes neste campo), lacuna preenchida apenas pela UNESP nas instituições superiores de São Paulo. As vicissitudes sofridas pelo legado de cultura material de Alfonso Bovero estão retratadas nesse texto e são representativas de problemas semelhantes sofridos por tantos fundos documentais brasileiros.

O mecanismo grego antigo encontrado no naufrágio de Anticítera tem sido o foco de inúmeras pesquisas e de intensa cooperação multidisciplinar e internacional. Beatriz Bandeira faz parte dessa rede e apresenta a tradução de um dos resultados mais importantes desse esforço, o artigo de Freeth et al. sobre os calendários do mecanismo mostrando os anos das Olimpíadas e as previsões de eclipses. Trata-se de artigo seguido de extensas Notas Complementares, ambos publicados em Nature (2008).

Fechando a edição, temos um necrológio sobre o emérito historiador da ciência Edward Grant, falecido em meados de 2020.

Desejamos aos leitores uma leitura gratificante sobre o amplo material desta edição, feita durante a (e apesar da) pandemia da Covid-19.

Gildo Magalhães – Editor


MAGALHÃES, Gildo. Editorial. Khronos – Revista de História da Ciência. São Paulo, n.10, dez., 2020. Acessar publicação original [DR]

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Oltre il giardino: filosofía di paesaggio | Massimo Venturi Ferriolo

En la obra Oltre il giardino: filosofía di paesaggio (“Más allá del jardín: filosofía del paisaje” –traducción propia–), el filósofo italiano Massimo Venturi Ferriolo se propone, con un estilo ensayístico, abordar al jardín como útero de la vida, propuesta que retomará un mito y metáfora vivos en Occidente. Él parte del argumento de que la filosofía del jardín se nos presenta como un “antídoto a los venenos de nuestro tiempo” (p. 5), en referencia a los modelos económicos liberales y neoliberales, a la vez que a los modelos obsesionados con la idea de desarrollo. Leia Mais

Estudios Históricos. Rivera, n.24, dic. 2020.

Estudios Históricos. Rivera, n.24, dic. 2020.

Artículos de este número:

  • 01 – Evolução tipológica do chalé habitacional ferroviário no bairro Itararé na cidade de Santa Maria/RS-Brasil – final do século XIX e início do XX
    Typological evolution of cottages for railroad workers in Itararé neighborhood in the city of Santa Maria/RS-Brazil – late 19th and early 20th centuries
  • Hugo Gomez Blois Filho (Brasil)
  • 02 – A comida como manifestação da cultura quando reparada
    Food as a manifestation of culture when prepared
    Cleber Cristiano Prodanov, Rogério de Vargas Metz (Brasil)
  • 03 – Representações sobre o patrimônio arqueológico de Santo Ângelo – RS
  • Representations about the historical heritage of Santo Angelo – RS
  • Andressa Domanski (Brasil)
  • 4 – Nas asas da resistência: a trajetória política do capitão-aviador Alfredo Ribeiro Daudt (1961-1980)
    In the wings of resistance: the political path of captain-aviator Alfredo Ribeiro Daudt (1961-1980)
  • Bruno Marinho Trindade (Brasil)
  • 05 – História da indumentária, inclusão e acessibilidade: exposição multissensorial no museu nacional do calçado
    Indumentary history, inclusion and accessibility: multisensory exposure at the national footwear museum
  • Regina de Oliveira Heidrich, Claudia Schemes,
    Ariberto de Farias Bauermann Filho, Sofia Schemes Prodanov. (Brasil)
  • 06 – Os usos do Almanack Laemmert para o estudo da cidade de Pelotas, seus habitantes e suas elites (c. 1907-1936)
  • The uses of Almanack Laemmert for the study of the city of Pelotas, its inhabitants and its elites (c. 1907-1936)
  • Jonas Vargas, Jéssica Rodrigues Peres. (Brasil)
  • 07 – Pensando na migração: retorno de brasileiros do Paraguai para o oeste do estado do Paraná
    Thinking about migration: Brazilians return from Paraguay to the west of the state of Paraná
  • Vanucia Gnoatto, Rosane Marcia Neumann. (Brasil)
  • 08 – O “triste” e “aprazível” engenho novo: um estudo de constituição da propriedade na cidade do Rio de Janeiro
  • The “sad” and “pleasant” engenho novo: a property constitution study in the city of Rio de Janeiro
  • Marcos Guimarães Sanches, Rachel Gomes de Lima. (Brasil)
  • 09 – Jornal socialista “SOCIAL” (Alegrete – RS, 1899): “Defensor da classe trabalhadora”
  • Socialist newspaper “SOCIAL” (Alegrete – RS, 1899): “Defender of the working class”
  • 10 – Branca, sadia e trabalhadora: o ideal de infância brasileira construído pela revista Educação Physica (1939- 1944)
  • White, healthy and hardworking: the ideal of brazilian childhood built by the journal Educação Physica (1939-1944)
  • Jéferson Luís Staudt, Magna Lima Magalhães. (Brasil)
  • 11 – O capital escravista-mercantil e a escravidão nas américas
  • Slave-mercantile capital and slavery in the Americas
  • Iraci del Nero da Costa, Julio Manuel Pires. (Brasil)
  • 12 – História e historiografia de um líder político: a trajetória política de José Antônio Flores da Cunha (1930-1937)
  • History and historiograph of political lider: the political trajectory of José Antonio Flores da Cunha (1930-1937)
  • Antônio Manoel Elíbio Júnior, Leonardo de Santos Nascimento. (Brasil)
  • 13- A missão do barão de Penedo à Roma em 1873 no contexto das relações diplomáticas do império do Brasil com a Santa Sé
  • The mission of barão de Penedo to Rome in 1873 in the context of the diplomatic relations of the empire of Brazil with Santa Se
  • Adelar Heinsfeld (Brasil)
  • 14 – Presupuestos teóricos-conceptuales del gobierno provisional revolucionario en Cuba
  • Theoretical-conceptual budgets of the provisional revolutionary government in Cuba
  • René Reinier Hidalgo Ramírez. (Cuba)
  • 15 – Coverage of the problem of the development of musical vocational education in Russia in the works of pre-revolutionary researchers
  • N. Suetin. (Rusia)
  • 16 – La moda en tiempos revueltos
  • Fashion in revolved times
  • Mariana Rava. (Uruguay)

Revista Expedições. Morrinhos, v.11, n. Fluxo Contínuo, 2020.

La peste nella storia / William McNeill

McNEILL William H sepolti vivi
William Hardy McNeill  / Foto: Wikipedia /

McNEILL W La Peste nella storia sepolti viviQuesto libro di William Hardy McNeill, scrittore canadese, storico ed esponente della global history (1917-2016), propone un’ampia ricostruzione degli incontri dell’umanità con le malattie infettive al fine di dimostrare come il variare della circolazione epidemica abbia da sempre influito sulle vicende umane e come il ruolo di tali malattie sia stato e rimanga fondamentale per l’equilibrio della Natura.

L’ analisi è basata sul parallelismo tra il microparassitismo degli agenti patogeni e il macroparassitismo dei grossi predatori, i più importanti fra i quali sono sempre stati gli esseri umani. Sia i micro che i macroparassiti hanno interesse a spremere risorse dalle loro vittime. Ma quando esagerano e le uccidono, finiscono per soccombere, a loro volta, per mancanza di cibo.

Le civiltà devono dunque trovare e mantenere il giusto equilibrio tra queste due categorie di parassiti, ripristinandolo quanto prima, in caso di alterazioni dall’esterno, pena la loro estinzione.

Le sofferenze e l’annientamento di intere popolazioni a causa delle pandemie sono documentate fin dai tempi più antichi da fonti provenienti da civiltà come quelle mesopotamiche, quella egizia e quella cinese. McNeill ne fa un’analisi approfondita compensando con ipotesi e speculazioni ben argomentate la mancanza di sufficienti prove relative ad alcune aree del mondo e scegliendo una periodizzazione che dal Paleolitico si articola in sei fasi, corrispondenti ad altrettanti capitoli del testo, corredati ciascuno da un notevole apparato di citazioni bibliografiche. Un’interessante introduzione spiega la genesi del libro a partire dagli interrogativi posti dalla conquista spagnola dell’impero Azteco da parte di un esiguo gruppo di uomini. In appendice un elenco di epidemie verificatesi in varie zone della Cina dal 243 a.C.al 1911 d.C.

L’uomo cacciatore

L’habitat naturale dei primi uomini del Paleolitico era quello delle foreste pluviali africane, popolate da molti parassiti monocellulari capaci di vivere in modo indipendente, senza bisogno di sfruttare l’organismo di un qualunque ospite. Tali ambienti mantennero un buon equilibrio naturale tra predatori e prede, fino all’acquisizione da parte degli esseri umani di nuove tecniche che, condivisibili grazie all’acquisizione del linguaggio, permettevano loro di organizzarsi in gruppo e di cacciare i grossi predatori erbivori delle savane africane. Lo sfruttamento di risorse prima inaccessibili proiettò gli esseri umani al vertice della catena alimentare, senza mutare radicalmente il sistema dentro al quale si erano evoluti. Risultati molto più evidenti si verificarono quando si spostarono in ambienti caratterizzati da climi freddi e asciutti, dove il problema non era rappresentato dai microparassiti, molto meno numerosi ma dai macroparassiti.

I cacciatori riuscirono a sopravvivere imparando ad addomesticare il fuoco e a coprirsi con le pelli degli animali, ma quando le risorse di selvaggina si esaurirono, inevitabili furono le crisi di sopravvivenza in varie parti del mondo, crisi rese ancor più gravi da radicali mutamenti climatici a partire dal 20.000 a.C. L’ingegnosità umana trovò allora nuove strategie per vivere: lo sfruttamento delle coste marine con lo sviluppo della pesca e la raccolta di semi commestibili diede poi vita all’agricoltura, permettendo un rapido aumento demografico e favorendo in breve tempo la nascita di centri urbani.

L’affiorare alla storia

Pastori e agricoltori alterarono gradualmente i diversi ambienti, riducendone la varietà biologica ed accorciando le catene alimentari con il conseguente aumento dei microorganismi patogeni, invisibili all’occhio umano, a differenza dei macrorganismi.

Le colture irrigue ad esempio crearono una situazione climatica simile a quella delle foreste pluviali favorevole alla trasmissione di parassiti patogeni alla popolazione rurale.

L’intelligenza umana si attivò anche in questo caso elaborando prescrizioni dietetiche, come il divieto di mangiare carne di maiale presso ebrei e musulmani, e sanitarie, come l’espulsione dei lebbrosi dai villaggi, nel tentativo di arginare le malattie infettive.

La maggior parte di esse, il morbillo ad esempio, il vaiolo o l’influenza, furono trasmesse alle popolazioni umane da animali domestici oppure furono la conseguenza dell’inserirsi degli umani in un processo patologico presente fra gli animali selvatici, come nel caso della peste bubbonica, della febbre gialla e dell’idrofobia.

Dopo un lungo e continuativo contatto tra gli agenti patogeni e l’uomo, le infezioni virali e batteriche divennero endemiche in alcune società che acquisirono la capacità di resistere ai contagi (immunità di gregge), ottenendo in tal modo un grande vantaggio nell’ incontro con altri gruppi umani più semplici e sani destinati a soccombere per l’azione associata della malattia e della guerra.

Fusione dei serbatoi di virus delle aree civili dell’Eurasia: 500 a.C. -1200 d.C.

Durante il primo millennio a.C. si verificò una stabile condizione di equilibrio fra macro e microparassitismo nei tre più importanti centri di insediamento umano: la Cina, l’India e il bacino del Mediterraneo. Ciò permise una costante crescita demografica e un’espansione territoriale a ciascuna di queste civiltà, che avevano sviluppato un proprio serbatoio di virus capace di diventare letale solo se libero di diffondersi presso popolazioni prive di immunità.

Questo accadde a partire dal I secolo d.C. quando i viaggi di terra e di mare dalla Cina e dall’India fino al Mediterraneo divennero sempre più frequenti, con il conseguente scambio non solo di merci, ma anche di infezioni tra le varie civiltà. L’esposizione a nuovi agenti patogeni ebbe ben poco effetto in India, in Cina o anche nelle zone insulari del mondo, mentre l’incessante verificarsi di scoppi di gravi pestilenze fu una delle concause ad esempio della caduta dell’Impero Romano d’Occidente.

Il Mediterraneo, i cui porti furono regolarmente colpiti dalle pestilenze, fu successivamente sostituito come centro di civiltà dai paesi europei più settentrionali, meno depauperati delle proprie risorse e avvantaggiati da una serie di innovazioni delle tecniche agricole che favorirono un notevole aumento della popolazione.

L’influsso dell’impero mongolo sul mutamento degli equilibri delle malattie:1200-1500

La peste nera del 1346 ridusse di un terzo la popolazione europea. Responsabile di tale infezione era la Pasteurella pestis, bacillo scoperto solo nel 1894, trasmesso agli umani dalle pulci dei roditori presenti nelle steppe euroasiatiche che ne erano cronicamente infette.

La peste giunse in Europa grazie alle piste carovaniere che attraversavano l’Asia, percorse da mercanti, corrieri postali ed eserciti. Dalla Crimea il bacillo salì poi a bordo delle navi, si diffuse in tutti i porti del Medio Oriente e d’Europa e da lì verso l’entroterra.

Molte furono le conseguenze di questa epidemia: psicologiche (paura della morte, colpevolizzazione degli Ebrei, ricorso a rituali o processioni come quelle dei flagellanti), culturali (la decadenza del latino in seguito alla morte di molti chierici e la diffusione delle lingue vernacolari, la danza macabra come tema ricorrente in pittura, una nuova spinta al misticismo), economiche (aspri scontri fra classi sociali).

Ebbe inoltre inizio un nuovo processo culturale attraverso il quale gli uomini impararono a ridurre al minimo i rischi dell’infezione: norme sulla quarantena da rispettare nei porti e altre regole introdotte dai governi delle città-stato specialmente in Italia e Germania. La stessa cosa non accadde nel mondo musulmano che, condizionato da una visione fatalista della malattia, guardava con diffidenza alle misure sanitarie proposte dai cristiani.

Le infezioni bubboniche continuarono ciclicamente a manifestarsi nell’Europa orientale determinando un progressivo disgregamento sociale e una spartizione delle steppe euroasiatiche fra gli imperi agricoli confinanti di Russia e Cina.

Scambi transoceanici tra il 1500 e il 1700

Gli incontri con le malattie infettive, irrilevanti prima dell’arrivo delle popolazioni europee e africane nel Nuovo Mondo, provocarono un imponente disastro demografico fra gli Amerindi sterminati dal vaiolo più che dalle armi degli invasori.

Senza questa malattia, sconosciuta alle popolazioni del Nuovo Mondo e interpretata come punizione divina, gli Spagnoli non sarebbero riusciti a conseguire la vittoria sugli Aztechi in Messico e sugli Inca in Perù. Dio sembrava favorire i bianchi e arrendersi alla superiorità spagnola, convertendosi poi alla loro religione, era la sola reazione possibile.

Altre epidemie si succedettero in quei territori che non raggiunsero mai una stabilità epidemiologica.

In Europa invece, tra 1300 e il 1700, si giunse a un progresso fondamentale: la “domesticazione” delle malattie epidemiche, che si trasformarono in malattie infantili, divenendo progressivamente endemiche e garantendo un regolare aumento della popolazione.

Va considerato inoltre il fatto che l’introduzione di piante e animali del Vecchio Mondo danneggiò gli equilibri ecologici preesistenti nelle Americhe, mentre le piante da lì esportate verso l’Europa garantirono la possibilità di produrre quantità supplementari di cibo.

McNeill insiste nel sottolineare come questa sia una vicenda esemplare per dimostrare il ruolo avuto dalle malattie infettive nel modellare la storia umana. Gli Europei acquisirono la tecnica della navigazione transoceanica e conquistarono molte regioni del mondo, ma la batteriologia fu importante almeno quanto la tecnologia nel decretare la loro supremazia.

L’influsso della scienza medica e dell’organizzazione sanitaria sull’ecologia a partire dal 1700

La creazione di nuovi equilibri ecologici si verificò soltanto nelle aree del mondo caratterizzate da stabilità politica e dalla possibilità di espandere la propria produzione agricola in modo da garantire un regolare aumento demografico.

Un maggiore ricorso all’allevamento del bestiame comportò ad esempio una maggiore assunzione di proteine nella dieta umana e un potenziamento nella formazione di anticorpi contro le infezioni.

Fra il 1200 e il 1700 i medici europei acquisirono nuove competenze grazie alle scuole di medicina e agli ospedali dove potevano osservare ripetutamente i sintomi e il decorso di una patologia.

Ma fu solo a partire dalla fine del XIX secolo che la ricerca medica riuscì ad isolare i germi delle varie malattie infettive ancora capaci di provocare milioni di morti come ad esempio il colera, procedendo anche alla realizzazione dei vaccini, come quello del vaiolo.

I primi decenni del XX secolo videro poi la nascita della medicina preventiva che perseguiva soprattutto il miglioramento delle condizioni igieniche delle case, dei servizi sociali, delle riserve idriche.

Va sottolineato l’importante ruolo dell’amministrazione sanitaria militare preoccupata di tutelare la salute degli eserciti, elemento fondamentale per l’affermazione dello Stato nel continente europeo.

Nonostante i continui progressi, la tecnica e la scienza non hanno ancora liberato l’umanità dalla sua antichissima condizione che la rende vulnerabile ai microparassiti e per il futuro immediato rimane evidente che stiamo attraversando uno dei più grandi sconvolgimenti ecologici mai conosciuti dal nostro pianeta.

Livia Tiazzoldi


McNEILL, William Hardy. La peste nella storia. L’impatto delle pestilenze e delle epidemie nella storia dell’umanità. Milano: Res Gestae, 2012 (1975). 282p. Resenha de: TIAZZOLDI, Livia. Il Bollettino di Clio, n.14, p.149-152, dic., 2020. Acessar publicação original 

Crisi. Come rinascono le nazioni / Jared Diamond

DIAMONT Jared sepolti vivi
Jared Diamond / Foto: Lavin Agency /

DIAMOND J Crisi sepolti viviJared Diamond, noto geografo, antropologo, ornitologo americano, meglio noto al pubblico italiano per il suo volume più famoso, Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, pubblicato nel 1997, si è costruito con questo testo, a pieno diritto, anche la fama di storico e di divulgatore. In seguito adottando un metodo di analisi multidisciplinare, da lui stesso definito pensiero orizzontale, che dispone lo scienziato all’integrazione di ambiti apparentemente separati, si è applicato allo studio della questione ambientale con il volume Il collasso (2005).

Nell’ultimo suo lavoro, di cui diremo in questa recensione, l’autore spostando la sua attenzione sulla storia più recente, ha analizzato il concetto di crisi attraverso lo studio di sette casi, riguardanti la Finlandia nel periodo della guerra con l’Urss, il Giappone nel periodo Meiji, il Cile di Pinochet, l’Indonesia degli anni Sessanta, la Germania e l’Australia del secondo dopoguerra, gli Stati Uniti nel periodo storico attuale. Il volume intitolato Crisi. Come rinascono le nazioni è stato pubblicato nel 2019 dall’editore Einaudi.

Il termine crisi, utilizzato in molteplici accezioni e quindi applicabile in diversi ambiti, nella sua origine etimologica greca afferisce “all’area semantica di separare, decidere, distinguere. Quindi potremmo pensare alla crisi come a un momento di verità, un punto di svolta in cui la differenza fra la realtà che precede quel momento e la realtà che lo segue è molto più marcata che nella maggior parte degli altri momenti” (pag. XIX).

Questa è la definizione dalla quale prende spunto Diamond. Ma l’aspetto più originale di questo corposo lavoro risiede nella scelta dell’autore di adottare la prospettiva delle crisi individuali, che capitano ad ognuno di noi nel corso della vita, per applicarla alle crisi delle nazioni. E lo fa in modo coerentemente scientifico, accogliendo le tesi della cosiddetta terapia della crisi, una teoria ed una pratica terapeutica ideata dallo psichiatra Erich Lindemann che si sforzava di risolvere in tempi brevi le angosciose condizioni di crisi esistenziali dei propri pazienti.

Diamond, partendo da alcuni fattori che possono rivelarsi utili al superamento delle crisi individuali, costruisce a specchio un elenco di fattori che dovrebbero consentire di rispondere alle crisi collettive di livello nazionale e sovranazionale. Ma guardiamoli più da vicini questi fattori (a sinistra quelli che riguardano l’individuo, a destra quelli che riguardano invece le nazioni:

  1. Riconoscimento dello stato di crisi / consenso circa lo stato di crisi nazionale. / accettazione della responsabilità nazionale.
  2. Tracciare un confine / confini chiari per delineare i problemi nazionali da risolvere.
  3. Chiedere aiuto agli altri / richiesta di aiuto materiale ed economico ad altre nazioni.
  4. Gli altri come modello / le altre nazioni come modello per la risoluzione dei problemi.
  5. Forza dell’io / identità nazionale.
  6. Capacità autocritica / capacità di autovalutazione nazionale onesta.
  7. Esperienze di crisi pregresse / esperienza storica di crisi nazionali precedenti.
  8. Pazienza / presa in carico del fallimento nazionale.
  9. Flessibilità / flessibilità nazionale in situazioni specifiche.
  10. Valori fondanti / valori fondanti nazionali.
  11. Libertà dalle costrizioni / libertà da costrizioni geopolitiche.

Possono i fattori individuali adattati e applicati alla storia delle nazioni rivelarsi utili per la comprensione degli esiti delle crisi nazionali?  Come è facilmente comprensibile l’adattamento a specchio dei fattori di crisi dall’individuo alle nazioni non si rivela così automatico e tuttavia il tentativo portato avanti da Diamond è in grado di suscitare la curiosità dei lettori e non è privo di interesse per lo storico.

Per portare avanti le sue tesi l’autore prende in considerazione i sette casi di crisi che abbiamo anticipato in precedenza che hanno caratteristiche diverse e riguardano nazioni le cui storie sono molto differenti tra loro.

Non abbiamo modo in questa recensione di esaminarli tutti nel dettaglio, anche per non togliere al lettore il piacere di seguire Diamond nelle sue analisi. Ci soffermeremo quindi solo sull’esempio della storia del Giappone.

Fino al 1853 questo paese somigliava molto all’Europa medievale con una struttura gerarchica di tipo feudale, controllata al vertice dallo shogun, proprietario di larga parte delle terre e dai signori, i daimyo, soggetti a lui. L’imperatore, figura fantoccio, era sostanzialmente privo di potere reale. Rispetto agli stranieri il Giappone mantenne, fino alla metà dell’Ottocento contatti limitati e sufficientemente controllati dal governo. Questo equilibrio si ruppe con l’intervento militare degli Usa che cercavano di rompere l’isolamento degli shogun. Si apriva quella che può essere considerata una fase di crisi acuta per la nazione nipponica che durò circa quindici anni e si tradusse in un capovolgimento dei rapporti interni di potere, un cambiamento dei rapporti del Giappone con il mondo esterno e più in generale una trasformazione del paese. Fu ripristinato il potere reale dell’imperatore, fu avviata una politica di riforme di stampo occidentale e fu progressivamente attenuato l’isolazionismo commerciale del Giappone.

Al termine della sua narrazione degli eventi e dei processi che interessarono questa nazione dal periodo dello shogunato al periodo cosiddetto Meiji Diamond ci mostra anche quali, tra gli indicatori del suo modello, possono aiutarci a comprendere il comportamento adottato dalla nazione nipponica per uscire dalla crisi di quegli anni.

Il Giappone si distingue, più degli altri paesi presi in considerazione, per aver saputo prendere come modello le altre nazioni per la risoluzione dei problemi (Fattore n.5 dell’elenco). La Costituzione come l’organizzazione militare e il codice civile prendono infatti spunto dai modelli tedeschi, inglesi, americani. Riesce inoltre a mettere in atto una capacità di autovalutazione nazionale realistica e onesta (Fattore n.7 dell’elenco) riconoscendo che “i barbari erano molto più forti e che l’unico modo per rafforzarsi era proprio imparare da loro”. Dimostrò infine di essere in grado “di tracciare un confine e di adottare il cambiamento in modo selettivo (Fattore n.3). Molti furono infatti gli ambiti della società nipponica interessati dal rinnovamento, da quello economico a quello giuridico, militare, politico, sociale e tecnologico; ma il Periodo Meiji seppe anche conservare importanti prerogative del Giappone tradizionale, come l’etica confuciana, la venerazione nei confronti dell’imperatore, l’omogeneità etnica, la pietà filiale, lo scintoismo e il sistema di scrittura nazionale”.

Con lo stesso metodo di narrazione storica, di spiegazione e di interpretazione comparativa l’autore si avvicina alla storia degli altri paesi presi in considerazione. E non si può non osservare la sua abilità di scrittura, un piacevole e pacato tono espositivo, la tendenza a mescolare esperienze personali e private con argomentazioni di ordine generale che mantengono viva l’attenzione del lettore.

Ma non è solo sulla storia passata che Diamond mette alla prova il suo modello interpretativo. Nella terza parte del libro prende in considerazione le crisi in corso su scala nazionale del Giappone e degli Stati uniti e le sfide che il mondo nella sua dimensione globale dovrà affrontare per evitare nuove crisi.

Emergono così, in tutta la loro evidenza problemi ben noti nel presente e che riguardano per il Giappone il debito pubblico, il ruolo della donna in una società avanzata, il calo e l’invecchiamento demografico, il rapporto con la Cina e la Corea, la gestione delle risorse naturali, mentre per gli Usa l’autore sottolinea in particolare “il crescente e preoccupante deterioramento della nostra capacità di raggiungere il compromesso politico” causa di “una polarizzazione, di una intolleranza e litigiosità della società americana” partita dalla classe politica per estendersi all’elettorato e in tutti gli ambiti della vita sociale.

L’analisi dei fattori di crisi si estende infine, nell’ultima parte del libro, ai possibili scenari futuri e ai fattori che “minacciano le popolazioni della terra e i nostri standard di vita in generale…e rischiano di minacciare a livello globale la sopravvivenza stessa della civiltà.” Diamond ritiene di identificare questi fattori di potenziale crisi nell’impiego di armi nucleari, nei cambiamenti climatici, nell’esaurimento delle risorse del pianeta e nelle disuguaglianze negli standard di vita.

Diamond ha scritto questo libro nel 2019 a breve distanza dallo scoppio della drammatica crisi pandemica che ha colpito non le singole nazioni ma l’intero pianeta. Ci potremmo chiedere se questo modello di interpretazione della storia, alla luce del concetto di crisi, ci potrà essere utile anche per il superamento di questa crisi pandemica. La risposta ci viene dallo stesso autore in una serie di articoli pubblicati negli ultimi mesi sulla stampa internazionale e italiana. I fattori di potenziale crisi nel prossimo futuro, dianzi esposti, e cioè armi nucleari, clima, risorse del pianeta e disuguaglianze, sono ben più importanti che la pandemia: il Covid-19 non è che un piccolo cruccio momentaneo, ben più importanti saranno le conseguenze di un fattore di crisi come ad esempio il cambiamento climatico. Il saldo delle vittime umane provocate dal clima che cambia è già più pesante rispetto al saldo attuale delle vittime del Covid-19 e non basterà un vaccino per risolvere la crisi o meglio le crisi che il clima è in grado di produrre. Perché l’allarme su questo aspetto non è almeno pari a quello generato dal virus? Le pagine finali del libro, sempre sul filo della comparazione storica e dei possibili scenari futuri del mondo, pongono al lettore un interrogativo se cioè “le nazioni hanno sempre bisogno di una crisi per sentirsi motivate ad agire o sanno anche agire in modo preventivo”. Gli esempi proposti da Diamond in questo libro non risolvono la questione, nel senso che talvolta le nazioni hanno avuto la necessità di attraversare una crisi prima di adottare cambiamenti, talvolta invece hanno prevenuto la crisi adottando scelte che hanno permesso di evitarla. D’altronde è ciò che accade ai singoli individui che di fronte ad una possibile crisi nella loro esistenza talvolta giocano d’anticipo, talvolta riescono a reagire solo quando la crisi ci ha già travolti come ricorda un aforisma di Samuel Johnson:  “Credetemi, signore, quando un uomo sa che nel giro di due settimane sarà impiccato, la sua mente si concentra in modo meraviglioso”.

Giuseppe Di Tonto


DIAMOND, Jared. Crisi. Come rinascono le nazioni. Torino: Einaudi, 2019. 450p. Resenha de: DI TONTO, Giuseppe. Il Bollettino di Clio, n.14, p.153-156, dic., 2020.  Acessar publicação original

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La Spagnola in Italia 1918-1919 / Eugenia Tognotti

TOGNOTTI E Eugenia sepolti vivi
Eugenia Tognotti / Foto: La Stampa /

TOGNOTTI E La Spagnola in Italia sepolti viviMisure di distanziamento sociale, sospensione delle riunioni pubbliche, divieto di assembramento, limitazione all’uso dei mezzi di trasporto, chiusura di scuole, chiese e teatri: il lockdown di un secolo fa. La storia delle pandemie ci riporta, con il libro di Eugenia Tognotti, al biennio 1918-’19, nel pieno della terribile Spagnola; in effetti, gli echi di una malattia che sembrava sfuggire a ogni possibilità di intervento umano non sono poi così differenti da quelli riportati dai media oggi. La difficoltà diagnostica legata alla scarsa specificità del quadro sintomatico, simile a quello di altre malattie influenzali, ma ben più letale, l’elevato potenziale contagioso, la concomitanza con la guerra fecero rapidamente delinearsi il quadro di una tragedia collettiva.

“… Fame, peste, guerra. In tutta Italia vi è una grande epidemia chiamata febbre spagnola che anche capitò a Monterosso, non vi potete immaginare quanta gioventù muore, se dura ancora non restiamo nessuno […]. Si muore come l’animali senza il conforto di parenti e amici”. Il tono tragico di questa come di altre lettere, inviate da cittadini italiani a congiunti e amici residenti all’estero e richiamate nel volume, non lascia dubbi sulla gravità della situazione venutasi a creare a seguito della diffusione della Spagnola. Tuttavia, la documentazione ufficiale di quegli anni non fornisce un riscontro corrispondente, né permette di rilevare le reali dimensioni del problema; anzi, ci restituisce l’immagine di un dramma che si delinea a tinte flebili, almeno nella prima fase. E se anche oggi non è raro trovare memoria orale della terribile malattia, meno presente e più sfumata è la versione dei canali divulgativi ufficiali, apparati ministeriali, trattati scientifici, organi di informazione; tanto che molti interrogativi ancora rimangono in attesa di una risposta. Sui giornali dell’epoca le tracce della prima ondata dell’epidemia sono ineffabili, la tragedia che si consuma ha ancora tratti deboli e contorni sfocati. Quasi nulla riesce a trapelare della reale diffusione, delle incertezze del mondo accademico e scientifico, delle disfunzioni del sistema sanitario.

Come mai tale silenzio? Evidentemente, c’erano buoni motivi perché la realtà fosse taciuta o sottostimata. Nell’Italia lacerata dal primo conflitto mondiale, la morsa della censura dello Stato che proibiva la pubblicazione di informazioni militari si strinse, nel momento più drammatico della guerra, anche attorno alla Spagnola, la guerra sanitaria: fornire al nemico austro-ungarico informazioni sulla gravità della situazione reale era considerato contrario agli interessi nazionali, soprattutto nel momento in cui si stava preparando l’offensiva decisiva. Le direttive governative erano ferree per quanto riguarda il controllo dell’informazione: prevedevano addirittura il sequestro per le testate che avessero pubblicato articoli esplicativi. In realtà, ben prima dell’arrivo della Spagnola i giornali si erano esercitati a tacere ogni notizia che potesse avere un effetto demoralizzante sulla popolazione, aggredita già da diverse malattie epidemiche, come il colera, il tifo e il vaiolo.

Dopo il negazionismo del primo periodo – tutt’al più trafiletti tranquillizzanti, brevi note dai tratti ironici sulle pagine locali – finalizzato al consenso e al sostegno al mondo economico e produttivo necessario per la gestione della contingenza bellica, si rileva l’evidente difficoltà delle agenzie governative nel controllo e nell’orientamento della stampa; il diritto del cittadino all’informazione rimase, comunque, fortemente limitato, anche se risultò impossibile nascondere totalmente la realtà quando l’epidemia raggiunse l’acme.

Il saggio di Eugenia Tognotti, pubblicato nel 2002 e aggiornato nell’edizione del 2015, fornisce nuove conoscenze sulla pandemia influenzale del 1918. L’autrice ricorre a una molteplicità di fonti per ricostruire gli aspetti epidemiologici e socio-sanitari, ripercorrendo la cronologia di quegli anni: carteggi amministrativi, provvedimenti delle Autorità sanitarie, relazioni ministeriali. Ma sono presenti e riccamente documentati, grazie alla ricerca effettuata sui quotidiani dell’epoca e negli archivi di scrittura popolare, anche altri tratti che possono efficacemente contribuire alla costruzione del quadro storico del periodo, come le relazioni sociali, i comportamenti dei soggetti, le credenze e le idee ricorrenti: l’impatto che il dilagare della malattia esercitò sull’immaginario e che trovano, in modo sorprendente, una forma di continuità nelle crisi epidemiche, dai tempi lontani alla contemporaneità.

Chi non ricorda la mesta colonna dei carri militari diretti al cimitero di Bergamo, recentemente proposta dai media? Allo stesso modo, le immagini delle salme trasportate con mezzi speciali, delle inumazioni senza la presenza delle famiglie, dei depositi di feretri presso il cimitero monumentale e la stazione tranviaria di Porta Romana di Milano ebbero, negli anni 1918-’19, un enorme impatto sociale. “Non più preti, non più croci, non più campane” riferiva desolata una donna foggiana al genero. Le principali componenti dei rituali funebri, le cerimonie per elaborare il lutto, la condivisione del dolore nell’ambito familiare, l’intreccio fra la dimensione privata e quella pubblica erano cancellati dalla morte per Spagnola. Le fonti epistolari esprimono lo sconvolgimento del vissuto, lo smarrimento e l’angoscia di fronte ai divieti. “E’ una malattia brutta e schifosa che non ti portano nemmeno in Chiesa”, scriveva un abitante di Bedonia in una lettera diretta a New York. Ancora più della morte, sembrava incutere paura la desacralizzazione del corpo, il suo essere considerato un fardello pericoloso di cui disfarsi prima possibile.

Sono stati “i prigionieri dell’isola dell’Asinara a portare il tifo, il colera e altre malattie contagiose. Le autorità non erano riuscite a isolarle come avrebbero dovuto”; quindi, “i venditori ambulanti che bazzicavano di nascosto gli appartamenti” li introducono nelle case. Le parole del prefetto di Alghero nell’anno 1915 ci ricordano che, anche prima che si manifestasse la Spagnola, un’epidemia assume i tratti del dispositivo di emarginazione. Accade oggi, succedeva in un passato ben più lontano, avvenne anche in quel difficile biennio. La necessità dell’igiene e della disinfezione diventava un’ossessione e, almeno in alcuni strati della società, nascondeva la fobia del contatto con quelle parti sociali – quasi sempre gli abitanti dei quartieri popolari delle città – che si sottraevano all’imperativo delle norme igieniche e che venivano, quindi, considerate a rischio. Si trattava dei soggetti socialmente fragili, che occupavano misere case e angusti tuguri, in vie marginali e cosparse di rifiuti. Se non era più possibile, in pieno XX secolo, l’allontanamento coatto delle masse minacciose dei derelitti fuori del contesto urbano, rimaneva, però, lo stigma contro i portatori di germi, pericolosi vettori della Spagnola, incapaci di adeguarsi alle norme igieniche dominanti.

In realtà, scrive la Tognotti, l’aggressione epidemica del 1918 costituisce un’eccezione a una costante sociale: non operò distinzioni di classe. Tuttavia, la prospettiva storica ci restituisce una novità sul piano demografico e sociale: particolarmente bersagliate dalla malattia, con una mortalità superiore a quella degli uomini, erano le donne. L’epidemia non si era incaricata di porre rimedio all’ineguaglianza di fronte ad una morte di genere, quella in guerra, che mieteva solo vittime maschili; altrove dovevano essere ricercate le ragioni di un fenomeno che colpiva la comunità ma che, all’epoca, non furono subito chiare: l’epidemia infierì in modo particolare sulle giovani donne e sulle ragazze che si erano appropriate quasi in esclusiva del compito di assistenza e di cura dei malati, nelle famiglie e fuori. Una rilevante presenza femminile si stagliava con forza sullo scenario pubblico e si concretizzava nella partecipazione alle riunioni operative, nella distribuzione dei generi alimentari, nel confezionamento dei dispositivi di protezione civile. Le donne, inoltre, supplivano la componente lavorativa maschile impiegata nella guerra, assicurando una funzione insostituibile nelle attività produttive: erano perciò particolarmente esposte al rischio del contagio.

La Spagnola, nelle tre ondate con le quali infierì su buona parte della popolazione mondiale, mieté quasi 20 milioni di vittime; una tragedia che si aggiunse a quella della guerra, nel cui contesto – le linee dei diversi fronti, nella loro condizione di debilitazione e di malnutrizione – trovò l’ambiente giusto per prosperare. Una tragedia, tuttavia, che, come si è detto, ha lasciato scarse tracce di sé nella storiografia; per questo ha un particolare valore il libro della Tognotti. La sua documentatissima ricerca può risultare utile innanzitutto alla storia della medicina, come fa notare Gilberto Corbellini nella presentazione del volume; può rendere consapevole il futuro medico che a monte delle conoscenze e delle pratiche correnti esiste un bagaglio straordinario di esperienze, fatto sia di successi sia di errori, e che egli stesso deve essere pronto a cambiare per apprendere le nuove spiegazioni a fronte dei progressi continui del sapere e delle connessioni fra le discipline mediche. L’autrice mette in evidenza il fatto che molti interrogativi sulla patogenesi, sulle caratteristiche epidemiologiche, sui modelli di mortalità specifica per età restano ancora senza risposta, mentre la comunità scientifica pone la sua attenzione all’emergere di virus influenzali percepiti come minacce capaci di sconvolgere il mondo globale e di renderlo ancora più vulnerabile sul piano economico e sociale. La comparazione con l’attualità proposta implicitamente dal volume contribuisce a formare un clima di consapevolezza culturale in relazione alle conquiste della scienza medica, ma anche alle correlazioni che vengono a istituirsi tra medicina e vivere sociale.

Il volume della Tognotti guarda al passato e centra l’attenzione sul nostro Paese, senza dimenticare le istanze che, necessariamente, una pandemia pone sul piano mondiale. E questo è senz’altro uno dei suoi elementi di forza anche sul piano formativo, allorché si voglia ricostruire eventi trascorsi per facilitare la comprensione di ciò che può accadere in caso di riproposizione del fenomeno. Si tratta di un progetto educativo ambizioso – fa notare ancora Corbellini -, che mira a reintegrare il valore culturale ed etico-sociale della medicina attraverso il recupero della dimensione storica del sapere medico. In effetti, le dinamiche delle pandemie influenzali sembrano essere esempi emblematici di come un interesse storico, articolato a più livelli, dalle ricerche paleomicrobiologiche alle reazioni socio-culturali, possa avere ricadute sul presente.

La ricerca della Tognotti contribuisce a colmare le zone d’ombra conseguenti alla rimozione della memoria, di cui molti manuali sono esempi. Fornisce una magistrale dimostrazione di come si elabora e diffonde sapere storiografico, dal momento che le origini e le caratteristiche della crisi pandemica forse più grave dell’umanità vengono ricostruite attraverso un’approfondita ricerca d’archivio, un attento esame della letteratura medica e un’estesa ricognizione dei mezzi d’informazione; il risultato è di sicuro interesse e fruibilità da parte del mondo della scuola. Mettendo in luce il rapporto tra guerra e malattie infettive, il libro mostra come i conflitti siano luoghi dell’esistenza che travalicano ogni linea di confine per intaccare le esistenze di tutti.

Le pandemie sono eventi che si ripetono nel tempo e ricorrono spesso con le stesse modalità, anche se mai in maniera del tutto uguale: il libro fornisce utili strumenti di analisi interpretativa e permette una riflessione approfondita e a tutto tondo su un argomento di grande attualità e di interesse globale.

Enrica Dondero


TOGNOTTI, Eugenia. La Spagnola in Italia. Storia dell’influenza che fece temere la fine del mondo (1918-19). Milano: FrancoAngeli, 2015. Resenha de: DONDERO, Enrica. Il Bollettino di Clio, n.14, p.157-160, dic., 2020. Acessar publicação original 

Queer in the Tropics: Gender and Sexuality in the Global South | Pedro Paulo Gomes Pereira

Queer in the Tropics: Gender and Sexuality in the Global South, de Pedro Paulo Gomes Pereira, é apresentado pelo autor como um livro-experiência. São vidas e teorias que tecem trajetórias e(m) afetos. Pedro Paulo vai incorporando seus encontros com experiências-outras, e aqui o uso do gerúndio se faz necessário, posto que o movimento e o devir são constituintes de um caminhar que segue abalando as teorias que viajaram aos trópicos, ao Sul Global. O livro constrói uma análise que, a partir da teoria queer, convida à interpelação da configuração sexo/gênero como parte do projeto colonial.

Ensaio passos entre mundos e teorias, daqui do interior, com um olhar caipira de quem desconfia de muita coisa: o encontro com o livro me afetou de modo a querer contar umas histórias com Pedro Paulo. Mas, no meio do caminho tinha uma pedra1. Não bastasse Richard Miskolci ter escrito a apresentação, Judith Butler escrevera o prefácio do livro. Para que eu adentraria nessa prosa? Leia Mais

Cuadernos de Historia de España. Ciudad Autónoma de Buenos Aires, n.87, 2020.

Presentación

Comentarios bibliográficos

Publicado: 2020-11-30

Dimensões – Revista de História da UFES. Vitória, n.45, 2020.

Edição completa

Dossiê “Mulheres e criações artísticas na história: tramas e poderes”

Artigos

Resenha

Publicado: 2020-12-30

Statelessness: A Modern History / Mira Siegelberg

SIEGELBERG Mira sepolti vivi
Mira Siegelberg / Foto: TAUVOD /

SIEGELBERG M Statelessness 2 sepolti viviMira Siegelberg’s important monograph retrieves and explores the debates in a range of different forums on a subject of fundamental significance: how, in the author’s words, ‘the problem of statelessness informed theories of rights, sovereignty, international legal order, and cosmopolitan justice, theories developed when the conceptual and political contours of the modern interstate order were being worked out, against the background of some of the most violent and catastrophic events in modern history’. With this bold opening statement, Siegelberg promises to cast fresh light on the history of the 20th century. The result is a scintillating display of erudition and an abundance of original insight on a subject that demands close scrutiny.

One way of telling the history of statelessness is to trace the origin of international agreements, notably the adoption by the United Nations General Assembly in 1954 of the Convention Relating to the Status of Stateless Persons in 1954, according to which a stateless person is anyone ‘who is not considered as a national by any State under the operation of its law’. Siegelberg does not dispute the importance of such a foundational moment—it forms part of her final chapter—but she insists upon the need for a non-teleological and more nuanced perspective, based upon a close reading of texts that emanated from multiple actors, including but not confined to a relatively small cast of international lawyers. These texts had consequences for the prospects of countless men and women. Statelessness thus becomes a touchstone for thinking about the relationship between the state, the international legal order, and the individual, and how that relationship was constantly reimagined. Leia Mais

Cordis – Revista Eletrônica de História Social da Cidade. São Paulo, v.1, n.24, 2020.

Dossiê História e Direito. Representações e Perspectivas

Apresentação

Homenagem

Artigos

Crônicas

Poesias

Publicado: 2020-11-27

Revista Brasileira de História da Educação. Maringá, v.21, n.1, 2021.

 

 

Infographie de la Rome antique / John Scheid e Nocolas Guillerat

SCHEID J Infographie de la Rome DETALHE1 sepolti vivi
Detalhe de capa de Infographie de la Rome antique /

GUILHERAT N Inforgraphie de la Rome antique sepolti viviDeux ans après l’Infographie de la Seconde Guerre mondiale, la maison d’édition Passés Composés publie L’Infographie de la Rome antique en octobre 2020. C’est la première fois que l’histoire romaine est racontée par le recours à la datavisualisation. Cet ouvrage est le fruit du travail de John Scheid, appuyé par Milan Melocco et Nicolas Guillerat qui s’est occupé du data design.

John Scheid est professeur émérite au Collège de France, responsable de la chaire « Religion, institutions et société de la Rome antique » de 2001 à 2016. Il est l’auteur de nombreux ouvrages qui ont marqué l’étude de la religion et de la pratique religieuse à Rome, comme récemment Rites et religions à Rome en 2019. Milan Melocco, ancien élève de l’École normale supérieure et agrégé d’histoire, est doctorant à Sorbonne Université et réalise une thèse intitulée « Histoire d’une route de l’Attique à l’Hellespont. L’impérialisme athénien et l’intégration d’un espace maritime du VIe s. av. J.-C. au Haut-Empire romain ». Nicolas Guillerat est data-designer, déjà aux commandes de la précédente infographie publiée chez Passés Composés.

Ce livre intéressera un public divers : aussi bien les non-spécialistes pour faire une mise au point sur l’histoire romaine, les professeurs pour avoir accès à des documents fiables et inédits utilisables avec les élèves et surtout les étudiants de licence et de CPGE, les candidats aux concours de l’enseignement qui peuvent y trouver à la fois un moyen de se mettre à niveau sur l’histoire romaine et des documents à utiliser dans les épreuves didactiques ; et enfin évidemment tout passionné d’histoire romaine.

L’avant-propos de l’ouvrage rappelle quelques problèmes spécifiques à l’histoire romaine. L’un des premiers repose sur le choix d’une chronologie précise à l’intérieur d’une histoire romaine très longue allant de sa fondation supposée en 753 av. J.-.C. jusqu’à la chute de Constantinople en 1453. Les auteurs ont décidé de se consacrer « essentiellement à l’État de Rome, la Res publica du peuple romain, comment les habitants du monde romain se définissaient ». Une fois le cadre chronologique arrêté, Ve s. av. J.-C. au IVe s. apr. J.-C., se pose la question des sources spécifiques à l’histoire romaine. De fait, les sources pour les périodes les plus anciennes sont peu nombreuses et peu compatibles avec une utilisation chiffrée. Cette spécificité explique donc un traitement « sommaire et rapide » des premiers siècles de Rome. A partir IVe s. av. J.-C., les sources deviennent plus nombreuses et plus fiables permettant à l’historien de les exploiter dans plusieurs domaines. Toutefois, à la différence de la Seconde Guerre mondiale, les sources pour la période romaine sont avares en informations chiffrées et il est difficile d’évaluer la fiabilité de celles qui nous sont parvenues.
Malgré les limites posées par les sources pour la réalisation de cet exercice, l’ouvrage, d’une belle facture comme le précédent, est divisé en trois parties thématiques, elles-mêmes divisées en plusieurs chapitres. La première partie s’intitule « Territoires et populations de l’Empire », la deuxième « Gouverner, vénérer les dieux, pourvoir aux besoins », et la troisième « La puissance militaire romaine ».

La première partie pose le cadre de l’histoire romaine en mettant en évidence la croissance du pouvoir et du monde romain. Le premier chapitre porte sur le passage progressif d’une cité-état à la constitution d’un véritable empire territorial. L’ouvrage offre plusieurs cartes intéressantes pour montrer l’évolution de la superficie de Rome et des territoires contrôlées par l’Vrbs au fil des années . Il y a également un développement centré uniquement sur l’Vrbs avec une carte de la ville de Rome au IVe siècle ap. J.-C. accompagnée d’une présentation des différentes régions urbaines. Il y a également une partie sur les fora de Rome avec une carte p. 21 très intéressante qui présente les bâtiments et la nature de ceux-ci dans les différentes places.

Le deuxième chapitre revient sur la constitution multiforme de ce que l’on peut appeler par commodité le « peuple romain », mais qui est surtout marqué par une profonde diversité. Il y a tout d’abord une présentation de l’évolution de la population de Rome qui ne met pas de côté les difficultés et les débats de la démographie antique. Une deuxième partie s’intéresse aux différents statuts juridiques avec une infographie sur les droits corrélés aux statuts civiques dans l’empire. Ce document est plus qu’utile pour faire comprendre ces différences aux étudiants de licence, mais il peut également être utilisé, en simplifiant peut-être certains éléments, avec des élèves de lycée. Une troisième partie bienvenue porte sur les clientèles sociales et politiques, phénomène particulier du fonctionnement romain, parfois difficile d’accès.

L’illustration proposée est d’ailleurs limpide permettant une bonne compréhension avec le développement écrit. Ce deuxième chapitre se termine par une présentation des structures sociales du « peuple romain ». Nous saluons l’infographie p. 32 intitulée « Les saisons de la vie d’une femme romaine » permettant de mieux comprendre le destin de la femme romaine au sein de cette société présentée comme patriarcale.
Le dernier chapitre composé d’une double page explique l’expression devenue courante de « mosaïque de cités » en remplaçant dans son contexte historique cette notion spécifique de la cité antique à travers deux exemples : la Gaule et de la Gaule Belgique.

La deuxième partie est consacrée au fonctionnement de ce vaste ensemble, en commençant par les institutions de Rome sous la République et l’Empire, sans oublier la figure si spécifique de l’empereur romain. Le premier chapitre explique le système politique romain d’un point de vue chronologique. Nous retenons l’infographie p. 39 qui permet d’expliquer clairement le fonctionnement des comices et des élections. C’est là aussi un document qui sera utile pour les étudiants. L’infographie sur la double page 42 et 43 porte sur « La naissance d’une loi sous la République et l’Empire ». Celle-ci est magnifiquement réalisée permettant de mieux comprendre ce phénomène complexe du droit romain faisant appel à toutes les composantes de la société, illustrant l’imbrication entre politique et religieux. Une dernière partie revient sur le cursus honorum.

Le deuxième chapitre porte plus précisément sur le pouvoir impérial. Il débute par une analyse de la titulature impériale et donc de l’analyse des pouvoirs de l’empereur, à partir de l’exemple de Trajan, faisant écho aux exercices d’épigraphie réalisés en histoire romaine. Il y a ensuite une explication du fonctionnement de l’administration impériale, de la garde prétorienne, devenue centrale au fil des ans, et une présentation des résidences impériales témoignant de l’évolution de l’Empire. La fin de ce chapitre est consacrée à une présentation des principales dynasties impériales par des arbres généalogiques permettant de mieux saisir les relations entre chaque empereur.

Le troisième chapitre porte sur les religions avec une présentation très savante. Ce chapitre intéressera grandement les étudiants préparant les concours de l’enseignement pour réviser certains points, mais surtout comme réservoir de documents utilisables à l’oral. Il y a tout d’abord une présentation essentielle des cultes publics et privés, ainsi que des principales divinités romaines et leur apparition d’un point de vue chronologique. La double page 60 et 61 propose une synthèse riche et claire des principaux officiants romains dans les cultes. Il y a également une étude de cas sur les Jeux séculaires qui peut s’avérer utile pour les concours. Enfin, la dernière partie s’intéresse aux monothéismes dans l’empire romain : le judaïsme et le christianisme.

Le dernier chapitre présente l’économie romaine, souvent déroutante pour le lecteur contemporain et au cœur de débats historiographiques. Ce chapitre arrive à rendre clair et accessible des spécificités romaines parfois obscures. Le premier temps explique le fonctionnement de l’économie romaine, il y a ensuite une description des besoins de Rome, de l’Italie et de l’Empire. La double page 72 et 73 offre une magnifique carte présentant les principales voies de communication ainsi que les ressources de l’Empire.

La troisième partie analyse « La puissance militaire romaine ». C’est également la partie la plus développée de cet ouvrage (environ 50 pages). Le premier chapitre revient sur les légions comme instrument de la domination romaine en commençant par un aperçu chronologique du fonctionnement de l’armée romaine des premiers siècles jusqu’à l’empire. Là encore, cette double page (p. 78-79), sera utile pour faire comprendre ce fonctionnement aux étudiants, notamment les changements qui s’opèrent à la fin de la République. Il y a également toute une description des camps et du fonctionnement d’une légion au combat qui raviront les connaisseurs d’histoire militaire. Ensuite, l’ouvrage présente les légionnaires, les cavaliers et leurs panoplies. La carte sur la double page 96-97 offre au lecteur une présentation de la répartition des légions romaines sur le territoire impérial jusqu’en 215 ap. J.-C.

Le deuxième chapitre analyse la force maritime de Rome qui a dû la développer « par la force des choses » (p. 100). Le chapitre s’ouvre sur une présentation toujours intéressante des familles des navires antiques. La page 104 porte exclusivement sur la bataille d’Actium de 31 av. J. C.

Le dernier chapitre de l’ouvrage, le dixième, revient sur les différentes guerres et campagnes qui ont marqué l’histoire de Rome. Il n’est donc pas étonnant que ce chapitre s’ouvre par un retour sur les guerres civiles romaines de l’époque républicaine avec une présentation simple, mais claire, des optimates et des populares. Il y a ensuite une analyse des guerres contre Carthage, moments également centraux dans l’histoire de la République romaine, avec une double page p. 112-113 offrant une carte retraçant les trois guerres puniques. La guerre des Gaules est également développée à la suite des guerres puniques avec une présentation cartographique et chronologique des campagnes de César. Enfin, l’ouvrage se termine sur la campagne contre Spartacus, aussi appelée troisième guerre servile, de 73 à 71 av. J.-C.

Les dernières pages de l’ouvrage proposent une bibliographie succincte pour les néophytes qui souhaiteraient approfondir certains aspects mentionnés dans cette infographie.

En définitive, cet ouvrage propose un savoir toujours savant et érudit présenté sous forme pédagogique et accessible. Il constitue une lecture agréable et stimulante pour ceux qui cherchent à approfondir leurs connaissances sur l’histoire romaine. Mais c’est aussi un outil de travail formidable pour l’enseignement et rendre accessible les spécificités de l’histoire romaine. La qualité graphique est indéniable ainsi que la volonté de donner le plus d’informations, au risque parfois de proposer des infographies un peu chargées. Ce livre offre ainsi une nouvelle façon, aussi érudite que ludique, de présenter l’histoire de Rome.

***

Et pour lire des extraits en ligne sur le site de l’éditeur, c’est par ici !

Noémie Lemennais – Professeure agrégée en lycée, doctorat en histoire romaine à l’Université de Lille, membre du bureau de la régionale APHG Nord-Pas-de-Calais.


SCHEID, John; GUILLERAT, Nicolas. Infographie de la Rome antique. Passés composés, 2020. Resenha de: LEMENNAIS, Noémie. Association des Professeurs d’Histoire et de Géographie (APHG). 27 nov. 2020. Disponível em: <https://www.aphg.fr/John-Scheid-Infographie-de-la-Rome-antique-Passes-Composes-2020>Consultado em 11 jan. 2021. Consultar publicação original

Das Amazônias. Rio Branco, v.3, n.2, 2020.

A construção de conhecimentos em tempos de Covid-19

Capa: Alana Carla Herculano de Oliveira

Editorial

Artigos

Resenha

Publicado: 2020-11-24

Cuadernos de Historia del Arte. Mendoza, n.35, 2020.

Artículos

Editorial

Artículos

Publicado: 23-11-2020

Práticas de pesquisa em História | Tania Regina de Luca

Práticas de Pesquisa em História (2020), escrito pela Profª. Drª Tania Regina de Luca (UNESP), finaliza a coleção História na Universidade (2020), da Editora Contexto, que teve, em seu conselho, De Luca, Prof. Dr. Paulo Miceli (UNICAMP) e Profª. Drª. Raquel Glezer (USP). Mestre e Doutora em História Social pela Universidade de São Paulo, professora de cursos de graduação e do programa de pós-graduação em História da Universidade Estadual Paulista Júlio de Mesquita Filho, campus de Assis, e, pela Contexto, “[…] é organizadora dos livros História da imprensa no Brasil e O historiador e suas fontes e coautora dos livros Nova História das mulheres no Brasil, Fontes históricas e História da cidadania” (DE LUCA, 2020, Orelha do livro), nesta obra, à convite da editora, De Luca busca responder: por onde começar uma nova pesquisa em História?

Voltada ao público de graduação, sem pretensão de ser, ou tornar-se, um receituário de História, a obra convida o leitor a

[…] percorrer um amplo panorama que tem por finalidade apresentar, de forma didática, procedimentos e métodos que distinguem a produção do conhecimento historiográfico e, desse modo, incentivá-lo a participar ativamente desse instigante desafio que é escrever História, elaborando e executando seu próprio projeto de pesquisa (DE LUCA, 2020, p. 11). Leia Mais

Carta Internacional. Belo Horizonte, v.15, n.3, 2020.

A Guerra da Tríplice Aliança, 150 anos depois  | Diálogos | 2020

Ao se completarem os 150 anos do fim da Guerra da Tríplice Aliança (Guerra Guasu, Guerra contra a Tríplice Aliança ou Guerra do Paraguai, entre as várias denominações que o conflito recebeu), as academias dos países envolvidos abriram suas portas para novas reflexões e debates em torno deste acontecimento que marcou a vida política, social, econômica, cultural e histórica da região do Prata.

Diferentes fatores têm contribuído para a renovação e a produção de novas leituras sobre a contenda. Sem dúvida, a disponibilidade de outras ferramentas teórico-metodológicas, surgidas nas últimas décadas, tem enriquecido com novos olhares as análises sobre o passado. Assim, foram deixados para trás os relatos engessados das histórias política e militar de outrora, em que o tom era colocado na ação dos “grandes homens” e na somatória de batalhas, sem dar margem às microhistórias, à história social ou à história cultural. Agora, estas se fazem presentes de maneira definitiva e em um diálogo interdisciplinar com as outras áreas das ciências humanas, transcendendo as fronteiras nacionais para construir uma história regional. Por sua vez, as histórias política e militar foram as grandes beneficiadas de estas mudanças que, longe de perderem espaço nas narrativas sobre o passado, ganharam um fôlego inusitado. Leia Mais

Museu de Arqueologia e Etnologia. São Paulo, n.35, 2020): Dossiê VI Semana Internacional de Arqueologia Discentes

PUBLICADO: 2020-12-21

PALESTRAS, CONFERÊNCIAS, MESAS REDONDAS

Teorias da História e história geral | Revista Historiador | 2020

Nesta edição, a Revista do Historiador traz o tema – Teorias da História e história geral. Ambas temáticas consistem em um grande campo de estudo, que procura entender as diversas teorias que envolvem a construção do conhecimento histórico.

Segundo o historiador, Ricardo Marques de Mello, em seu artigo intitulado – O que é teoria da história? Três significados possíveis – podemos classificar em três significados as teorias da história. O primeiro sentido diz respeito à teoria da história enquanto teoria do conhecimento produzido pelos historiadores. O segundo refere-se ao que mais comumente é conhecido por filosofia da história. O terceiro significado é relativo a temas que são pontuais da história, como a Micro-História. Leia Mais

Atlas de la France médiévale. Hommes, pouvoirs et espaces du Ve au XVe siècle – Antoine Destemberg

DESTEMBERG Antoine sepolti vivi
Antoine Destemberg / Foto: Book Note /

DESTEMBERT A Atlas de la France medievale sepolti viviDESTEMBERG, Antoine. Atlas de la France médiévale. Hommes, pouvoirs et espaces du Ve au XVe siècle. Paris: Autrement, 2017. rééd. 2020. 96 p. Resenha de: PIERROT, Loïc. Association des Professeurs d’Histoire et de Géographie (APHG) 20 nov. 2020. Disponível em: Disponível em < https://www.aphg.fr/Antoine-Destemberg-Atlas-de-la-France-medievale-Hommes-pouvoirs-et-espaces-du>Consultado em 11 jan. 2021.

Parmi le flot de publications de la rentrée académique, on a pu apercevoir une nouvelle édition de l’Atlas de la France médiévale conçu en 2017 par Antoine Destemberg, maître de conférences en histoire médiévale à l’Université d’Artois, en collaboration avec le cartographe Fabrice Le Goff. La première édition avait en effet connu un juste succès et appelait un nouveau tirage. L’édition de 2020 comporte peu de modifications hormis quelques actualisations de la bibliographie, mais l’occasion est bonne pour rappeler la qualité de ce travail de synthèse riche de près de soixante-dix cartes.

Conçu dès l’origine comme un complément de l’Atlas de la France médiévale (2005) d’Olivier Guyotjeannin et Guillaume Balavoine, l’Atlas d’Antoine Destemberg propose de parcourir les dix siècles du Moyen Âge en se focalisant sur les aspects politique, économique, social et culturel de la période. Les cartes se distinguent par leur précision et leur clarté que complètent habilement quelques graphiques soignés. L’historien et le cartographe proposent une approche multiscalaire en donnant à voir aussi bien des cartes régionales que locales, voire quelques plans simplifiés de bâti. Ces derniers ne concernent toutefois que des espaces bien connus des médiévistes – ainsi l’Île de la Cité à Paris, le palais des papes d’Avignon ou l’abbaye de Cluny – et, en dépit de leur intérêt pédagogique, on regrette que d’autres tentatives de représentation à une échelle locale n’aient pas été esquissées. Quoi qu’il en soit, la conception de l’Atlas ne manque pas de recul critique et rend compte de la difficulté d’appréhender l’espace au Moyen Âge. Le jeu d’échelles cartographiques, commenté au fil des pages par A. Destemberg, permet de faire remarquer que les notions de « territoire » et de « frontière » n’étaient pas aussi nettement définies au Moyen Âge qu’aujourd’hui. Il rappelle aussi que toute production cartographique a son histoire et sa perspective et que ni la carte ni les concepts ne sont anodins. Il faut ainsi souligner l’efficacité du dialogue entre les figurés et les explications historiques : c’est là que l’atlas trouve sa pertinence et son utilité. Les textes se veulent accessibles à un
public large, historien ou non, et l’ensemble peut servir de matériau solide pour les étudiants et les enseignants. Antoine Destemberg se dit conscient des limites de son ouvrage, ayant renoncé ici et là à l’exhaustivité en privilégiant l’intelligibilité de la synthèse, mais cet aveu l’honore : c’est bien d’un plaidoyer pour une vulgarisation scientifique avertie dont il s’agit. Une de ces entreprises éditoriales dont notre discipline a besoin, autant que des études scientifiques de fond.

Loïc Pierrot – Élève à l’École nationale des Chartes, étudiant à l’École normale supérieure de Paris.

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Leaders assassinés en Afrique centrale 1958-1961 – Karine Ramondy

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Detalhe de Capa de Leadrs assassinés en Afrique centrale 1958-1961 / Karine Ramondy /

RAMONDY K Leaders assanines sepolti vivi RAMONDY, Karine. Leaders assassinés en Afrique centrale 1958-1961: Entre construction nationale et régulation des relations internationales. Paris: L’Harmattan, 2020. 537 p. Resenha de: BELLA, Sihem. Association des Professeurs d’Histoire et de Géographie (APHG). 20 nov. 2020. Disponível em < https://www.aphg.fr/Karine-Ramondy-Leaders-assassines-en-Afrique-centrale-1958-1961>Consultado em 11 jan. 2021.

En suivant la trajectoire de quatre leaders d’Afrique centrale au temps des indépendances, Barthélémy Boganda (République centrafricaine), Patrice Lumumba (République du Congo), Félix Moumié et Ruben Um Nyobè (Cameroun), Karine Ramondy interroge l’assassinat politique comme moyen de réguler les relations internationales et comme fondement de la construction nationale. Elle contribue par ce travail au renouvellement de l’historiographie des indépendances et l’histoire des mémoires en Afrique centrale.

Karine Ramondy, chercheuse associée à l’UMR Sirice de l’université Paris-I, est spécialiste de l’histoire de l’Afrique dans les relations internationales au XX e siècle, de l’histoire des violences coloniales et postcoloniales et de l’anthropologie historique du combattant. Son ouvrage, Leaders assassinés en Afrique centrale 1958-1961 : entre construction nationale et régulation des relations internationales, paru aux éditions L’Harmattan en 2020, suit la trajectoire de quatre leaders d’Afrique centrale des indépendances, Barthélémy Boganda (République centrafricaine), Patrice Lumumba (République du Congo), Félix Moumié et Ruben Um Nyobè (Cameroun). Au prisme de leur assassinat politique – défini comme le « meurtre intentionnel d’une victime, perpétré pour des raisons liées à sa position publique éminente, commis à des fins politiques » (p. 17), Karine Ramondy défriche l’histoire de trois États en croisant les échelles durant près d’une décennie, sans pour autant essentialiser « l’Afrique centrale ». L’ouvrage contribue au renouvellement de ce champ historiographique initié depuis les années 1980, dans le sillage des travaux de Jean-François Bayart, Béatrice Hibo, Florence Bernault, Rémy Bazenguissa, Françoise Blum ou encore Daniel Abwa.

Avec la tâche délicate de travailler à la première étude historique sur le sujet, l’historienne s’est appuyée sur des sources variées mais dispersées : des archives étatiques des anciens pays colonisateurs, des entretiens de « témoins », des archives de la commission de tutelle de l’ONU ou encore des archives de partis, dirigeants et personnalités du temps de l’indépendance. Certaines de ses sources figurent d’ailleurs dans une partie annexe très riche, comportant des photographies, des extraits de correspondance ou encore des documents d’archives, publiques ou privées. La recherche adopte une approche biographique combinée à une approche comparative, de manière à « cerner des connexions à l’échelle globale » (p. 20). Il s’agit de s’interroger sur des invariants potentiels, mais aussi sur le rôle des puissances occidentales et les complicités liés à ces assassinats. L’ouvrage se divise en quatre parties. Si les deux premières parties se concentrent sur l’émergence de ces self-made men et les processus qui conduisent à leurs morts, les deux dernières élargissent la focale et les font revenir « à la vie » pour évoquer, dans le cadre des relations internationales, les synergies qui ont favorisé leur disparition.

Des leaders encombrants

Dans une première partie, Karine Ramondy commence par étudier la « fabrique du leader », étape préalable pour montrer en quoi les leaders apparaissent rapidement comme « encombrants » (p. 39) – pour leurs rivaux locaux comme pour les puissances occidentales qui échouent à les influencer. Une situation qu’elle résume en ces mots, inspirés par l’écrivain Albert Memmi : « à vouloir s’asseoir sur deux chaises, on est assis nulle part » (p.41). L’enfance et l’éducation des leaders est d’abord évoquée : ils sont des « enfants des
marges, orphelins ou délaissés par leurs parents d’origine très modeste dont aucun n’est issu d’un lignage ou d’une chefferie prestigieuse » (p. 41). L’importance de l’école pour ces élites, dont les membres étaient appelés « évolués », est soulignée : il s’agissait d’en faire, « des auxiliaires de qualité mais sans trop de qualités » aux yeux des colons (p. 43). Patrice Lumumba, Ruben Um Nyobè, Félix Moumié et Barthélémy Boganda étaient considérés comme « évolués » car européanisés, une situation que l’historienne décrit comme difficile : ils étaient « détachés de leurs racines et ancrés dans un nouvel univers qui leur est hostile » (p. 63).

Karine Ramondy explore également leurs relations avec les femmes, révélatrices de leurs tiraillements et de leurs contradictions. Elle évoque notamment le rôle de la mobilisation des femmes pour l’indépendance, prenant l’exemple de Ruben Um Nyobè et de son épouse Marthe Ngo Mayack, qui prennent le maquis en famille (p. 69), ou encore le décalage entre le discours officiel des révolutionnaires sur l’égalité des sexes et la persistance de la sujétion de leurs épouses dans la sphère domestique, prenant l’exemple de Léonie Abo, mariée de force et soumise aux décisions de Mulele (p. 70). Les leaders étudiés, qui doivent leur réussite à leur volonté et à leur force de travail hors norme, se sont attachés à forger un leadership « à l’africaine », incarnation de la modernité et du développement (p. 74). Dans des pages passionnantes, Karine Ramondy étudie les références à la sorcellerie et aux forces occultes dans le discours des opposants aux leaders, dont se jouent parfois ces derniers ; ainsi Boganda détourne sa réputation de « possédé » (p. 76), alors que son statut de prêtre semble avoir facilité le syncrétisme entre pratiques de sorcellerie et christianisme aux yeux des Centrafricains.

Sur les circonstances et les contextes rapprochés des assassinats, Karine Ramondy montre que les leaders ont été chassés comme des animaux, faisant écho aux travaux de Lancelot Arzel sur la pratique de la chasse coloniale (p. 92). L’animalisation des leaders a en effet été très largement relayée par les médias, comme pour la traque de Ruben Um Nyobè, réfugié dans le maquis en 1955 (p. 96). Dans le cas de Patrice Lumumba, des photographies de son cadavre ont été diffusées ; ainsi, le leader devient trophée, « doublement tué, une première fois par l’arme à feu, une seconde par l’objectif de la caméra » (p. 99). Sur la question de la responsabilité des assassinats, Karine Ramondy a examiné les enquêtes menées comme des précédents significatifs pour l’histoire des crimes politiques, en montrant aussi leurs failles. Elle étudie notamment le rapport Bellonte sur l’accident d’avion ayant causé la mort de Boganda, en mettant en évidence les négligences de la commission d’enquête belge – avec toutefois l’idée qu’elle est un modèle du genre, l’équivalent n’ayant jamais été réalisé par le gouvernement français.

Éliminer les leaders

L’historienne s’intéresse dans une deuxième partie de l’ouvrage aux processus d’« élimination politique, physique et mémorielle » (p. 137) communs aux leaders étudiés. Ces processus reposent sur l’usage de la justice et des médias ; une fois morts, les dépouilles et les mémoires des leaders sont malmenées, ce qui n’empêche pas qu’ils soient pour la plupart devenus des icônes dans leurs pays respectifs. Les procédures judiciaires menées à l’encontre des leaders sont envisagées par l’historienne comme des armes politiques – « défensives ou offensives, dissuasives ou factices » (p. 139), utilisées dans le maintien de la mainmise du lobby colonial sur les « indigènes ». Les procès à l’encontre des leaders ont un triple objectif : paralyser, museler, décrédibiliser (p. 140). Ainsi, l’acharnement judiciaire contraint Ruben Um Nyobè à prendre le maquis pour fuir la prison ; la volonté de briser l’immunité parlementaire des leaders poursuit le même but.
Concernant la défense des leaders, Karine Ramondy porte une attention particulière aux réseaux d’avocats. Souvent financé par les partis communistes, le recours aux avocats occidentaux a pour conséquence le renforcement des suspicions d’accointance avec l’URSS, dans le contexte de la guerre froide. L’exemple des stratégies de défense employées par Marie-Louise Jacquier-Cachin, l’une des avocates de Ruben Um Nyobè en 1955, est particulièrement saisissant (p. 167). Avocate communiste ayant participé à la défense des ouvriers de l’usine Renault en grève, à celle de Duong Bach Maï à Saïgon ou
encore de militants poursuivis pendant la guerre d’Algérie, elle appuie sa défense sur l’idée selon laquelle les garanties de l’État de droit ne seraient pas respectées, cherchant à faire reconnaître la nature politique et non criminelle de ces actes liés à la lutte pour l’indépendance.

Comme l’arme judiciaire, l’arme médiatique participe pleinement de la volonté de nuire aux leaders. Pour décrédibiliser leurs actions, la presse comme la radio ont été largement employées pour attaquer leur image, ou censurer leurs idées aux échelles nationales mais aussi internationales. Leur irresponsabilité, leur incompétence, les accusations de débauche qui leur sont faites ont participé à leur diabolisation voire à leur animalisation. Parfois, des rumeurs ont annoncé leur décès avant leur véritable mort (p. 176). Cependant, les médias peuvent aussi être envisagés comme au service du leadership. Ainsi, le journalisme a
souvent été conçu comme un tremplin politique au moment des indépendances, de manière à rétablir l’équité de l’information. Des journaux d’opinion ont permis d’accompagner la lutte pour la souveraineté, comme La Voix du Cameroun ou encore L’Étoile, fondés par l’Union des populations du Cameroun (p. 206). L’élimination mémorielle des leaders, au-delà de leur mort, est l’objet d’un long développement : comme pour la damnatio memoriae dans la Rome antique, la mémoire des leaders est visée par un acharnement visant à priver ceux-ci des honneurs dus aux dépouilles : les corps sont violentés et privés de sépulture. Ainsi, le corps de Ruben Um Nyobè fut traîné, ensanglanté et son visage défiguré ; celui de Patrice Lumumba est quant à lui entièrement dissous dans la soude (p. 218 et 219). Bien que l’intention fût d’éviter la renaissance mémorielle des leaders, ces outrages ont favorisé l’émergence du statut d’icônes mémorielles, qui subsiste jusqu’à aujourd’hui dans le cas de Lumumba, Boganda et Nyobè (p. 232).

Les espoirs déçus de l’ONU et du panafricanisme

La troisième partie est consacrée aux entreprises politiques et diplomatiques des leaders impliquant l’ONU et les acteurs du panafricanisme, qui se sont souvent soldées par des désillusions. L’ONU s’est grandement souciée des indépendances des colonies dans les années 1955-1965 dans la mesure où celles-ci ont modifié l’équilibre des puissances. Le recours à l’organisation a d’abord fait l’objet d’espoirs pour les leaders, dans la perspective d’un rapprochement entre idéaux de la décolonisation et droits de l’homme. L’Assemblée générale, bien plus que le Conseil de sécurité dont ils étaient exclus, a constitué pour eux une tribune pour exprimer leurs idées et rechercher des soutiens. Cependant, l’inexpérience des leaders, les entraves qui leur ont été opposées ou les attaques du lobby colonialiste ont eu globalement raison des espoirs placés en l’ONU. Ces tentatives des leaders ne sont cependant pas restées vaines ; Nyobé tire par exemple une certaine légitimité de son déplacement à l’ONU au moment de son retour au Cameroun (p. 262). Dans l’accompagnement de l’émergence de la jeune République du Congo, l’action de l’ONU est devenue un cas d’école en relations internationales. L’assassinat de Lumumba n’a pas été évité, mais la réaction de l’ONU est aujourd’hui reconnue comme l’une des actions les plus abouties de la force onusienne (p. 282). Malgré cela, c’est l’inaction qui caractérise globalement le bilan de l’action onusienne pendant les indépendances.

Le panafricanisme a lui aussi suscité une certaine exaltation des leaders, puisque synonyme pour eux de grand retour des Africains dans l’histoire intellectuelle et politique des relations internationales (p. 301). Les projets d’union et de solidarité régionales et continentales ont cependant échoué eux aussi, l’Organisation de l’unité́ africaine (OUA) créée en mai 1963 n’aboutissant qu’à un simple organe de coopération étatique. Le projet de Boganda d’unir l’Afrique centrale latine a également connu l’échec, à cause notamment de ses difficultés à constituer une élite politique. Enfin, le panafricanisme a été éprouvé par la crise congolaise (1958-1960), alors que la conférence des peuples africains d’Accra le 5 décembre 1958 était vue comme un évènement matriciel de la solidarité africaine (p. 340). Cette conférence appuie le leadership de Patrice Lumumba, dont la formation politique est stimulée par son amitié avec Frantz Fanon, partisan comme lui de l’unité africaine (p. 357). Pourtant, comme pour le recours à l’ONU, le passage « de la théorie à la pratique panafricaine » (p. 365) se solde par un échec, incarné par la mort de Lumumba.

Une géopolitique néfaste aux leaders

La quatrième et dernière partie évoque une géopolitique néfaste pour les leaders et leur survie, due aux effets négatifs de la bipolarisation des relations internationales pour les indépendances africaines conjuguée à la persistance du néocolonialisme. Pour l’historienne, les archives ont remis en question la place des leaders africains, longtemps sous-estimés et considérés comme passifs (p. 371). Ils ont en effet été capable de s’affirmer dans un monde bipolaire, et l’étude de cette affirmation contribue à accorder à l’Afrique une historicisation et une spécificité. Karine Ramondy étudie notamment la perception des leaders africains par les dirigeants des grandes puissances, notant par exemple que Staline les juge défavorablement contrairement à Khrouchtchev, qui accepte leur neutralisme en se contentant de leur anti-impérialisme (p. 374). Les Soviétiques considèrent les leaders africains avec prudence, dans certains cas plus que d’autres : par exemple, chez Barthélémy Boganda, le rejet du communisme était constitutif de son identité politique. A l’inverse, Félix Moumié a cultivé une ambiguïté avec le communisme (p. 400) – des liens ont pu être fatals pour Karine Ramondy, selon laquelle « l’injonction à être communiste a tué les leaders » (p. 410).

Le rôle des renseignements occidentaux pour « favoriser les hasards » (p. 411) est longuement appréhendé dans le dernier chapitre de l’ouvrage. Sous le sceau du secret d’État, leur but est idéologique, correspondant à une volonté de contrôle. Ainsi, les services secrets du Royaume-Uni, des États-Unis ou encore de la France comptent parmi les plus actifs pour favoriser la place des puissances occidentales en Afrique centrale. En France, le nom de Jacques Foccart, souvent associé à la Françafrique, apparaît inévitablement, tout comme la figure du barbouze défini par Karine Ramondy par son action secrète, son fervent gaullisme et anticommunisme et son « sens du devoir » (p. 417). Foccart, qui, régulièrement informé sur Moumié, a sans aucun doute donné un « feu orange » à son assassinat (p. 459). Les réseaux semi-officiels et officieux, comme celui des appuis locaux – Fulbert Youlou en AEF ou encore Houphouët-Boigny en AOF par exemple – ont déployé de nombreux efforts pour étouffer les aspirations des leaders. Fulbert Youlou, qualifié de « fossoyeur de l’idéal
centrafricain » (p. 417), a cherché à déstabiliser les tenants de la souveraineté centrafricaine au profit des puissances coloniales. Les leaders avaient ainsi peu de chance de rester en vie : officiellement et officieusement, tout a été fait pour entraver leurs actions, qui se heurtaient aux intérêts français, belges, britanniques, ou américains en Afrique centrale mais aussi aux intérêts d’acteurs africains souvent proches des leaders.

Les leaders étudiés, considérés aujourd’hui comme les pères des nations
indépendantes, restent des références au sein des sentiments nationaux qu’ils ont eu à cœur de créer (p. 463). Lorsque Karine Ramondy explique que pour certains Africains, les malheurs que connaissent la République centrafricaine et la République démocratique du Congo s’expliquent par l’outrage fait à leurs pères fondateurs (p. 243), il apparaît clairement qu’à défaut d’être des prismes de lecture uniques des destins nationaux, il est indispensable de faire l’histoire de ces assassinats politiques. Encore très présents dans les esprits, un retour sur ces assassinats est essentiel pour les constructions nationales. L’ouverture d’archives, comme celles des gouvernements Ahidjo et Biya pour le Cameroun, permettra sans doute de nourrir d’autres recherches en ce sens. Le travail de Karine Ramondy ouvre également des possibilités de recherche sur d’autres contextes plus ou moins lointains – le Maroc et l’assassinat de Mehdi Ben Barka (1965) par exemple, ou encore, plus récemment, celui de Laurent-Désiré Kabilé au Congo-Zaïre (2001).

Liens utiles:

La présentation de l’ouvrage sur le site de l’éditeur

Quelques podcasts de RFI portant sur les recherches de Karine Ramondy :
1) https://www.rfi.fr/fr/emission/2018…
affaire-internationale
2) https://www.rfi.fr/fr/podcasts/2020…és-lumumba-à-um-nyobe-spéciale-
indépendance-rdc
3) https://www.rfi.fr/fr/podcasts/2020…
4) http://www.rfi.fr/fr/podcasts/20200…
%C3%A9tait-leader-g%C3%AAnant-les-fran%C3%A7ais

Sihem Bella – Professeure au lycée Jean Moulin (Roubaix)

Consultar publicação original

[IF]

A Nova História (bio) política: sobre as capturas e as resistências  | SÆCULUM – Revista de História | 2020

Referências

[A Nova História (bio) política: sobre as capturas e as resistências]. SÆCULUM – Revista de História. João Pessoa, v.25, n.43, jul./dez.2020. Acessar dossiê [DR]

Filosofia e História da Biologia. São Paulo, v. 15, n.2, 2020.

Editorial

  • O décimo quinto volume de Filosofia e História da Biologia foi editado por Lilian Al-Chueyr Pereira Martins e Maria Elice Brzezinski Prestes. | Editorial
  • Lilian Al-Chueyr Pereira Martins, Maria Elice de Brzezinski Prestes |  PDF

Artigos

Projeto História. São Paulo, v.69, 2020.

SET/DEZ FRONTEIRAS, SERTÕES E TERRITÓRIO

Apresentação

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Notícia de Pesquisa

Resenhas

Museologia & Interdisciplinaridade. Brasília, v.9, n.18, 2020.

Editorial

  • Editorial
  • Ana Lucia de Abreu Gomes, Clovis Carvalho Britto, Monique Batista Magaldi2
  • PDF

Dossiê Musealização da Performatividade em Coleções Públicas e Privadas

Artigos

Publicado: 2020-11-05

Wittgenstein e os filósofos: “semelhanças de família” / Mauro L L Condé

Acaba de vir a público o livro com o título Wittgenstein e os filósofos: “semelhanças de família”, de Mauro Lúcio Leitão Condé, professor e pesquisador em Epistemologia, Filosofia e História das Ciências da Universidade Federal de Minas Gerais (UFMG). O livro é uma escolha de Mauro Condé de artigos e capítulos de livros publicados em coletâneas e periódicos brasileiros, em diferentes momentos de sua trajetória intelectual, entre os anos de 1993 e 2018. Seu propósito é corajoso e sua premissa, clara: usar o método wittgensteiniano das “semelhanças de família” (Familienänhlichkeiten) para compreender a ciência, a história, e filósofos como Fleck, Kuhn, Koyré, Nietzsche e Maquiavel.

A Apresentação explicita qual a intenção de Condé (p. 15) com o seu livro:

Sempre vi em Wittgenstein uma possibilidade de ler outros autores ou de lidar com diferentes problemas filosóficos. Assim, em certo sentido, tornei-me ‘usuário’ do pensamento de Wittgenstein, isto é, a partir do autor das Investigações Filosóficas, procurei explorar problemas filosóficos – não necessariamente os mesmos abordados por ele – ou contrapor sua filosofia à de outros pensadores com a finalidade de elucidar tais problemas. (…) O que apresento aqui é exatamente essa parte em que analisei autores e problemas explicitamente a partir da obra de Wittgenstein. Neste exercício de reunir esses textos não foi propriamente a minha intenção expor um ponto de convergência nas abordagens dos diferentes autores e problemas analisados, mas simplesmente ter a possibilidade de expor em um único trabalho estas várias ‘semelhanças de família’ – e também dessemelhanças – do pensador austríaco com esses filósofos e problemas filosóficos pouco visitados por exegetas da obra wittgensteiniana.

Também especifica um dos objetivos centrais de Condé (p. 16): o autor usa o método wittgensteiniano das “semelhanças de família” para constituir uma “teoria da ciência”, para pensar elementos de uma “teoria da história”, e para aproximar Wittgenstein de cinco importantes filósofos: Fleck, Kuhn, Koyré, Nietzsche e Maquiavel.

Na Apresentação encontramos ainda os pensadores e temas que sempre interessaram Condé ao longo de seus anos de pesquisas e como ele fez para mantê-los unidos numa obra coerente. A leitura que Condé nos convida a fazer de seus ensaios é contextual, que procura devolver os textos ao seu momento de produção, mas também interna, uma vez que persegue os conceitos inerentes ao objeto nos muitos “labirintos da linguagem”. Esse tipo de leitura nos mostra no fim o longo caminho de pesquisa que Condé percorreu para fazer aparecer o seu objeto, assim como as questões que colocou, os problemas teóricos que enfrentou, e tudo isso sem deixar de lado o rigor metodológico.

No Capítulo I, intitulado “Wittgenstein e a gramática da ciência”, Condé aborda a possível constituição de um novo “modelo de racionalidade científica” com o método das “semelhanças de família” explicitado pela filosofia da linguagem-epistemológica-social do segundo Wittgenstein. Ao reconduzir a racionalidade científica moderna à noção de gramática das Investigações Filosóficas, que encontra na dimensão filosófica da linguagem as formas de se desenvolver para além dos limites da gramática normativa de uma língua em especial, Condé (p. 27) propõe uma abordagem original da ciência contemporânea, baseada no que ele chama de “gramática da ciência” ou “conjunto das regras, das práticas e dos resultados científicos” e nas relações entre os conceitos wittgensteinianos de “uso”, “jogos de linguagem”, “semelhanças de família” e “regras”.

No Capítulo II, intitulado “A gramática da história: Wittgenstein, a pragmática da linguagem e o conhecimento histórico”, Condé (p. 34) faz uma interpretação da questão da temporalidade nas Investigações Filosóficas, com base no próprio método wittgensteiniano das “semelhanças de família”, e sugere uma nova teoria da história no segundo Wittgenstein, cujo núcleo é o que ele conceitua como “‘gramática do tempo’ ou dos processos históricos, isto é, ‘gramática da história’”. Além disso, o conceito de “gramática da história” de Condé (p. 41) também pode servir para compreender a ciência da história, seu modus operandi, suas múltiplas interações sociais e culturais, portanto, “as possiblidades gramaticais do fenômeno histórico”.

No Capítulo III, intitulado “Ciência e linguagem: Ludwik Fleck e Ludwig Wittgenstein”, Condé estabelece aproximações entre a epistemologia de Fleck e a filosofia da linguagem do segundo Wittgenstein, frisando os elementos motivadores das uniões entre os dois pensadores em que toda a discussão do capítulo se baseia: aqueles do estilo de pensamento e da gramática. Condé (p. 53) analisa as convergências da dimensão filosófica da linguagem de Wittgenstein com a teoria da ciência de Fleck por meio do método wittgensteiniano das “semelhanças de família”: com ele, as uniões entre os dois pensadores são demonstradas e contrastadas com a “epistemologia do neopositivismo até então vigente”. É essa chave metodológica que Condé (p. 54) usa para tratar as correspondências entre os estilos de pensamento científicos em Fleck e a gramática da ciência em Wittgenstein, e também para delinear a concepção de realidade pertinente a ambos os pensadores, uma realidade que certamente não possui um “fundamento metafísico”, mas sim está “ancorada nas diferentes ‘situações’ com as quais nos deparamos”.

No Capítulo IV, intitulado “Léxico versus gramática na ciência: a virada linguística de Kuhn e o segundo Wittgenstein”, Condé mantém aberto o caminho para um estudo das similaridades entre o conceito de léxico de Kuhn e a noção de gramática do segundo Wittgenstein. Condé (p. 86) diz que “a virada linguística de Kuhn tenta resolver antigos problemas apresentados em sua teoria da ciência anterior, estabelecida em A Estrutura das Revoluções Científicas”. Diz também que, com a inflexão linguística de Kuhn, “o conceito de revolução científica deve agora ser visto não como uma ruptura radical, mas como uma mudança de linguagem” (p. 86). Segundo Condé (p. 86), essa mudança de linguagem é tanto conceitual como da realidade, é ela que possibilita o conceito de léxico, o qual serve para solucionar os problemas da incomensurabilidade da ciência e do mundo, isto é, “as dificuldades de linguagem de diferentes grupos ou entre teorias científicas do presente e do passado”. Condé desenvolve e prolonga essa perspectiva na primeira metade da discussão e concentra-se em mostrar as similaridades entre o conceito kuhniano de léxico e a noção wittgensteiniana de gramática contida nas Investigações Filosóficas na segunda metade do capítulo. Para Condé, ao formular sua teoria do léxico, Kuhn assimila conceitos da gramática de Wittgenstein, como “uso”, “jogos de linguagem”, “semelhanças de família” e “regras”. Com esses conceitos, Kuhn cria uma nova epistemologia da ciência, mais completa e aberta às diversas realidades. Nesse longo capítulo, Condé convence-nos do funcionamento do método wittgensteiniano das “semelhanças de família” para especificar, conhecer e aprofundar as similaridades entre os pensadores e os temas de que vêm tratando em seu livro.

No Capítulo V, intitulado “Koyré e Wittgenstein: o internalismo reconsiderado a partir de uma perspectiva pragmática”, Condé segue o fio condutor do livro e interpreta a concepção de história da ciência de Koyré com o método das “semelhanças de família” do segundo Wittgenstein. A análise da história da ciência koyreriana sob o ponto de vista da filosofia da linguagem wittgensteiniana permite que Condé identifique os pontos em comum entre os dois pensadores. Para Condé (p. 117), a identificação entre os dois pensadores se dá por meio do internalismo da história da ciência de Koyré, que estabelece a autonomia da ciência, e a pragmática e gramática da linguagem de Wittgenstein, que estabelece a ideia de autonomia da gramática. Aqui, a ideia nova e estimulante de Condé (p. 118) é a que diz respeito ao terceiro momento do capítulo, a qual culmina com a sua proposta de “reconsideração do internalismo de Koyré superando os seus aspectos negativos e o requalificando para que ele possa ser entendido como a afirmação da autonomia da ciência e não o isolamento entre ciência e sociedade”. A discussão de Condé(p. 142-143) provém sobretudo da compreensão de que “a ciência, mesmo sendo um produto social – portanto, sujeita às influências externas –, possui regras próprias de comportamento que lhe conferem autonomia em relação a esses mesmos fatores sociais”. É nesse sentido que Condé (p. 143) consegue estabelecer correspondências e parentescos entre Koyré e Wittgenstein:

se, por um lado, a partir de Wittgenstein podemos ter boas razões para ver a ciência como instituição, ou um tipo de gramática que emerge das práticas sociais, por outro, o internalismo de Koyré, pelo menos em parte, ainda parece atual na medida em que nos alerta para a necessidade de pensarmos a autonomia da ciência com relação a essas práticas sociais.

Condé (p. 143) considera que os pressupostos essencialistas da história da ciência de Koyré são os pressupostos gramaticais ou institucionais da ciência na filosofia da linguagem de Wittgenstein, e ele vê nisso a unidade fundamental das concepções de ciência dos dois pensadores.

No Capítulo VI, intitulado “Nietzsche e Wittgenstein: semelhanças de família”, Condé passa à análise da obra de Nietzsche tentando encontrar filiações entre este filósofo e a filosofia da linguagem da segunda fase de Wittgenstein. Por meio do método wittgensteiniano das “semelhanças de família”, Condé aborda uma temática difícil em Nietzsche, e em alguns momentos de sua obra oscilante, que é a questão da linguagem e a concepção de racionalidade que ela envolve. A filiação entre Nietzsche e Wittgenstein, dois pensadores de tradições filosóficas completamente diferentes, é vista por Condé (p.157) em dois pontos:

tanto Nietzsche quanto Wittgenstein não iniciaram suas carreiras diretamente na filosofia, mas foram conduzidos a filosofar, a partir de algumas questões colocadas por eles; (…) e o filosofar de ambos recusa o caminho da escrita acadêmica e das formas canônicas de pensar institucionalizado para um pensar que se expressa nos ‘aforismos’, nas ‘sátiras’ e nas ‘paródias’.

Além disso, Condé (p. 158) vê filiação entre os dois filósofos em suas tentativas de “destruição da metafísica”. Enfim, para Condé (p. 163), Nietzsche e Wittgenstein concebem a linguagem em uma perspectiva pragmática e moral e a usam para criticar a própria linguagem em sua acepção essencialista, e também a realidade em sua representação metafísica, o primeiro mais do que o segundo.

No Capítulo VII, intitulado “Maquiavel e Wittgenstein: a astúcia da linguagem”, Condé desenrola um parentesco entre a filosofia da linguagem do segundo Wittgenstein e a filosofia política de Maquiavel, pelo método wittgensteiniano das “semelhanças de família”, que percebe claramente dimensões que escapam a simples esquemas analíticos da história da filosofia ocidental. Desse parentesco, Condé (p. 176) ressalta dois aspectos, o primeiro é que

Maquiavel constrói uma crítica à ideia de uma essência do político defendida, grosso modo, pela filosofia política clássica. Wittgenstein, por sua vez, critica radicalmente a ideia de uma essência da linguagem buscada pela filosofia da linguagem tradicional.

O segundo aspecto de que nos fala Condé (p. 176) é que

ao construir uma filosofia política sem essências, Maquiavel enfatizará a importância do discurso, isto é, a importância da linguagem na dimensão do político antecipando, assim, alguns aspectos dos desenvolvimentos posteriores da filosofia da linguagem ocorridos no século XX, sobretudo a partir de Wittgenstein.

Para Condé, portanto, essas duas “semelhanças de família” unem Wittgenstein e Maquiavel, além de certa atitude pragmática com relação à realidade. Condé entra nos mecanismos da obra O Príncipe, de Maquiavel, e examina, por meio da noção de gramática contida nas Investigações Filosóficas, de Wittgenstein, as diferentes possibilidades do político. Condé constata que a filosofia política de Maquiavel não se restringe a mostrar os fatos, ela é uma discussão totalmente conceitual, a nível das representações do político, muito próxima então da filosofia da linguagem da segunda fase de Wittgenstein.

Aqui, acabamos de avaliar o livro Wittgenstein e os filósofos: “semelhanças de família”, de Mauro Condé. Sem dúvida, o método wittgensteiniano das “semelhanças de família”, que o autor usa nos sete ensaios, abre uma perspectiva singular de interpretação das relações de Wittgenstein com a ciência, com a história, e com filósofos como Fleck, Kuhn, Koyré, Nietzsche e Maquiavel. O resultado satisfatório não depende só do método wittgensteiniano, mas também da maneira como Condé o emprega: a aproximação a que o autor submete esses diferentes pensadores o permite confrontar filosofias e conceitos e encontrar os vínculos que os enlaçam. O livro de Condé nos surpreende exatamente por isso. Mas a maior de todas as surpresas do livro foi encontrar, no capítulo sobre uma possível teoria da história em Wittgenstein, um modelo diferente de investigação do passado, que poderia responder muito bem às exigências das diferenças temporais que não conseguimos conformar juntas sem cometer anacronismos: um modelo fundamentado na multiplicidade dos tempos da história.

Entendemos que o livro de Condé pode ser lido como um texto que trata de método e ensina a usá-lo de forma criativa e como instrumento de análise crítica, procurando compreender como funcionam as dimensões da linguagem, os modelos teóricos da ciência, da história, e como se constituem as filosofias de diversos pensadores, suas visões de ciência e da realidade. Podemos dizer que o livro de Condé serve como uma utilíssima aula de método e seus usos na pesquisa filosófica e histórica. Nesse sentido, acreditamos que filósofos e historiadores deveriam apreciá-lo.

Raylane Marques Souza – Doutoranda em História pelo Programa de Pós-Graduação em História da Universidade de Brasília (PPGHIS-UnB). Mestre em História pelo Programa de Pós-Graduação em História da Universidade Federal de Minas Gerais (PPGHIS-UFMG, 2016). Graduada em História, na modalidade licenciatura, pela Universidade Federal do Ceará (UFC, 2013). Foi bolsista do PET – Programa de Educação Tutorial (2011-2013) e do CNPq (2014-2016). É bolsista Capes (2017- ). Tem experiência e interesse de pesquisa nas áreas de Teoria e Filosofia da História, Teoria do Conhecimento e Filosofia da Ciência, História da Historiografia e História das Ideias e Intelectual, com destaque para os seguintes temas: Friedrich Nietzsche e seu contexto intelectual; história do conhecimento histórico; filosofia do conhecimento científico e da vida; teoria, história e filosofia dos conceitos; teorias e filosofias da história; história da historiografia alemã (sécs.19-20); epistemologias e temporalidades. É pesquisadora do Grupo de Pesquisa em Ludwig Feuerbach (GPLF-UFC), do Grupo de Estudos Marxistas (GEM-UFC) e do Grupo de Leitura Hegel (GLH-UFC), todos cadastrados na plataforma do CNPq. Também é membro da SBTHH – Sociedade Brasileira de Teoria e História da Historiografia (desde 2013).


CONDÉ, Mauro Lúcio Leitão. Wittgenstein e os filósofos: “semelhanças de família”. 1. ed. – Belo Horizonte [MG]: Fino Traço, 2020, 194p. Resenha de: SOUZA, Raylane Marques. Sete usos do método Wittgensteiniano das “Semelhanças de Família” HH Magazine – Humanidades em Rede. 11 nov. 2020. Acessar publicação original [IF].

 

Epistemología e Historia de la Ciencia. Córdoba, v.5, n.1, 2020.

Epistemología e Historia de la Ciencia

Artículos

Traducciones

Reseñas

Publicado: 2020-11-09

 

Língu@ Nostr@. Vitória da Conquista, v.7, n.1, 2020.

O ensino de Língua Portuguesa em tempos de mídias digitais

  • Ao que parece, ainda é um desafio para o ensino de Língua Portuguesa no Brasil aproximar os objetos de ensino da educação formal às experiências cotidianas. É fato que as famílias brasileiras nestes tempos relacionam-se, consomem e produzem informações por meio do que se tem chamado de universo digital. Para esta seção temática aceitam-se estudos científicos que relacionam ensino de Língua Portuguesa como língua materna e gêneros digitais, mídias digitais, tecnologias – e outras palavras-chave afins – tanto para ensino, quanto para predição e/ou intervenção em caso de atraso de aprendizado da leitura e da escrita.

Apresentação

Artigos – Dossiê

Artigos – Sessão Livre

Resenhas

Publicado: 2020-11-08

Afro-Ásia. Salvador, n.61, 2020.

Editores: Fábio Baqueiro Figueiredo, Iacy Maia Mata e Jamile Borges da Silva.

Editor de resenhas: João José Reis.

Editora assistente: Regina Mattos.

Capa: Zeo Antonelli sobre fotografia de Tierno Abdoullaye por Marcelo Schellini.

Artigos

Documento

Resenhas

Publicado: 2020-11-07

EmRede – Revista de Educação a Distância. Porto Alegre, v. 7, n. 2, 2020.

Extensão na Educação a Distância

Expediente

Capa e expediente

Mára Lúcia Fernandes Carneiro |

Editorial

Artigos

Relatos

Dossiê Extensão na Educação a Distância

Publicado: 2020-11-07

Revista de Historia y Geografía. Santiago, v.43, 2020.

Editorial

Artí­culos

Tribuna

Reseñas

Publicado: 2020-12-07

Museologia & Interdisciplinariade. Brasília, v.9 n.19, 2020.

Dossiê Musealização da Performatividade em Coleções Públicas e Privadas

Coleções Públicas e Privadas

Musealização da Performatividade em coleções públicas e privadas

Artigos

Resenhas

Pilquen. Buenos Aires, v.23, n.3, 2020.

Revista Pilquen. Sección Ciencias Sociales

  • Período julio – septiembre
  • Publicado 15/9/2020

ARTÍCULOS

NOTAS

RESEÑAS

PUBLICADO: 2020-09-15

Cordis – Revista Eletrônica de História Social da Cidade. São Paulo, v.1, n.23, 2019.

Cordis – Revista Eletrônica de História Social da Cidade. São Paulo, v.1, n.23, 2019.

Cordis: História e Linguagens

Apresentação

  • Marcelo Florio. Cidade e história nas lentes do cinema
  • Edinei Pereira da Silva. Uma leitura iconográfica dos aspectos socioculturais da Rua do Triumpho por meio da linguagem cinematográfica
  • Francisco Carlos Ribeiro e Olga Brites. A literatura pulp fiction de Patrícia Galvão
  • Leonardo da Silva Claudiano. A crônica e a cidade moderna: temporalidades do efêmero
  • Arrovani Luiz Fonseca. Almanaques de Rio Claro: cidade letrada, cidade do progresso (1873, 1895 e 1906)
  • Marcia Barros Valdivia. Entre fotografias, anúncios e cartões postais: os discursos médicos produzindo imagens de beleza e saúde na Belle Époque paulistana
  • Elizeu de Miranda Corrêa. O eterno retorno: as comissões de frente das escolas de samba do Rio e Janeiro no descompasso da modernidade (2000-2018)
  • Maria Luíza Belo Camargo e Veruschka de Sales Azevedo. Patrimônio Cultural Imaterial. A importância social do patrimônio Imaterial conforme sua trajetória
  • Marina Jugue Chinem. Comunicação para a transformação: empreendedorismo e inovação social no projeto pedagógico no curso de publicidade e propaganda

Publicado: 2020-11-03

Arqueología Histórica Argentina y Latinoamericana. Buenos Aires, v.1, n.14, 2020.

Vol. 1 Núm. 14 (2020)

Publicado: 2020-11-02

Arquivo – APCBH. Belo Horizonte, v.7, n.7, 2020.

  • Sumário
  • Agradecimentos 4
  • Editorial 5-7
  • DOSSIÊ A POLÍTICA DE PROTEÇÃO AO PATRIMÔNIO CULTURAL EM BELO HORIZONTE Françoise Jean de Oliveira Souza 8-14
  • CARTOGRAFIA CULTURAL DA REGIÃO DA LAGOINHA, BELO HORIZONTE – MG: um processo participativo de mapeamento de referências culturais Raul Amaro de Oliveira Lanari Débora Raiza Carolina Rocha Silva Guilherme Eugênio Moreira Hugo Mateus Gonçalves Rocha Úrsula Viana Mansur 15-39
  • A TOPONÍMIA COMO ELEMENTO DA PAISAGEM CULTURAL DO CONJUNTO URBANO BAIRROS LAGOINHA, BONFIM E CARLOS PRATES Daniel Silva Queiroga 40-61
  • SIMBOLOGIA REPUBLICANA NA ANTIGA SEDE GOVERNAMENTAL BELO-HORIZONTINA: em busca de uma Marianne à brasileira Pamela Emilse Naumann Gorga 62-94
  • REMINISCÊNCIAS DE UMA MODERNIDADE PROJETADA: a experiência do cinema como produtor de sentidos e sociabilidades no espaço urbano em Belo Horizonte (1909-1932) Luiz Fernando Cristiano Ferreira da Silva 95-117
  • A TRANSFORMAÇÃO DOS ESPAÇOS URBANOS DA AVENIDA AFONSO PENA NO SÉCULO XX: discussões sobre a relação entre metamorfose da paisagem e a permanência da sua identidade Tatiana Pimentel Barbosa 118-131 O LUGAR DO ESPORTE NA POLÍTICA DE PATRIMÔNIO DA PBH Flávia da Cruz Santos Wanessa Pires Lott 132-150
  • CAMPOS INVISÍVEIS: a Paraopeba como a avenida do futebol na Belo Horizonte dos anos 1920 Ives Teixeira Souza 151-170 MANZO NGUNZO KAIANGO E A FORÇA DO CHÃO: uma reflexão acerca das decorrências do processo de patrimonialização do quilombo na esfera estadual Laura Moura Martins 171-187
  • VIVA SÃO JOÃO: as quadrilhas juninas como patrimônio cultural de Belo Horizonte Jéssica Parreiras Marroques 188-208 PATRIMÔNIO E SUAS COMUNIDADES: a história da Basílica Santo Cura d’Ars no município de Belo Horizonte Ivana Morais Silva de Carvalho 209-235
  • PAISAGENS EM UM BAIRRO PATRIMONIAL: ambiente construído e mercado imobiliário no conjunto urbano bairro Floresta, em Belo Horizonte Clarissa dos Santos Veloso 236-254
  • PROCESSO DE PRODUÇÃO DA CARTILHA “PATRIMÔNIO CULTURAL DO BAIRRO FLORESTA – BELO HORIZONTE”: desafios e potencialidades Alda Maria Luiza Moura de Queiroz Sá dos Santos Sarah Dreger Oliveira 255-272
  • PATRIMÔNIO CULTURAL DE BELO HORIZONTE NA FORMAÇÃO DA ATITUDE HISTORIADORA Marco Antônio Silva 273-296 A COLEÇÃO DE HISTÓRIAS EM QUADRINHOS DO MUSEU DE ARTE DA PAMPULHA Dalba Roberta Costa de Deus 297-307 Entrevista Débora Raíza Carolina Rocha Silva 308-316
  • ARTIGOS LIVRES PERCEPÇÕES ENTRE O LUGAR DO PÚBLICO E O ESPAÇO DO PRIVADO Natália Cristina Dias Mártir 317-339 EDUCAÇÃO E CULTURA POPULAR NA EDUCAÇÃO PÚBLICA DE BELO HORIZONTE: um debate sobre educação de jovens e adultos Clarice Wilken de Pinho 340-357
  • RESENHA UMA ANÁLISE BOURDIANA SOBRE OS GRANDES PROJETOS URBANOS DA REGIÃO METROPOLITANA DE BELO HORIZONTE Leonardo Gonçalves Ferreira 358-362
  • ARQUIVO NA SALA DE AULA Proposta Pedagógica 1 POLÍTICAS DE INCLUSÃO SOCIAL NO PÓS-ABOLIÇÃO E O RACISMO ESTRUTURAL: arquivo escolar e memória institucional Raphael Freitas Santos Rafaela Carvalho da Silva 363-377
  • Proposta Pedagógica 2 HISTÓRIA DE BELO HORIZONTE EM PROPAGANDA Ivana Morais Silva de Carvalho 378-391